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Tappeti: tra superficie e spazio

15 Dicembre 2015



Lorenzo Lotto, Ritratto di coniugi 1524, Ermitage San Pietroburgo.

 

Sono pochi i casi nei quali il prodotto di textile design si identifica con un oggetto finito.
Tra questi sporadici esempi, il tappeto è quello che ha peculiarità e significati più densi di altri.
Nell’ambito della diffusa e rinnovata riflessione in atto sul concetto di decorazione sembra addirittura poter essere considerato quasi un oggetto emblematico che ha messo, e che continua a mettere, in contatto culture e civiltà diverse.
La conoscenza del tappeto orientale in occidente è stata suscitata da un interesse prevalentemente estetico che spesso ha messo in ombra gli elementi simbolici e funzionali di questo artefatto.
Dalle testimonianze iconografiche sembra che i tappeti annodati prodotti nella penisola anatolica circolassero in ambienti aristocratici sicuramente nel XV secolo.  A testimonianza di ciò abbiamo l’Annunciazione del 1486 di Carlo Crivelli e, sempre degli stessi anni, la Sacra conversazione degli Ingesuati del Ghirlandaio e, successivamente, i dipinti, forse più famosi, di Lorenzo Lotto.
I preziosi artefatti tessili in Europa erano collocati in genere a coprire pareti tavoli e letti e, solo raramente, posizionati a terra1. E questo a causa della loro preziosità e al fatto che in un piano di calpestio era apprezzata stabilità e durezza più che mobilità e morbidezza.
In epoca medioevale, i pavimenti di ambienti importanti, come le chiese, erano realizzati in marmo, solitamente intarsiato che poteva però riprodurre disegnature tipicamente tessili.
Intarsio e tessitura si sono influenzati vicendevolmente non interessando solo la dimensione formale delle superfici decorate ma anche la concezione dello spazio in esse contenute.
Se per gli occidentali la dimora è un tetto sopra la testa, nel vicino oriente è un tappeto sotto i piedi, e quelli che possono essere considerati gli elementi archetipici della concezione dello spazio domestico nelle rispettive culture influenzano e condizionano ancora oggi la progettazione: spazio che identifica il volume, superfici che definiscono lo spazio.
Accanto al tappeto come espressione di una superficie esiste un'altra componente che è quella materica. Entrambi -superficie e materia- sono più potenti che in qualunque altro elaborato tessile. Molti tessili, quando assumono la forma nel prodotto finito, costituiscono l’involucro o il rivestimento di oggetti tridimensionali: un abito, un cuscino, un copriletto
Con le sue caratteristiche, invece, il tappeto, posto su una superficie stabile e dura, ha la capacità di definire uno spazio nello spazio (e quindi un luogo tridimensionale): area gioco, spazio conversazione, zona pranzo ecc.: quasi una sorta di abito dello spazio domestico.

 


Patricia Urquiola, collezione Mangas.

 

Quindi, secondo quanto detto, il tappeto, oggetto di forte tramite culturale, riassume le valenze di elemento bidimensionale di finitura di superfici e di generatore di spazi e di volumi. In questa sorta di dialogo l’elemento tessile (in primo luogo sotto forma di tappeto, ma non solo) può avere un’importanza determinante nella definizione degli oggetti della contemporaneità.
Alcuni recenti lavori sembrano interpretare proprio questo tipo di concezione: Patricia Urquiola con la collezione Mangas2 è partita dalla superficie del prodotto tappeto per poi elaborare una serie di sedute tridimensionali.

Il tappeto, che nasce dall’ingigantimento di vari tipi di intreccio ed assume una valenza tridimensionale, è il centro del sistema  e, allo stesso tempo, diventa superficie di rivestimento degli elementi di seduta modulari  componibili.
Simile ma con un’attenzione peculiare per la disegnatura più che per la materia è la ricerca della collezione Triangles che Bertjan Pot ha disegnato per Golrand3. Realizzati con la tecnica del kilim, i tappeti hanno disegni modulari impostati sul rombo e sul triangolo (il richiamo agli zellige4 appare piuttosto esplicito) quasi fossero tessuti industriali nei quali, però la modularità è solo apparente. E anche qui la superficie del kilim va a ricoprire le morbide forme di pouf arrivando a esaltare il concetto di rivestimento indipendentemente dal fatto che essa si sviluppi su piani o su volumi.

