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PLASTIC DAYS
Materiali e design

24 Febbraio 2015


Studio 65, Capitello Family, Poliuretano espanso, Gufram, Italia, 1971

 

La mostra Plastic days, a cura di Cecilia Cecchini e Marco Petroni, nasce dall’analisi e dalla selezione di circa 600 oggetti della collezione della Fondazione Plart di Napoli e si compone come una originale racconto della grande e molteplice famiglia dei materiali plastici. Una testimonianza che racconta le trasformazioni degli ultimi centocinquanta anni di storia e che svela l’anima profonda della modernità e delle mutazioni che hanno segnato il paesaggio domestico e culturale in cui siamo immersi. La plastica diviene quindi la lente d’ingrandimento puntata sulle dinamiche sociali ed economiche del nostro tempo.
Gli oggetti in mostra rappresentano un’articolata selezione di artefatti assai rari provenienti da tutte le parti del mondo, prime serie di produzione, pezzi di grande tiratura di famosi designer o di design anonimo. Una scelta non finalizzata a proporre una puntuale ricostruzione della storia delle plastiche, ma a realizzare una mostra capace di disegnare un particolare percorso di lettura del nostro tempo rivisitato attraverso un approccio multidisciplinare tra design, arte e costume.
Uno sguardo ampio testimoniato dagli interventi in catalogo di Alba Cappellieri, Laura Cherubini, Stefano Catucci, Gianluigi Ricuperati, Thea van Oosten e Anna Laganà.
Completano il percorso espositivo le interviste a: Andrea Branzi, Donato D’Urbino, Paolo Lomazzi, Alessandro Mendini, Maurizio Montalti, Gaetano Pesce e Maria Pia Incutti, collezionista e presidente della Fondazione Plart.


  • Vaso Aurora, 1960 ca., Italia, polipropilene
  • Portasigarette, 1920 ca., Inghilterra, nitrato di cellulosa
  • Portasigarette, 1920 ca., Francia, nitrato di cellulosa
  • Lampada, 1920 ca., Francia, nitrato di cellulosa
  • Set da cocktail, 1930 ca., Inghilterra, caseina formaldeide
  • Personaggio, Italia, multiplo in resina acrilica



Sezioni della mostra.
Principali caratteristiche ed elenco degli oggetti più significativi
La mostra è organizzata per macro-aree tematiche che attraversano la storia delle plastiche: dalle pre-sintetiche, realizzate nell’Ottocento e caratterizzate da un sapore quasi alchemico, a quelle più contemporanee segnate dall’aspirazione di svincolarsi dalla dipendenza dal petrolio, passando per le plastiche del Made in Italy, il Moplen, i giocattoli, le icone del design internazionale e gli oggetti della quotidianità domestica un tempo posseduti dalla maggior parte delle famiglie.
La sezione Plastiche pre-sintetiche: tra imitazione e nuova identità apre lo sguardo sulle prime plastiche nate dalla metà dell’Ottocento frutto d’ingegnose combinazioni. Sono in mostra oggetti rari e preziosi di eccezionale bellezza realizzati in Bois Durci, Galatite, Nitrato di Cellulosa.
Bakelite: la prima plastica sintetica è l’ampia sezione dedicata alla prima plastica totalmente sintetica, una resina a base di Fenolo-Formaldeide ottenuta nel 1907 dal chimico belga Leo Baekland, un materiale leggero, isolante e resistente alle alte temperature. Tali caratteristiche la resero perfetta per la realizzazione di apparecchi elettrici, piccoli elettrodomestici, altoparlanti, radio e… non solo. In questa sezione della mostra sono presentate anche scatole, lampade, bilance, bottiglie, stira-cravatte, orologi, tutti oggetti realizzati con le resine Fenoliche e Ureiche.
Nella sezione dedicata a L’innovazione del made in Italy: dal Moplen al periodo d’oro del design sono mostrati oggetti realizzati con diversi tipi di plastiche tra gli anni Cinquanta e Settanta che testimoniano come questi materiali abbiano consentito al design Made in Italy di realizzare oggetti di grande funzionalità che hanno arredato e vissuto nella maggior parte delle case italiane e di cui non si conosce la paternità, così come insuperate icone presenti nel nostro immaginario. Tra questi alcuni pezzi prodotti da Gufram, storica azienda torinese che utilizzando soprattutto il poliuretano espanso avviò la produzione di sedute e componenti d’arredo dall'estetica rivoluzionaria, che strizzavano l'occhio alla Pop Art attraverso l’utilizzo di codici espressivi quali il fuori scala, i colori accesi e sintetici. In mostra sono esposti anche alcuni pezzi che fanno parte di prime serie entrate poi in produzione.
Un’ampia campionatura di strumenti di diffusione e riproduzione sonora dà vita – nella sezione I suoni della plastica – a una sequenza di suoni prodotti dalle prime radio ai mangiadischi, da primordiali amplificatori ad alcuni strumenti musicali che creano un inevitabile effetto "amarcord".
Il volto prezioso e raro di questi materiali è svelato grazie all’esposizione di pettini, scatole portacipria, bocchini per sigarette, spille, gioielli e ventagli nella sezione Vanità in plastica al fine di destare stupore e incredulità nei visitatori che, grazie all’esposizione di questi oggetti storici dalle raffinate fattezze, possono meravigliarsi di fronte a un pregiato mondo fatto di lacche, ori, avori, smalti, pietre preziose e cristalli tutti materiali realizzati in plastiche. La loro preziosità è mostrata anche grazie all’esposizione di oggetti contemporanei, realizzati usando le più avanzate tecniche di produzione a cavallo tra artigianato e industria come nel caso dei prototipi di pettini contemporanei di Andrea Branzi o impiegando plastiche di riciclo come nel caso dei gioielli di Wanda Romano.
Nella sezione Plastic play è mostrato come i polimeri siano stati largamente utilizzati anche per realizzare i più diversi giocattoli, una selezione dei quali è presentata in mostra.
La mostra si conclude con la sezione Alchimie contemporanee definita da due progetti realizzati per la Fondazione Plart rispettivamente da Studio Formafantasma e Maurizio Montalti/Officina Corpuscoli che indagano sul possibile futuro di questi materiali in un’ottica più sostenibile e svincolata dal petrolio.

