Tano Festa, Particolare delle Tombe medicee, 1965, (Roma, Collezione privata).
Nel 2014 Firenze celebra il quattrocentocinquantesimo anniversario della morte di Michelangelo (1475-1564), con numerose iniziative. In un preliminare osservatorio degli eventi, al giro di boa del primo semestre dell’anno, si distingue per particolare originalità la mostra organizzata alla Galleria dell’Accademia dalla direzione dell’Istituzione, con il Polo Museale e in partnership con il Museo Alinari di Firenze: “Ri-conoscere Michelangelo” è una esposizione che ha proposto un itinerario nella fortuna iconografica otto-novecentesca del grande artista come scultore, con una focalizzazione sulla fotografia nella sua valenza di opera d’arte e strumento epistemologico. Il progetto scientifico riflette anche sul ruolo del medium fotografico come veicolo concettuale e iconico della diffusione di topoi, che radicano forme e stilemi michelangioleschi nel palinsesto dei riferimenti e dei modelli dell’arte dell’Ottocento e del primo Novecento.
Dettaglio dell’allestimento della mostra “Ri-Conoscere Michelangelo”: al centro, Michelangelo Buonarroti, Madonna di Bruges, calco, 1875, (Firenze, Accademia di Belle Arti); sullo sfondo, Fratelli Alinari, La Madonna di Bruges, 1953, (Firenze, Archivi Alinari).
Fratelli Alinari, La Madonna col Bambino della Sagrestia di San Lorenzo, recto e verso, 1875 ca.,
(Firenze, Archivi Alinari).
Sono state selezionate quasi centocinquanta opere di celebri fotografi, che hanno creato con i loro scatti dei veri e propri saggi interpretativi dell’opera del Buonarroti. Si dà conto dell’operosità di questi artisti della macchina fotografica mostrando vari tipi di trasferimento dell’immagine su diversificati supporti, che declinano efficacemente la personalità del fotografo e l’originale interpretazione dell’opera rappresentata: sono state infatti raccolte stampe “all’albumina”, “su carta salata da negativo di carta”, “sulla gelatina al bromuro d’argento” etc. Esemplificative in tal senso risultano le immagini dedicate al David, che hanno permesso al visitatore di apprezzare le sottili variazioni che le diverse tipologie di stampa possono creare sulla restituzione fotografica dell’oggetto d’arte. Il progetto scientifico si spinge anche oltre il concetto della fotografia come strumento epistemologico dell’arte, accogliendo in mostra opere di artisti contemporanei che esprimono attraverso questo tipo di medium il legame con il mondo michelangiolesco: in questo senso, le due Pietà di Youssef Nabil e di Kim Ki-duk (rispettivamente, scheda n. 145 e scheda n. 146) rappresentano testimonianze di grande rilievo.
Allestimento della mostra “Ri-Conoscere Michelangelo” alla Galleria dell’Accademia di Firenze, 2014
La modalità ostensiva, sobria e efficace, nel progetto dell’architetto Cristina Valenti del Polo Museale Fiorentino, esalta le qualità espressive dei singoli pezzi, che nel racconto espositivo sono inframezzati da artefatti diversi: calchi ottocenteschi delle sculture del Buonarroti e copie in formato ridotto; quadri otto-novecenteschi dedicati al mito michelangiolesco; incisioni e altri oggetti destinati a coinvolgere il visitatore nel mondo del Buonarroti.
Il ruolo evocativo di queste opere – ma anche di snodo, di pausa - nel dipanarsi del percorso della mostra è esplicitato dalla presenza di un elemento verticale, staccato dalla pannellatura cui sono appese le fotografie; queste sono state tutte incorniciate in maniera omogenea, così da creare una continuità visiva e emozionale: tale pannello, cromaticamente distinto dal partito parietale retrostante, è una felice soluzione che dà vivacità alla sequenza espositiva, ponendosi come dispositivo di comprensione e leggibilità efficace ed espressivo del significato che l’architetto allestitore ha voluto evidenziare con questo espediente.
Si tratta, tuttavia, di un artefatto che si applica solo in una parte della mostra. Infatti, le opere non fotografiche di grande rilievo quali la tela di Matisse (Interieur à l’esclave, 1924 ca., scheda n. 89) e il dipinto di Tano Festa (Particolare delle tombe medicee 1965, scheda n. 108), sono posti al centro dell’ambiente (di dimensione limitate, ma ad impianto rettangolare), senza riproporre una sistemazione analoga a quella sopra descritta, indebolendo così in parte la coerenza della trama concettuale alla base del progetto allestitivo.