 


Bertjan Pot, Triangles.

 

E proprio in questo senso, sempre più frequentemente, assistiamo anche a tessili che, oltre a presentarsi per caratteri propri, diventano supporti tecnologici; non più, quindi, solo colori forme e materiali ma anche luci e suoni con una ricerca sempre più sinestetica.
In altra direzione si muove l'esperienza dell'azienda italiana Warli. Qui, senza trasfigurazioni semantiche l'oggetto tappeto viene interpretato come espressione della valorizzazione artigianale e nel rispetto dei luoghi di produzione, in particolare India e Nepal, creando un connubio con segni, sensazioni tattili e linguaggi tipici della cultura occidentale contemporanea di grande eccellenza5. Attraverso le diverse tecniche esecutive sono valorizzati i materiali e le qualità delle superfici e dei disegni che solo raramente lasciano spazio ed elementi figurativi

 

  • Warli, Paolo Zani designer, Bricks tappeto tuftato a mano.
  • Warli, Paolo Zani designer, Brush tappeto annodato a mano.

 

Nel panorama sempre più ricco del tappeto occidentale i temi più significativi che lo fanno distinguere dal tappeto tradizionale orientale sono il superamento della forma regolare dell’oggetto, inserimento di tecniche di lavorazione non omogenee e di conseguenza, l’altezza non costante dello spessore su tutto lo sviluppo della superficie, l’assenza di una direzionalità prevalente nelle disegnature, l’introduzione di materiali diversi dalle fibre naturali e artificiali propriamente tessili.

Anche chi da sempre ha sviluppato la cultura del tappeto partendo dalla valorizzazione del prodotto orientale e medio-orientale tradizionale, oggi si sta aprendo anche ad esperienze di artisti e designer contemporanei nella consapevolezza della necessità di innovazione capace di soddisfare le desiderata della platea contemporanea.
È questo il caso dell’azienda Boralevi di Firenze che dagli inizi del XX secolo è considerata un punto di riferimento nel commercio dei tappeti orientali e che, recentemente studia e realizza progetti di tappeti in collaborazione con artisti e designer elaborando anche artefatti su ordinazione del cliente6. La realizzazione avviene sempre in Nepal e in India e l’azienda lavora sia sul tappeto come prodotto artistico sia come prodotto di design sempre comunque realizzato artigianalmente e, prediligendo la tecnica del tappeto annodato.

 


Boralevi con Otto luogo dell’arte di Olivia Toscani, Elisabetta Nencini designer, tappeto realizzato in Tibet annodato a mano.

 

La ricerca, quindi, di un tappeto formalmente coerente con le caratteristiche degli elementi di arredo di design soprattutto italiano è un elemento di grande interesse per chi opera oggi in questo settore.
Nelle terre di origine di questi artefatti le attualizzazioni dei motivi grafici e illustrativi che si sono avute, ad esempio con i tappeti di guerra afghani dal carattere spiccatamente naïf7, hanno il valore di documento storico e di propaganda politica più che di oggetto o complemento di arredo e non appaiono certo adeguate per entrare in ambienti dove la ricerca di innovazione è un elemento caratterizzante.

 


Tappeto di guerra afgano.

 

Diverso sembra, invece la ricerca che viene portata avanti in Marocco dove i caratteri simbolico-decorativi tradizionali sono reinterpretati, attraverso uno studio che mira all’innovazione simultanea del processo e del prodotto contemporaneo avendo come obiettivo principale l’emancipazione sociale degli artigiani.

