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Verde: naturalizzare in verticale

01 Giugno 2010

 

“Verde: naturalizzare in verticale”
(a cura di Valeria Tatano)
Maggioli, Sant’Arcangelo di Romagna (RN) 2008
229 pagine, illustrazioni a colori
prezzo: 28,00 €
testo in italiano

 

Davvero un testo “illuminante” quello curato da Valeria Tatano - docente di Tecnologia dell’Architettura presso lo IUAV - introdotto da Marina Montuori e corredato dai contributi di alcuni docenti e ricercatori della Facoltà di Venezia (Fabio Peron, Anna Faresin, Antonio Musacchio) e di professionisti esperti nel campo di superfici “naturalizzate” (Eros Piovesan). Un testo “illuminante” perché finalmente, ripudiando qualsiasi indiscriminata magnificazione nei confronti di un approccio progettuale – oggi sempre più diffuso e forse anche un po’ “modaiolo” – che adotta acriticamente la componente vegetale come strumento prioritario di caratterizzazione estetica dell’architettura, fornisce piuttosto un quadro conoscitivo obiettivo ed esaustivo delle implicite potenzialità ma anche delle intrinseche problematiche sottese all’impiego della natura come “materiale da costruzione”.
Da sempre il verde è impiegato nella progettazione, per ingentilire e valorizzare il costruito: è innegabile che ad esso si associ una valenza di “riconciliazione psicologica” con un mondo (naturale) che sembra oggi sempre più distante dalla vita reale e che sempre più a fatica rivendica una sua identità di fronte al “divorante” progredire dello spazio artificiale. Tuttavia, non è solo per una questione puramente decorativa ed ornamentale che la natura può contribuire alla qualificazione e piacevolezza dello spazio vissuto.




Musée du Quai Branly, Parigi (1999/2006) Ateliers Jean Nouvel. La facciata del Museo lungo la Senna ospita uno spettacolare muro vegetale realizzato dal botanico francese Patrick Blanc con 150 specie diverse di muschi e piante provenienti da Cina, Giappone, America ed Europa. Gli 800 metri quadrati di superficie sono ricoperti mediante un doppio strato di feltro rinforzato in poliammide agganciati a lastre di PVC espanso e fissati su ad un’ossatura metallica che con il muro portante forma un cuscino d’aria. la traspirazione. È su questo feltro che si sviluppano le radici delle piante.

 



A questo proposito, questo efficace testo analizza puntualmente i possibili impieghi del materiale vegetale in campo progettuale, non mancando di fornire esempi concreti in termini di opere realizzate, in tempi più o meno recenti: da puro elemento decorativo, con funzione di “maquillage” rispetto all’architettura (Edouard François e Patrick Blanc, torre di ventilazione alla Defense di Parigi; Shigeru Ban, GC Building di Osaka,…); a “dispositivo tecnico” sotto forma di “schermo” in grado di interagire con il microclima tramite il controllo dell’irraggiamento, dell’umidità e della ventosità (Herzog&De Meuron, Edificio per il Marketing Ricola; BRT Arkitecte, Swiss Re Headquarters a Monaco; Kengo Kuma, Z58 Building, Shangai; Boeri Sudio, Bosco Verticale a Milano,…); infine, a vera e propria parte integrante della struttura architettonica come mur vegetal, ovvero come sistema di chiusura delle partizioni esterne (sia orizzontali che verticali) che apre la strada a una spinta ibridazione tra architettura e natura (Ateliers Jean Nouvel, Musée du Quai Brainly a Parigi; Venhoeven CS Architects, Sportplaza Mercator ad Amsterdam;…).

 



Centro direzionale Ex Ducati, Rimini ( 2003/2006) Mario Cucinella Architects.
La parete vegetale è caratterizzata da una maglia strutturale in acciaio inox di dimensioni 60x60cm, posata a 45° rispetto alla verticale, su cui crescono essenze rampicanti. Tale involucro è fissato alla struttura dei ballatoi di accesso agli uffici, protetti da un corrimano in acciaio a sezione circolare con microrete metallica. Un sistema lineare di fioriere caratterizza le estremità dei balconi: da qui si dipartono le piante i cui tralci avvolgono i tiranti della rete metallica.



Gli autori documentano con chiara competenza tecnica i campi applicativi e le possibilità di sviluppo delle tecnologie naturalizzate, rimarcando i pregi indiscussi connessi all’impiego del verde nell’ambito di una progettazione concretamente eco - sostenibile e attenta alla qualità e al confort ambientale e sollevando invece alcune perplessità in merito alle problematiche connesse alle chiusure verticali vegetali. Tali sistemi costruttivi, seppure di immediata fascinazione, celano in realtà questioni alquanto complesse da un punto di vista dell’ alimentazione, manutenzione e gestione dello strato vegetale e a volte rappresentano più un pretesto estetizzante che una vera e propria occasione per migliorare la qualità dell’ambiente e della vita degli utenti “ridotti”, con le parole dell’autrice, a “semplici spettatori di giardini verticali” con cui non è possibile interagire.
Tuttavia, al di là delle innumerevoli incognite insite nell’impiego di una tecnologia tutt’oggi in evoluzione, è innegabile che oggi il verde apra il campo a impensabili sfide progettuali, dal Puppy di Jeff Koons che troneggia di fronte al Guggenheim di Bilbao alle nuove prospettive introdotte  dal vertical farming teso a fondare nuovi habitat architettonici per una razionalizzazione della produzione alimentare alla luce di una spinta etica ecosostenibile (Atelier Soa, La Tour Vivante).




Tower Flower, Parigi (1999/2004) arch. Edouard François
Vasi di grandi dimensioni, inseriti in appositi fori e visibili all’intradosso di ogni piano, scandiscono le facciate dell’edificio residenziale parigino. Un accurato studio per ciò che concerne lo sviluppo delle piante di bambù costituisce la premessa del progetto: innanzitutto la profondità del contenitore che deve aggirarsi attorno agli 80cm per le specie giganti e deve avere una superficie minima di 70x70cm. Il substrato deve facilitare il drenaggio, pur trattenendo l’umidità. Un letto di ghiaia posta sul fondo e ricoperta da feltro favorisce lo scolo dell’acqua attraverso i fori praticati nel vaso.



In un’epoca in cui l’ambiente è sempre più un tema di pressante riflessione per progettisti, utenti, addetti ai lavori, una progettazione sensibile alle conseguenze che l’opera costruita può avere sul paesaggio urbano e naturale e, più in generale, sul micro e macro clima, pare ormai assolutamente necessaria e doverosa.
Per questo, il testo “Verde: naturalizzare in verticale” risulta pienamente attuale e particolarmente utile per chi si accinga con coscienza ed obiettività critica ad affrontare il difficile ma entusiasmante lavoro di architetto, non solo per intraprendere nuove sfide progettuali ma anche per acquisire una maggiore responsabilità nei confronti del mondo naturale che abbiamo il dovere di conoscere e rispettare e che ci può fornire insospettabili garanzie per una qualità della vita realmente migliore.

Chiara Testoni


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MD Material Design
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ISSN 2239-6063

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Alfonso Acocella
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