 


  • Donald Duck, 320 mm, PVC, Ledra Plasti, Italia, Anni ‘60
  • Microfono, 240x110 mm, Resina Fenolica, America, Anni ‘40
  • Lampada Minnie, 240x165x105 mm, PVC, Walt disney Production, America, Anni ‘60
  • Calimero, 189x80x90 mm, Polietilene, Italia, Anni ‘60
  • Scatola, 137x115, Polimetilmetacrilato, Inghilterra, Anni ‘30
  • Radio, 150x245x160 mm, Resina Fenolica, Crosley Manufacturing Corp., America, Anni ‘50
  • Ventilatore Hurricane, 200x130x180 mm, Resina Ureica e Policarbonato, Officine Elettromeccaniche Aghetto, Italia, Anni ’40
  • Lampada Tucano, 250x80x180 mm, Nylon 6, Polistirene, Old Timer Ferrari, Italia, Anni ‘60
  • Studio 65, Seduta Capitello, 800x1100x1100 mm, Poliuretano espanso, Gufram, Italia, 1971
  • Wanda Romano, Armour, 620x45 mm, PET, Spagna, 2008

 

Breve storia delle plastiche
Quella delle plastiche è una storia relativamente breve ma affascinante e avvincente, caratterizzata da successi ma anche fallimenti, scoperte casuali, rivalità tra ricercatori, esperimenti copiati e brevettati. È la storia, iniziata nei primi decenni dell’Ottocento, della ricerca di materiali nuovi ottenuti modificando in modo quasi alchemico i polimeri naturali, primi tra tutti la gomma naturale. L’americano Charles Goodyear mise a punto, nel 1839, la gomma vulcanizzata una miscela di lattice vegetale con diverse percentuali di zolfo. Il risultato di questa mescola era un materiale resistente ed elastico che, a differenza della gomma naturale usata fino ad allora, non diventava appiccicoso con il caldo e duro con il freddo.
Fino ai primi anni del Novecento fu un susseguirsi di nuovi materiali semisintetici ottenuti facendo reagire materie diverse: Gutta-Percha, Bois Durci, Nitrato di Cellulosa… Tra i materiali più importanti la parkesina, la prima plastica artificiale ottenuta dall’inglese Alexander Parkes  partendo dal nitrato di cellulosa addizionato con naftalina e canfora. I primi oggetti realizzati con questo materiale furono presentati con grande successo all’Esposizione Universale di Londra del 1862.
E poi la celluloide, ottenuta nel 1869 dal giovane tipografo americano John Westley Hyatt dopo innumerevoli tentativi per realizzare l'avorio artificiale, a seguito di un concorso bandito da una fabbrica di palle da biliardo di New York che metteva in palio un premio di 10 mila dollari da assegnare a chi avesse trovato un materiale in grado di sostituire l’avorio ricavato dalle zanne degli elefanti, allora l’unico materiale disponibile per quell’uso.
Nel 1907 Leo Baekeland, considerato il padre delle plastiche, mise a punto la Bakelite, una resinafenolica che può considerarsi la prima plastica sintetica. Questo nuovo materiale, all’inizio caratterizzato da un colore marrone/nero, ha aperto le porte alle plastiche moderne. Ebbe un enorme successo e grazie alle sue ottime proprietà isolanti fu usata in modo massiccio anche per la realizzazione di apparecchiature elettriche, piccoli elettrodomestici, radio. Negli anni seguenti vennero prodotte resine fenoliche di diversi colori, anche chiari, una innovazione che ampliò ulteriormente il loro campo di applicazione.