Proprio dalla riflessione su questi temi, e dalla collaborazione con l’azienda Boralevi di Firenze, sono nati i progetti di tappeti contemporanei all’interno de corso di Disegno Industriale dell’Università degli studi di Firenze.
Il contributo di Boralevi è stato fondamentale per comunicare agli studenti l’importanza e la complessità dell’artefatto bidimensionale e quali potessero essere le possibilità espressive e comunicative sia come oggetto in sé che nei confronti dello spazio.
Questo ha permesso di superare un’iniziale diffidenza da parte degli studenti che vedevano il contesto bidimensionale come limitativo sotto il profilo progettuale.
I lavori hanno avuto come suggestioni iconografiche di partenza gli intarsi marmorei delle pavimentazioni medioevali di alcune chiese fiorentine: il battistero di Firenze e la chiesa di San Miniato al Monte in particolare il grande intarsio marmoreo della ruota dello Zodiaco del Battistero e quella analoga di San Miniato e, sempre di San Miniato, gli animali simmetricamente affrontati e gli intarsi quadrati modulari.

 

  • Particolare dell’intarsio marmoreo del pavimento di San Miniato.
  • Un tessuto bizantino dell’XI secolo.

 

In molti casi gli intarsi marmorei ripropongono alcuni archetipi tecnico-estetici del mondo tessile e sembrano quasi ribadire l’affermazione, più volte verificata,  secondo la quale all’arte tessile va riconosciuto un primato capace di elaborare codici che, successivamente sono trasferiti ad altri ambiti produttivi8.
Gli studenti hanno lavorato su diversi elementi come la definizione della forma e del margine, lo studio delle superfici dei materiali e dei colori verificando la complessità dell’artefatto tappeto e l’importanza che oggi può assumere nello spazio abitativo contemporaneo

 

  • Corso di Disegno Industriale docente E. Trivellin, studente Eleonora Tempesti, studio per tappeto.
  • Corso di Disegno Industriale docente E. Trivellin, studente Cliciano Gianmarco Spinelli, studio per tappeto.
  • Corso di Disegno Industriale docente E. Trivellin studente Elsa Cresti, studio per tappeto.
  • Corso di Disegno Industriale docente E. Trivellin, studente Meriem Hajem, studio per tappeto.

 

Eleonora Trivellin

 

Note
1 Fin dal medioevo si hanno testimonianza dell’abitudine di rivestire i pavimenti delle abitazioni soprattutto per motivi climatici. Questo avveniva però con pelli e pellicce più che con tessili. L’arazzo, infatti, come pannello tessuto e istoriato veniva destinato a coprire le pareti.
2 http://www.patriciaurquiola.com/
3 http://www.bertjanpot.nl/
4 Gli zellige sono mosaici composti da tessere di terracotta smaltata che vanno a formare decorazioni geometriche. Tale lavorazione è tipica della zona del Maghreb.
5 http://www.warli.it/
6 http://boralevi.com
7 Il fenomeno dei tappeti di guerra che cominciano ad essere tessuti in Afghanistan dall’anno dell’invasione sovietica riportano elaborazioni iconografiche, più o meno stilizzate, che rappresentano mezzi di guerra e armi da fuoco.
8 cfr. Gotfried Semper, Lo stile, Laterza Roma-Bari, 1992, in particolare sezione III “Perché le arti tessili devono essere favorite” p.51.

BIBLIOGRAFIA
- A.A. V.V., “Tessuti. Il vestito dell’abitare”, Interni Annual, 1991, pp. 168.
- Eric Ashenbrenner, Iranian Town and Village Carpert and Rugs, Yassavoli,Tehran, 2005, pp. 168.
- Maurizio Coen, Il mondo del tappeto, De Agostini, Novara, 1995, pp. 222.
- Edoardo Marino, Guerra a tappeto, Ginevra Bentivoglio editoria, Roma, 2009, pp. 146.
- Fatema Mernissi, Karawan dal deserto al web, Giunti, Firenze, 2004, pp. 256.
- Seyed Farian Sabahi, La pecora e il tappeto, Ariele, Milano, 2000, pp.160.
- Mary Schoeser, Tessuti del mondo, Rizzoli-Skira, Milano, 2003, pp. 284.


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MD Material Design
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ISSN 2239-6063

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Alfonso Acocella
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