Markus Wespi, Jérôme de Meuron
(a cura di Alberto Caruso)
Librìa, Melfi 2006
96 pagine
Illustrazioni a colori
Prezzo: 14,00 €
Testo in italiano/inglese
Un piccolo ma gradevolissimo libro quello che Alberto Caruso dedica all’opera di Markus Wespi e Jérôme de Meuron, progettisti svizzeri di grande talento non ancora pienamente conosciuti oltre i confini elvetici.
Ripercorrendo puntualmente - secondo un criterio cronologico - circa un decennio di attività dello studio, l’autore ne mette in evidenza il processo di progressiva maturazione culminato nell’intervento ex novo della casa a Brione (2005), davvero un unicum nel panorama architettonico internazionale.
Prevalentemente concentrata sul tema dell’”abitare”, l’opera di Wespi e de Meuron si propone di riconquistare allo spazio domestico quella qualità “sensoriale” - rintracciabile nei valori del “silenzio”, della “dilatazione” temporale e del rapporto con la natura - che sembra perduta nella frenesia del mondo contemporaneo. Attraverso la riduzione dei segni esterni, lo spazio domestico viene potentemente proiettato in una dimensione privata, afasica, in cui solo viste direzionate sul paesaggio creano un intimo legame percettivo con la natura circostante: esternamente, le finestre si riducono, la superficie viene deprivata di qualsiasi dettaglio ma internamente si scopre un universo che, nella raffinata semplicità degli spazi permeati da vibranti giochi di luci, genera inaspettate e intense suggestioni.
Le case di Wespi e de Meuron sono uno schietto manifesto di architettura ecocompatibile empaticamente integrata con il territorio. Per quanto tesa a ridurre drasticamente il confine tra “natura” e “artificio”, la loro architettura rinuncia tuttavia a qualsiasi atteggiamento mimetico rispetto al paesaggio e rivendica il valore “tettonico” del costruito, declinato attraverso forme essenziali e rigorose e tramite l’utilizzo di materiali di forte impatto “materico”, intimamente legati all’identità costruttiva dei luoghi. Vengono così impiegati il legno (Flawil, 2000), il cotto (Gondo, 2001) e soprattutto la pietra (progetto di cappella, 2003, casa a Scaiano, 2004, Brissago, 2004, Brione, 2005), che i due architetti esaltano con grande raffinatezza sia nel campo della ristrutturazione che nella costruzione ex novo, come un materiale naturalmente espressivo e dalle infinite potenzialità figurative a seconda della tessitura, del colore, della grado di scabrezza delle superfici.
Un testo agevole ed esaustivo, corredato da un apparato grafico e iconografico ben articolato, che suggerisce il profilarsi di un percorso di ricerca, da parte del giovane studio, ancora in fieri e ricco di interessanti future sperimentazioni.