Negli anni seguenti vennero senza sosta immessi sul mercato materiali nuovi, in molti casi messi a punto originariamente per scopi bellici: cellophane, polietilene, PVC, Poliuretano, Nylon, PET, tutti materiali che vennero poi usati in sostituzione del legno, dei metalli, delle ceramiche e che consentirono la nascita di nuove forme e di una nuova estetica.
Nel 1954 Giulio Natta, professore al Politecnico di Milano, mise a punto il polipropilene isotattico, commercializzato con il nome di Moplen, una scoperta che gli valse – insieme a Karl Ziegler – il premio Nobel per la chimica nel 1963. La versatilità di questo nuovo materiale – leggero, resistente al calore, infrangibile, colorabile, facilmente lavorabile, economico – lo fece diventare in pochi anni il materiale della quotidianità e aprì le porte ad una nuova estetica portata avanti nei decenni successivi anche con l’apporto dei grandi maestri del design italiano.
Il polipropilene ha dato il via alle plastiche contemporanee, sempre più performanti e versatili, brevettate annualmente a centinaia.
Sull’onda del problema dell’inquinamento ambientale e della limitazione dell’impiego di materiali da fonti non rinnovabili come il petrolio con il quale sono realizzati i materiali plastici sintetici, negli anni più recenti si assiste al fiorire di ricerche finalizzate alla realizzazione delle “plastiche verdi” ottenute partendo da materie prime provenienti da fonti rinnovabili.


La Fondazione Plart
La collezione di oggetti e opere in plastica della Fondazione Plart è composta di circa 1800 artefatti che ne fanno per importanza, rarità e peculiarità una delle raccolte più prestigiose al mondo.
Esposta per la prima volta nel 1990 a Villa Pignatelli a Napoli con una mostra curata da Angela Tecce e Nunzio Vitale, è stata successivamente ospitata alla Biennale di Saint'Etienne, al Grand Palais di Parigi e a San Paolo in Brasile. Un patrimonio di indiscusso valore che costituisce il fondamento della linea culturale tracciata dalla Fondazione sin dalla sua istituzione nel 2008. Un percorso di ricerca che si muove attorno a due polarità fortemente connesse: la conservazione della collezione di plastiche storiche e la proiezione dei materiali polimerici nella cultura del nostro tempo. Immaginato come un centro di ricerca museale, la Fondazione sviluppa percorsi di studio e di laboratorio intorno alle problematiche della conservazione e del restauro e un’attenzione a livello internazionale sulle nuove espressioni del design sperimentale e ecosostenibile attraverso una attenta attività di scouting e promozione.
La Fondazione attribuisce una grande importanza agli aspetti tecnico-scientifici della ricerca collaborando con realtà internazionali e attivando scambi di conoscenza. Una piattaforma culturale di confronto sui temi della cultura del progetto e sulle prospettive della ricerca applicata ai materiali polimerici. Un processo culturale declinato anche attraverso lo sviluppo e la ricerca di linguaggi multimediali capaci di coinvolgere utenze differenziate.
La Fondazione Plart e la sua collezione costituiscono una realtà unica nel panorama nazionale e internazionale per la sua offerta culturale così specifica e legata alla scoperta del multiforme universo delle plastiche, alla loro storia, al loro presente e al loro futuro, con una attenzione particolare ai temi della sostenibilità, del riuso e del riciclo.

