Le piccole terme di Villa Adriana (118-138 d. C.) a Tivoli. Visione delle ossature in opus testaceum, planimetria e spaccato assonometrico dell’impianto termale
Ampia e variegata è la famiglia dei laterizi cotti impiegata, a partire dal I sec. d. C., dalle maestranze edilizie romane fino a diventare specifica cifra costruttiva dell’architettura di epoca imperiale.
«Nell’antica Roma – afferma Richard A. Goldthwaite – fabbricare mattoniera l’unica attività industriale in cui la classe dirigente investisse. Da un certo punto di vista si trattava di una produzione rurale fondata com’era su risorse umane e materiali provenienti dalle proprietà immobiliari di un ricco, e un investimento in quella direzione non comprometteva la loro nobiltà di membri di un’aristocrazia terriera. Il grande quantitativo di manodopera a disposizione dei proprietari terrieri faceva sì che alcune fornaci realizzassero produzioni massicce. Resti archeologici attestano le straordinarie dimensioni di questi impianti, e lo studio degli stampi usati per i mattoni ha rilevato la loro ampia distribuzione. Il grande mercato per questo prodotto, quello che ne rese possibile lo stesso sviluppo, fu creato dalla concentrazione urbana della società romana, soprattutto dopo la fondazione dell’impero».1
Com’è noto, la valle inferiore del Tevere aveva sviluppato già in epoca repubblicana una fiorente industria per la produzione di tegole piane impiegate nella copertura dei tetti; non sarà stato difficile, pertanto, ampliare e specializzare tale produzione di laterizi soprattutto quando si scoprirà che dalle tegole stesse è possibile derivare facilmente tipi di mattoni dalle misure standard (basate su multipli o frazioni del piede romano) flessibili e duttili per la realizzazione dei paramenti murari posti a contenimento dell’opus camenticium.
A sinistra Frammento di laterizio (I sec. a. C.- I sec. d.C.) con bollo della figlina Cartorian(a). Museo civico archeologico di Bologna.
A destra Frammento di laterizio con bollo IMP(eratoris) HADRI(ani) AVG(usti) dell’età di Adriano (117-138 d. C.). Museo civico archeologico di Bologna
Con l’avanzare dell’età imperiale, la produzione dei laterizi cotti per l’edilizia romana assumerà i caratteri di una vera e propria industria specializzata (per qualità, quantità, varietà di tipologie di prodotti) funzionale alla moderna concezione romana di costruzione, indirizzata a “tempi rapidi” di esecuzione e alla “grande dimensione”. Sostenuta da una produzione di massa dei materiali edilizi e da una organizzazione efficiente di cantiere l’architettura d’età imperiale riuscirà a compiere prodigi realizzativi come testimoniano – citando solo qualche opera esemplare – la costruzione della Domus Aurea neroniana (64-68 d. C.) realizzata in cinque anni, il Pantheon (118-125 d. C.) in dieci anni, le terme di Diocleziano (298-305 d. C.) in non più di otto anni.
Grazie alla consuetudine di imprimere bolli di fabbrica, soprattutto sui tipi più grandi di laterizi, identificativi del proprietario degli stabilimenti di produzione unitamente al nome della fornace è possibile seguire, in qualche modo, l’evoluzione di quest’industria.
Villa dei Quintili (II sec. d. C.) sulla via Appia a Roma. Visione del settore termale in opus testaceum, scorcio del frigidarium con colonne in marmo cipollino e pavimento in opus sectile policromatico, disegno assonometrico parziale della villa con le rovine delle terme.
I bolli, in forma di marchi a lettere incavate o a rilievo, sono impressi nell’argilla fresca mediante punzoni di metallo o matrici di legno; nella loro configurazione esplicativa più completa indicano la proprietà del terreno di cava (praedium), il nome della fornace (figlina), quella del gestore (officiantor) insieme alla data di fabbricazione.
Dai bolli di fabbrica, presenti già nei laterizi del I sec. a. C., si evince come nella prima fase dell’impero le fornaci sono in gran parte private (in genere delle grandi famiglie aristocratiche proprietarie delle campagne circostanti la città di Roma e, conseguentemente delle cave di argilla con le annesse officine) con una produzione artigianale che alimenta un mercato ancora ristretto.2
Un’accelerazione della produzione di laterizi per l’edilizia si registra, lungo il I e il II sec. d. C., quando la struttura produttiva passa velocemente da artigianale ad industriale (ovvero assumendo i caratteri di massa con grandi serie produttive di materiali sempre pronti e disponibili) portando numerose fornaci sotto la diretta gestione statale. I programmi edilizi, soprattutto per quanto attengono alle architetture pubbliche, diventano strategicamente rilevanti per gli imperatori e la gestione degli approvvigionamenti dei materiali essenziali non viene più lasciata in mano ai privati.
Villa dei Quintili (II sec. d. C.) sulla via Appia a Roma. Visione del settore termale in opus testaceum, scorcio del frigidarium con colonne in marmo cipollino e pavimento in opus sectile policromatico, disegno assonometrico parziale della villa con le rovine delle terme.
Traiano è il primo imperatore ad apparire in bella mostra, con nome e titoli, nei bolli di fabbrica. Il processo di concentrazione dell’industria romana dei laterizi nelle mani degli imperatori (e, frequentemente, dei loro familiari) si attua, progressivamente, lungo il corso del II sec. d. C. fino ad essere assoggettata completamente al controllo statale sotto il principato di Marco Aurelio.
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Note
* Il presente contributo è contenuto nel volume Alfonso Acocella, Stile laterizio II. I laterizi cotti fra Cisalpina e Roma, Media MD, 2013, pp. 76.
1 Richard A. Goldthwaite, “Mattoni e calce” p. 250 in La costruzione della Firenze rinascimentale, Bologna, Il Mulino, 1984, pp. 630.
2 Fondamentale per lo studio dei bolli laterizi romani è la pubblicazione di Erbert Bloch, I bolli laterizi e la storia edilizia romana. Contributi all’archeologia e alla storia romana (1936-38), stampata nel 1948 e, in seconda edizione, nel 1968.
Sempre a Bloch si deve lo studio di tutti i bolli rinvenuti in Ostia pubblicato in “I bolli laterizi nella storia edilizia di Ostia”, pp. 215-227 in Guido Calza e di Giovanni Becatti et al. (a cura di), Scavi di Ostia, Roma, Libreria dello Stato, 1953.
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