Youssef Nabil, You Never Left # XI, 2010, (Parigi, cortesia dell’artista e della Galerie Nathalie Obadia).
La caratteristica del percorso espositivo che poneva le opere a stretto contatto con i capolavori conservati nel Museo, primo fra tutti il colosso del David, ha rappresentato per i curatori una sfida impegnativa che possiamo dire brillantemente superata. La possibilità di confrontare le superfici palpitanti delle sculture michelangiolesche con i loro avatar catturati negli scatti fotografici o nei calchi ottocenteschi suscita riflessioni sia negli osservatori più attenti, sia nei visitatori più distratti.
Ragionare sul rapporto fra originale e copia in una cultura come quella attuale pervasa dalla virtualità digitale, porterebbe il discorso molto oltre i limiti che si siamo dati.
C’è da chiedersi, per esempio, se i tanti turisti che compiono una sorta di pellegrinaggio ai piedi del David, osservando le fotografie dedicate al gigante michelangiolesco ancora in piazza della Signoria (schede nn. 9-16) - dunque prima del suo spostamento nel 1873 nella scenografica sala della Galleria appositamente allestita - , si siano interrogati su quanti e quali di questi ‘eroi biblici’ popolino la città, stimolando così la domanda su quale sia quello “vero”: è un interrogativo non di poco conto e un tema che spesso viene sottovalutato, come attesta la collocazione della copia in resina del David che è stata posta in apertura della mostra michelangiolesca dei Musei Capitolini a Roma (Michelangelo: incontrare un artista universale, 27 maggio-14 settembre 2014, a cura di C. Acidini, con la collaborazione di E. Capretti e S. Risaliti), giudicata – per esempio – da Carlo Alberto Bucci come “di cattivo gusto” ( in «La Repubblica», domenica 22 giugno 2014, p. 57).
La generazione di un tale quesito nel visitatore, da solo, risponderebbe pienamente a uno degli obiettivi principali che le mostre dovrebbero proporsi: accrescere le conoscenze e la sensibilità di coloro che vedono le esposizioni.
Copertina del catalogo “Ri-Conoscere Michelangelo”, Firenze, Giunti Editore, 2014
Le centoquarantotto schede di catalogo, redatte con accuratezza e rigore metodologico - ma in alcuni casi prive di quel taglio interdisciplinare che il tema michelangiolesco richiede, soprattutto se trattato nell’ottica della fortuna otto-novecentesca del grande maestro (mi riferisco, per esempio, alla scheda n.90, dedicata a Genesi di Carlo Mollino, o alla scheda inerente le fotografie di Giuseppe Pagano per Pietro Toesca, nn. 97-103 dedicate La Pietà di Palestrina) – sono precedute da sei saggi, tutti di taglio critico-interpretativo di ottimo livello e calibrati sui temi che hanno informato il percorso espositivo.
Fra questi, oltre all’articolato e puntuale scritto di Monica Maffioli che offre un panorama esaustivo delle ‘letture’ fotografiche dell’opera buonarrotiana dalla metà dell’Ottocento alla contemporaneità, si distingue il grande affresco tratteggiato nel contributo di Silvestra Bietoletti. Quest’ultima storica dell’arte, esperta di temi ottocenteschi toscani, propone una prospettiva suggestiva e coinvolgente, nonostante appaia eccessivamente prevalente la parte dedicata al XIX secolo, con le considerazioni sulla fortuna novecentesca di Michelangelo che risultano, dunque, quantomeno compresse rispetto a quanto dichiarato nel titolo (Michelangelo. La fama dal Romanticismo all’informale e oltre).
Di grande rilievo è l’appendice a chiusura del volume che offre articolate biografie dei fotografi in mostra, a costituire un repertorio aggiornato e di grande utilità per gli studi. L’estrema qualità della stampa del catalogo, edito da Giunti Editori, offre al lettore un volume che permette di apprezzare le caratteristiche e le valenze delle opere in mostra, consegnando agli appassionati e agli studiosi uno strumento di conoscenza di grande valore e spessore scientifico.