Santuario della Madonna delle Grazie al Trionfale. (Ph. A. Acocella)
Nato come componente elementare dell’architettura il mattone è stato evoluto e prodotto, artigianalmente o industrialmente, nella tradizione moderna in forma parallelepipeda, modulare, ergonomica, le cui dimensioni e peso sono stati correlati alle possibilità di prensibilità e movimentazione della mano dell’uomo delegata a posarlo in solide murature. Questa visione evolutiva del mattone che si afferma sin dall’età tardo antica e, poi, soprattutto in quella moderna e contemporanea sfrutta appieno la sua morfologia affatto vincolante, sia in senso costruttivo che estetico, attraverso varietà molteplici di componibilità.
Invenzione creativa, perizia di posa, aggiornamento continuo di famiglie di forme elaborate in un arco storico lunghissimo, hanno sempre trovato nel mattone – il più semplice, sommesso elemento costruttivo sotto forma di piccolo prodotto di argilla cotta – il referente basilare di un lessico che non ha mai ostacolato l’espressione e la variazione di temi.
Il succedersi dei mattoni, attraverso ripetuti strati orizzontali, dà il senso del principio costruttivo di base legato all’idea archetipa di muro quale parete continua ed omogenea, sia pur “segnata” dalla fitta rete di giunti di malta.
Le Fornaci di San Pietro. (Ph. A. Acocella)
Le composizioni e le connessioni variate fra gli elementi laterizi rappresentano nel loro insieme le possibili “espressioni figurative” nel trattamento delle superfici a vista in forma di texture, di dettagli risolvibili anche in modo virtuosistico con un’esaltazione delle intime proprietà tridimensionali dei mattoni pieni.
Mantenuta ferma la regola generale ed inderogabile della non coincidenza, lungo uno stesso asse, di due giunti verticali appartenenti a “corsi” contigui della struttura muraria, è possibile dar vita – come una millenaria tradizione ci insegna – a diversi tipi di apparecchiature che determinano caratterizzazioni diverse delle superfici a vista, unitamente a prerogative tecniche differenziate. La ricchezza delle variazioni del disegno murario è facilitata, inoltre, sia dalla possibilità di utilizzare sottomultipli del mattone (quali sono il trequarti, il mezzo o duequarti, il quarto o bernardino, il mezzolungo o il tozzetto) che pezzi speciali disponibili per dettagli architettonici o rifiniture particolari (colonne, cornici, archi, decorazioni ecc.). Il principio costruttivo legato all’uso del mattone esprime un “metodo connettivo” basato essenzialmente sulle peculiarità morfologiche ed associative degli elementi laterizi che si “legano“ fra loro a formare compenetrazioni, texture particolari, dettagli esecutivi attraverso rapporti e connessioni di contiguità geometrica che sfruttano i moduli proporzionali e facilmente interscambiabili delle diverse facce di posa.
Il mattone moderno e i suoi sottomultipli.
Modularità e flessibilità dei mattoni contemporanei nell’assecondare le più variate aggregazioni e disposizioni per la formazione di strutture murarie e parietali.
Immagini fortemente correlate alla natura geometrica del mattone e alla logica aggregativa del materiale sono tipiche dell’architettura in laterizio. Posare gli occhi sul singolo, minuscolo elemento per seguirne il percorso, a volte, lineare ed in piano, altre variato e virtuosistico con accentuazioni plastiche, consente di impossessarsi dell’essere del mattone che tende, in genere, a perdere la sua individualità a vantaggio di una figurazione più generale dell’opera muraria o degli altri elementi della costruzione.
Nel linguaggio dell’architettura in mattoni tutte le parti si palesano come necessarie in quanto fanno riferimento ad una idea di unitarietà, di insieme, in cui non c’è posto per elementi dotati di vita autonoma, di senso separato. Tale linguaggio è caratterizzato dal “mettere in forma” concetti elementari del costruire – il muro, il pilastro, l’arco, la piattabanda, la volta, il dettaglio “rivelatore” – ma capaci di dar luogo, attraverso un’ampia casistica di varianti interne, ad un lessico di grande flessibilità e varietà.
Fra tutte l’idea di muro – figura archetipica dell’architettura di laterizio al pari di quella di pietra – sembra incarnare l’essenza più viva e feconda dell’uso del materiale. All’interno dell’ordine murario, la specificità della parete in mattoni si manifesta nella ripetizione costante o nella variazione dei motivi di posa degli elementi, tendenti ad esaltare omogeneità e complanarità, oppure connessioni, differenze, figurazioni. I procedimenti tecnici che presiedono alla formalizzazione dei vari tipi di muri prendono in considerazione i diversi impieghi della materia attraverso i quali è possibile perseguire strutture portanti omogenee e severe con tutto ciò che questa scelta comporta, oppure pareti con attivazione di decorazioni e ornamentazioni virtuosistiche delle superfici a vista.
Texture in mattoni. (Ph. A. Acocella)
La forma, le dimensioni e il peso del mattone moderno, sono sempre stati legati alle possibilità ergonomiche e di movimentazione della mano dell’uomo; le misure e il peso dei mattoni, infatti, hanno subìto nell’ultimo millennio solo poche e limitate variazioni.
Le sue misure, di norma, sono multiple fra loro: generalmente la larghezza (chiamata “testa” nel linguaggio di cantiere) è il doppio dello spessore e, approssimativamente, la metà della lunghezza dell’elemento.
