L’“avventura intellettuale di un architetto” – così definendo il suo mestiere – l’ha narrata in una lezione di straordinario effetto Daniel Libeskind in persona, rivelando al pubblico presente presso l’Aula Magna della Facoltà di Architettura di Ferrara, più di quattrocento tra studenti, professionisti, autorità, ed entusiasti conoscitori della cifra indiscussa del personaggio, le radici del suo stile architettonico così unico e penetrante.
“Vengono definiti intelligenti, in inglese smart, quei materiali in grado di reagire con l’ambiente e di rispondere ai cambiamenti che in esso avvengono modificando una o più delle loro proprietà (meccaniche, ottiche, elettriche, magnetiche, chimiche o termiche)”.
Per larga partecipazione di pubblico
"Counterpoint", la Lectio Magistralis di Daniel Libeskind
si terrá in AULA MAGNA FAF
Ferrara, Via Quartieri 8
Con la mostra “Ceramic Tiles of Italy Playground” organizzata da Edi. Cer. e allestita presso la Triennale di Milano dal 14 al 19 aprile scorso, Confindustria Ceramica si è presentata all’appuntamento annuale del Fuorisalone milanese 2010. La collezione di originali realizzazioni, evocando l’evento “giocare con la ceramica di Bruno Munari”, troverà un’ulteriore presenza nell’ambito del Cersaie del prossimo autunno.
Forme, colori e polisensorialità sono le qualità del prodotto ceramico che, in sintonia con il mondo dell’infanzia, hanno alimentato creativamente le diverse installazioni.
Caso emblematico è il “Diamante Magico”, proposta ideata per Casalgrande Padana da 5+1 - Agenzia Architettura, dove tridimensionalità, lucentezza, flessibilità combinatoria, inverano i concetti mutuati dal gioco infantile - come “doni froebeliani” - alla base dell’esperienza progettuale.
Davvero un testo “illuminante” quello curato da Valeria Tatano - docente di Tecnologia dell’Architettura presso lo IUAV - introdotto da Marina Montuori e corredato dai contributi di alcuni docenti e ricercatori della Facoltà di Venezia (Fabio Peron, Anna Faresin, Antonio Musacchio) e di professionisti esperti nel campo di superfici “naturalizzate” (Eros Piovesan). Un testo “illuminante” perché finalmente, ripudiando qualsiasi indiscriminata magnificazione nei confronti di un approccio progettuale – oggi sempre più diffuso e forse anche un po’ “modaiolo” – che adotta acriticamente la componente vegetale come strumento prioritario di caratterizzazione estetica dell’architettura, fornisce piuttosto un quadro conoscitivo obiettivo ed esaustivo delle implicite potenzialità ma anche delle intrinseche problematiche sottese all’impiego della natura come “materiale da costruzione”.
Daniel Libeskind è sicuramente uno degli interpreti più intensi del panorama architettonico contemporaneo.
Considerato uno dei più brillanti rappresentanti del “decostruttivismo”, la sua opera in realtà rifugge da semplicistiche “etichette” stilistiche per configurare piuttosto un percorso di ricerca personale molto più complesso e del tutto libero da schemi e codici predefiniti. Ben oltre la mera trasposizione, seppure accattivante, di valori strettamente formali nel progetto architettonico, l’opera dell’architetto di origine polacca sottende piuttosto una sempre inesauribile tensione a veicolare nella materia costruita un codice “invisibile” di contenuti semantici: è la storia umana, sia personale che universale, con il suo straordinario patrimonio di emozioni, sogni, ricordi e testimonianze, di cui l’architettura si fa interprete attraverso il disegno dello spazio.
La storia professionale di Italo Rota fluttua all’interno del magma multiforme dell’architettura contemporanea: si sostanzia di grandi realizzazioni pubbliche, arredi urbani, ristrutturazioni e allestimenti museali, architetture private e design degli interni. Ma il fortunato esordio è negli anni ottanta, in Francia, con la sistemazione del Musée d’Orsay e il rinnovo del Centre Pompidou in collaborazione con Gae Aulenti. Quanto e come queste esperienze hanno formato il suo futuro percorso professionale?