 


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Biografie dei curatori della mostra e degli autori in catalogo
Cecilia Cecchini, architetto, PhD, Professore di Disegno Industriale presso "Sapienza" Università di Roma, Facoltà di Architettura. Fin dalla sua istituzione (2008) è curatore scientifico del centro di ricerca museale Fondazione Plart; è fondatore e direttore del Master in Exhibit & Public Design, ha coordinato il Corso di Laurea in Disegno Industriale della “Sapienza” (2008-2012). Svolge attività di ricerca nel campo delle tecnologie e dei materiali, con particolare riferimento ai polimeri.
Marco Petroni, teorico e critico del design. Ha collaborato con La Repubblica Bari, scrive regolarmente su varie riviste d'arte e design tra cui Abitare e FlashArt. È Senior Curator presso la Fondazione Plart, dove sviluppa progetti curatoriali innovativi e eventi legati ai temi del design con un approccio transdisciplinare. Insegna Storia dell'arte contemporanea presso Abadir (Catania); Moda e Comunicazione presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli.
Alba Cappellieri, professore di Design del Gioiello al Politecnico di Milano e Presidente del Corso di Laurea in Design della Moda, direttore del Corso di Alto Perfezionamento in Design del Gioiello e del Master internazionale in Accessory Design. Dal 2014 è direttore del Museo del Gioiello in Basilica Palladiana a Vicenza, il primo museo dedicato esclusivamente al gioiello.
Stefano Catucci, insegna Estetica presso "Sapienza" Università di Roma, Facoltà di Architettura. I suoi studi sono dedicati in prevalenza al pensiero contemporaneo tedesco e francese, oltre che a problemi legati all'architettura, al paesaggio e al design. Collabora con i programmi culturali e musicali Rai-Radio3.
Laura Cherubini, docente di Storia dell’Arte all’Accademia di Brera e vicepresidente del museo MADRE di Napoli. Nel 1990 ha curato il Padiglione Italiano alla Biennale di Venezia. Responsabile per l’arte contemporanea all’ING-Calcografia Nazionale (2005-2007). Membro degli Archivi Mario Schifano, Franco Angeli, Fabio Mauri. Fa parte del Consiglio Direttivo dell’Archivio Boetti.
Anna Laganà, restauratrice/ricercatrice specializzata nella conservazione dei materiali plastici, diplomata presso l’ISCR di Roma. Coordinatore del Laboratorio di Arte Moderna e Contemporanea presso il Centro di Conservazione la Venaria Reale di Torino (2007-2008) e il centro di ricerca olandese RCE. Attualmente collabora con istituti di ricerca, musei e svolge il ruolo di docente e coordinatrice all’Università di Amsterdam.
Gianluigi Ricuperati, scrittore e saggista esordisce nel 2006 con Fucked Up, nel 2007 pubblica con Martegani Viet Now-La memoria è vuota, nel 2009 La tua vita in 30 comode rate, nel 2011 Il mio impero è nell'aria e nel 2013 La produzione di meraviglia. Con Belpoliti cura la monografia dedicata all'illustratore Steinberg. Nel 2007 e 2008 dirige con Boeri Festarch e nel 2009 co-cura Urbania. Collabora con importanti testate nazionali e internazionali. Dal 2013 è direttore creativo di Domus Academy.
Thea van Oosten, chimico specializzato nello studio dei materiali polimerici. Ha sviluppato importanti programmi di ricerca presso RCE, Cultural Heritage Agency of the Netherlands. Ha pubblicato articoli e saggi sull’applicazione dei materiali polimerici nell’arte e nel design. E’ autrice, tra gli altri, del saggio edito dall’Università di Amsterdam ‘PUR Facts, Conservation of Polyurethane foam in Art and Design’.


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MD Material Design
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ISSN 2239-6063

edited by
Alfonso Acocella
redazione materialdesign@unife.it

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