La larghezza del mattone non ha superato, in genere, i 13-15 cm poiché, dovendo essere murato con un’unica mano (l’altra è impegnata nella posa della malta), tale dimensione limite non ostacola la presa e la messa in opera a regola d’arte entro gli elementi di fabbrica da realizzare.
La lunghezza del mattone, per ragioni di componibilità e di modularità risulta essere il doppio (all’incirca) della larghezza; lo spessore è in funzione del peso stesso del mattone – che l’esperienza del lavoro umano ha fissato all’interno del range di 3-4 kg – in modo da non affaticare eccessivamente il muratore nelle prolungate attività di posa in opera.
Texture in mattoni. (Ph. A. Acocella)
I rapporti dimensionali, come evidenziavamo, sono dovuti alla convenienza di ottenere spessori murari utilizzando unicamente mattoni interi. Ma oltre i mattoni interi si sono sempre usati nella realizzazione delle murature e negli altri elementi della costruzione anche i loro sottomultipli, prodotti appositamente dalle industrie od ottenuti per spacco (o segata) direttamente in cantiere.
La profondità del muro, comunemente, è concepita e “misurabile” in base ad un modulo costruttivo del mattone: la larghezza (o “testa”). Ogni muratura si presenta con spessori che risultano sempre multipli della “testa” (anche se, per esattezza, la misura del muro corrisponde alla somma delle teste più gli spessori dei giunti di malta di connessione).
Lungo il Novecento tentativi di standardizzazione delle dimensioni dei mattoni nazionali – sulla scia di analoghe esperienze straniere – hanno portato all’emanazione di norme codificando nel 1965 il formato unificato UNI (5,5×12x25 cm), ma la produzione e il mondo della prassi costruttiva italiana non hanno accettato – pur nell’apparente razionalità della norma emanata – i tentativi di unificazione indirizzati ad azzerare consolidate e secolari tradizioni territoriali.
Texture in mattoni. (Ph. A. Acocella)
I motivi della mancata accettazione di un unico formato unificato sono da rintracciarsi sia nella lenta evoluzione tecnologica che ha contraddistinto il settore produttivo del laterizi, sia nella continua e sostenuta richiesta di formati e tipi tradizionali di mattoni derivante dalla domanda connessa al restauro dei monumenti, al recupero delle preesistenze edilizie. A queste motivazioni più in generale, è possibile aggiungere la difesa e la valorizzazione delle identità e culture locali di costruzione anche nella nuova architettura.
In sintesi la misura originaria 14×28 cm rimase in maniera prevalente nei territori dello Stato Pontificio.
Per tutto il Novecento, con l’avvento dei forni Hoffmann e delle linee meccaniche di estrusione, si decuplicò in Roma – principalmente a ridosso del Vaticano (rinomate Le Fornaci di San Pietro) – la produzione del classico mattone 5×14x28 cm (volgarmente definito “Zoccolo Romano”).
Il proliferare di tali impianti semi-industriali, permise dagli anni Venti del Novecento ai primi anni del secondo dopoguerra l’edificazione di interi quartieri residenziali (Garbatella, Testaccio, Trionfale, Prati, Parioli ed altri) che tutt’ora rappresentano la continuità nell’uso del “Mattone Pieno Romano”.
Dalla misura del classico mattone 14×28 cm che a Roma per tutto il Novecento fu utilizzato nello spessore standard di 5 cm, derivò, nel ventennio fascista, un elemento che fu all’epoca definito “Mattonetto Romano” e che si differenziava sostanzialmente per lo spessore, portato a 4 cm.
Le misure definitive nominali (4×14x28 cm) volevano essere motivo di ricongiungimento tecnico-estetico ideale con le antiche misure della Roma Imperiale che avevano per i mattoni uno spessore, di 3-4 cm.
La ragione di questa particolarità era data dal fatto che, a fronte di oneri di manodopera elevati, era garantita nel tempo – attraverso una più fitta stratificazione di corsi (e quindi di incatenamenti) – la stabilità degli edifici.
Mattonetto “Papalino” 4×14x28 cm del 1925 conservato nei musei Vaticani (Ph. A. Acocella)
Esempio tipico dell’utilizzo alla fine degli anni Trenta del “Mattonetto Romano” è rappresentato dal Santuario della Madonna delle Grazie che, demolito in seguito ai lavori per la realizzazione di via della Conciliazione in occasione dei Patti Lateranensi del 1929, fu ricostruito nel quartiere Trionfale ed inaugurato nel 1941.
Il mattone pieno romano (5×13,7×28,5 cm) e il mattone pieno bolognese (5,8×13,7×28,5 cm) prodotti dalla Latercompound – che ci ha concesso di ritornare ad interessarci e a scrivere del mondo sempre affascinante dei laterizi – sono testimonianza, ancora nel presente, di questa permanenza indirizzata alla difesa dei valori delle tradizioni identitarie di significative realtà territoriali del Paese.
Alla riproposizione dei formati dimensionali storici si affiancano chiaramente i miglioramenti dei processi produttivi contemporanei, dei controlli di qualità dei prodotti laterizi, degli stessi modi di posa con integrazione di nuove malte tecniche che permettono di ottenere prestazioni performanti in ordine a connessione, solidarizzazione, traspirabilità impiegando – ad esempio – le nuove malte tecniche in classe R3 e R4 additivate con miscele di lattice.