Il passaggio dal XIX al XX secolo è epocale, non solo per i mutamenti politici, economici e sociali che fa registrare, ma anche per le trasformazioni che investono la civiltà tecnologica e produttiva. Ciò è particolarmente evidente nel settore manifatturiero italiano, per certi versi ritardatario rispetto alle dinamiche di avvento dell’industrialesimo già vissute da altri paesi europei come la Gran Bretagna e la Germania nella seconda metà dell’Ottocento.
È indissolubilmente umano e senza tempo interrogarsi sulla natura del colore, rinnovarne con gli occhi della mente il ricordo e l’esperienza percettiva, spingersi a sperimentarne combinazioni e modi. Per descrivere il cromatismo è consuetudine ricorrere alla materia che lo costituisce, sovente, così, si perviene a evocare la pietra la cui essenza è naturalmente policromatica.
La differenza principale tra una bicicletta normale e una bicicletta a scatto fisso è racchiusa tutta nella trasmissione. Il movimento dei pedali è solidale a quello della ruota posteriore, non si può mai smettere di pedale, ci si muove “no stop”: se la ruota gira i pedali girano, se i pedali si fermano la ruota si ferma. Questo permette di avere il controllo della trazione e quindi permette di poter togliere i freni dalla bicicletta. La bicicletta a scatto fisso diventa quindi una bici semplice, privata di tutto, lineare e senza sovrastrutture.
La città di Roma sotto i principati di Domiziano e Traiano sfoggia nelle aree monumentali dei Fori imperiali e delle grandi fabbriche del Palatino i marmi policromi più preziosi che affluiscono nella capitale dalle regioni più lontane dell’Impero; all’opus testaceum, oramai ampiamente affermatosi come sistema costruttivo, spetta prevalentemente la funzione strutturale che rimane spesso obliterata sotto superfici architettoniche estetizzanti fatte di stucchi, affreschi, pietre e marmi rilucenti.
I Romani per quanto attiene all’edilizia abitativa, lungo tutta la fase storica repubblicana (III-I secolo a. C.), utilizzano per le strutture di elevazione il laterizio crudo sottoforma di grandi mattoni (i famosi mattoni lidium, citati e descritti accuratamente da Vitruvio e da Plinio nelle loro opere letterarie: argilla frammista spesso a paglia, manipolata e trasformata in manufatti regolari simili ai mattoni orientali semplicemente essiccati al sole) mentre impiegano materiali lapidei in opere murarie isodome e i vari opus murari (a base di conglomerato cementizio e paramenti in pietra più o meno regolarizzati) nelle architetture pubbliche.
Mostra elaborati studenti di Product Design I
Palazzo Tassoni Estense, dal 16 al 26 luglio 2013
Dipartimento di Architettura di Ferrara
Corso di laurea in Design del prodotto industriale
Laboratorio di Procuct Design I
A.A. 2012-13
Raffaello Galiotto
Vincenzo Pavan
Veronica Dal Buono
Davide Turrini
«Cultura è comunicazione. Ogni oggetto creato dall’uomo, sia che appartenga al suo bagaglio materiale o simbolico, è comunicativo».
La riflessione, evinta da un più ampio costrutto teorico sull’uomo e il linguaggio espresso da Tomás Maldonado nel 1953, ci sembra attuale e viva anche nella contemporanea società del Terzo Millennio1, ove il design di prodotto può dirsi inestricabilmente intrecciato al design dei prodotti astratti e della comunicazione. Ogni artefatto, anche solo attraverso la sua configurazione formale, si inscrive nella sfera della comunicazione rispondendo ad un intenzionalità esterna, al soddisfacimento delle esigenze di una committenza (emittente), e dialogando con essa per disporre il progetto verso l’utilizzatore finale (destinatario).
Il 2 marzo si è tenuto a Faenza il secondo incontro per la stagione 2013 del Postrivoro (http://www.postrivoro.it/due/), sorprendente connubio di gastronomia, architettura e arte, cena sperimentale alla maniera futurista, forse meno estrema ma di sicuro impatto gustativo. Tra vini d'eccezione, racconti d'oltr'Alpe e sculture goticheggianti ecco una riflessione gourmand et gourmet ispirata alla serata