Se non fossimo custoditi non potremmo vivere. L’universo custodisce la terra, la terra custodisce noi, noi custodiamo la vita.
Giuseppe Rivadossi
Credenza celata
Nell’aprile del 2009 Mario Botta scriveva a proposito della nuova collezione presentata da Giuseppe Rivadossi “Dobbiamo essere grati a questa bottega del legno che, contro tutte le tendenze in atto del mercato e della globalizzazione, riesce a creare ed a produrre opere straordinarie per la loro bellezza, cariche di intelligenza artigiana e tali da trasmettere una capacità evocativa che tocca e commuove l’uomo di oggi”1.
Moissac
Non è un caso che tali parole siano state pronunciate da un architetto – estimatore di lunga data del lavoro di questo artigiano-artista – abituato a confrontarsi con la continua negoziazione che la pratica del costruire richiede a chi, pur volendo mostrare il proprio operato al mondo, ricerca nel lavoro formale una ferrea coerenza concettuale. La perdita di senso, nell’epoca che esalta la rappresentazione e la narrazione merceologica dell’oggetto più che l’utilizzo dell’oggetto stesso, è un rischio quotidiano in cui molti designer sono incorsi frequentemente. In Italia, nazione rinomata per l’alta qualità dei prodotti artigianali, la crasi tra l’antico mondo dei maestri portatori di valori solidi e duraturi e le nuove generazioni degli allievi cresciuti attraverso l’utilizzo delle tecnologie, è diventata così evidente da costituire un caso conosciuto nel mondo. L’Italia è il paese in cui per i giovani creativi innovare e affermare la propria identità risulta un obiettivo quasi irraggiungibile; schiacciati dal confronto con la tradizione e sminuiti da una mancanza di riferimenti teorici che si fa sempre più preoccupante.
Grande madia del bosco
Le figure dei maestri somigliano, peraltro, sempre di più a icone di epoche lontane, incapaci di restituire il vero senso dell’apprendistato, la vera disciplina della bottega. Si evocano spesso grandi nomi e grandi opere senza essere per questo mai entrati in diretto contatto visivo né con gli uni né con le altre. Abbiamo imparato a scorrere cataloghi d’immagini rivolgendo l’attenzione solo all’aspetto formale; forse dimentichi dell’enorme lavoro che ha portato alla loro produzione. Servono allora altri esempi. Personalità spesso conosciute da esperti del settore del design, amate dalla critica e poco inclini all’appariscente auto-proclamazione che i mass media sembrano istigare.
Consapevoli di questa crasi Giuseppe Rivadossi e i suoi figli Emanuele e Clemente hanno portato avanti negli ultimi decenni un discorso di autentica poesia rintracciando nel materiale ligneo le radici di una cultura del fare che si traduce anche nel modo di pensare e di fabbricare i mobili.
La serie delle Madie e delle Credenze è pertanto un esempio felice di questa attitudine artistica – e s’intenda “ars” nella sua accezione etimologica come arte del fare – che si traduce in oggetti dalle forme precise e dalla lavorazione raffinata: vere e proprie poesie del legno.
Le opere qui presentate sono selezionate tra diverse serie ottenute attraverso una lavorazione del tutto unica. Le strutture a finestrelle non sono nate come espediente decorativo, ma dall’esigenza di realizzare oggetti stabili con il materiale legno. La finestrella è un piccolo modulo, ottenuto dall’assemblaggio di quattro parti in legno ed un cristallo centrale, che si presta ad essere cellula, modulo di un insieme regolare e sublime. L’accostamento e l’unione delle finestrelle attraverso animelle interne e colla, possono così dare corpo a pareti e strutture di vario tipo, efficienti contenitori con una loro specifica immagine. Il piccolo pertugio di ogni finestrella comunica uno spazio interno “abitato”, capace di rendere suggestive e poetiche le strutture stesse.
Madia interno
La credenza Moissac è un’immagine vibrante e leggera di luce che si presenta come “linea-volume” d’orizzonte, disposta a contenere, ma anche a diventare un preciso segno del paesaggio interno. Mentre Aurina è una struttura sorprendente, quasi solo una facciata astratta senza volume composta da un fronte a finestrelle, che aprendosi si trasforma plasticamente. Lo spazio interno, apparentemente inaspettato, è accuratamente attrezzato. Nella custodia Lombarda invece gli spigoli tracciano il disegno di un volume che si dissolve nello spazio. L’aspetto verticale e le finestrelle degradanti verso l’alto comunicano un senso d’infinito come se l’oggetto si fondesse con l’intorno.
Conclude la serie la Madietta della Siepe che nel 1982-84 segna l’arrivo ad una sintesi di particolare misura e bellezza, dove le piccole finestre, cellule di un corpo, diventano una immagine di geometrica poesia.
Elisa Poli
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Note
1 Catalogo della mostra Giuseppe Rivadossi. Sculture d’interni, Galleria Aedes, Roma, 2009
STRUTTURA A FINESTRELLE
Le strutture a finestrelle non sono nate come fatto decorativo, ma dall’esigenza di realizzare strutture stabili con il materiale legno: la finestrella è un piccolo modulo, ottenuto dall’assemblaggio di quattro parti in legno ed un cristallo centrale, che si presta ad essere cellula di un insieme.
L’accostamento e l’unione delle finestrelle attraverso animelle interne e colla, possono così dare corpo a pareti e strutture di vario tipo, efficienti contenitori con una loro specifica immagine.
Il piccolo pertugio di ogni finestrella comunica uno spazio interno “abitato”, capace di rendere suggestive e poetiche le strutture stesse.