Voi uscireste di casa senza scarpe?
Ho un’ amica che, non appena ha preso possesso della nuova casa, ha esclamato:
“Non voglio tende! Deve rimanere tutto libero!”. Le case senza tende sono nude; parlano di sé solo parzialmente, non seducono, non attirano gli sguardi, si svelano immediatamente: tutto è manifesto, nulla è “velato”.
Una superficie tessile, traslucida, semitrasparente funge da filtro, da elemento intermedio tra chi abita e chi sta fuori. Quando rivolgiamo lo sguardo all’esterno da una porta o da una finestra scrutiamo il mondo, come se la stanza fosse l’attesa prima di scendere in strada, in piazza, nella vita fuori.
Quindi un tessuto, utilizzato con sapienza, può proteggerci da sguardi indiscreti e, nel contempo, ci rende più disponibili all’incontro con gli altri.
La ripetizione dei gesti e la reiterazione delle abitudini ci rassicurano, ci pongono
dentro una “scatola”: la casa, l’alcova, il guscio, l’utero, l’uovo.
I gesti quotidiani imprimono un senso di appartenenza allo spazio che viviamo, consolidano dentro di noi un pezzo di esistenza, lasciano tracce più o meno visibili.
“Addomesticami!” dice la volpe al Piccolo Principe; i nostri gusci ci “addomesticano”
giorno dopo giorno, e li sentiamo come una seconda pelle anche grazie ai tessuti, che ci fanno percepire lo spazio in maniera dinamica o statica a seconda delle nostre esigenze.
Con gli elementi morbidi possiamo evocare suggestioni, e creare stati di benessere che ci danno sicurezza, perché apparteniamo al luogo e alla casa che è la nostra estensione.