Il corso di LBD (Laboratorio di Basic Design) conclusosi il mese scorso, del quale si è già parlato nella prima parte di questo articolo a puntate, ha rappresentato un’esperienza didattica nuova, articolata in una serie cospicua di lezioni frontali e di esercitazioni (6 in totale) che ha visto variare, rispetto all’edizione dell’ anno passato, il rapporto tra il tempo dedicato prove in itinere e quello dedicato all’esercitazione finale, con un notevole incremento delle energie spese proprio sulle prove intermedie.
Le lezioni del professor Piccione, titolare del corso, hanno spaziato dallo studio della comunicazione alla teoria del colore a quello della prossemica e dell’ergonomia; hanno riguardato anche l’esposizione di metodi codificati per il progetto di design quali il QFD.
Il sottoscritto ha curato interventi su temi legati alla grafica quali il logo e il pattern e una disamina di criteri atti a valutare la bontà del design di un oggetto. Inoltre gli studenti sono stati preparati allo svolgimento di brainstorming con metodo S.l.i.p. che hanno poi messo in pratica con l’esercitazione finale. La professoressa Maddalena Coccagna ha tenuto un modulo sullo studio dei materiali e ha rappresentato una guida per la scelta di quelli più idonei in fase di esecuzione dei progetti studenteschi per l’esercitazione finale.
In questa seconda parte del racconto dell’esperienza didattica trovano posto anche le immagini di alcuni dei migliori materiali prodotti dagli studenti e una rassegna molto sommaria delle esercitazioni contestualmente alle quali sono stati realizzati. Resta escluso il racconto dell’esercitazione finale che troverà posto nella terza e ultima parte.
L’articolo per un blog
L’esercitazione sui pattern ha avuto anche una fase teorica oltre a quella sperimentale (per il cui racconto si rimanda sempre alla prima parte dell’articolo), temporalmente parallela a quella del progetto. Si è richiesto a ciascuno studente di approfondire lo studio di una delle personalità presentate come fondamentali per la storia del pattern design. Non si è richiesta la produzione di una generica ricerca, ma la stesura di un articolo per un blog.
È stato scelto come riferimento il blog elmanco.com che dal 2005 si occupa di design e che già a più riprese ha avuto modo di collaborare con alcuni dei corsi di questo Dipartimento. Si è illustrata la linea editoriale scelta da Stefano Ricci, il fondatore del blog, e si è raccomandata la lettura di una serie di articoli ritenuti particolarmente rappresentativi. Agli studenti è stata lanciata la sfida di attualizzare il più possibile i loro temi di indagine, scovando mostre attualmente in corso su questi maestri o reminiscenze e citazioni dei loro lavori in progetti contemporanei.
Per questi articoli è stata scelta la pubblicazione su un blog privato realizzato sulla piattaforma tumblr.com al quale possono accedere solo gli studenti e i docenti del corso. L’esercizio ha prodotto risultati molto buoni, con la stesura di vari articoli esaustivi ed efficaci, che riescono a tenere l’attenzione del lettore e invogliano alla condivisione. E data la bontà di questi risultati Stefano Ricci ha voluto pubblicare sul suo blog sei degli articoli studenteschi che ha ritenuto particolarmente meritevoli. Questi sono i link:
Lo studente Moreno Lai su Verner Panton
Lo studente Dario Gallerani su Bridget Riley
Lo studente Dario Sapienza su Guido Venturini e Stefano Giovannoni
Lo studente Nicolò Tromben su Nathalie Du Pasquier
Lo studente Francesco Zanardo su Dieter Rams
Lo studente Leonardo Brucato su Lucienne Day
Il logo personale
Il primo in ordine di tempo a essere affrontato tra i temi legati alla comunicazione è stato quello del logo personale. Con il pretesto dell’attualissimo self branding, sono stati esaminati molti esempi, considerando nuovamente l’aspetto evolutivo degli stilemi di ciascuna disciplina nel corso dei decenni, come già fatto per lo studio del pattern. Sono stati presentati i logo di molte grandi aziende che nel corso dei decenni hanno affrontato dei restyling per aggiornare la propria immagine, a volte modificando anche i valori intrinseci legati alla filosofia aziendale che il logo incarna. In questo senso si è parlato anche di marketing, menzionando (senza la pretesa di essere esaustivi su ciascun aspetto) tutti gli elementi concorrenti al disegno di un buon logo, dalla scelta del naming, all’uso strategico del font e dei messaggi impliciti trasmessi dalla forma e del colore. Questa esercitazione è servita a far sedimentare tramite la pratica le nozioni apprese frontalmente dal professor Piccione in merito alla comunicazione e alle teorie della Gestalt. Anche l’esercizio sul logo è stato consegnato su Behance.net con gli stessi risultati positivi già descritti per la prova sul pattern design.
Il logo dello studente Marcello Raffo è anche un lavoro sul naming di un ipotetico studio di grafica, risolto con una buona coerenza tra significato e significante grafico.
Anche la studentessa Angela Iezzi ha individuato un nome e un’estetica di forte impatto (malgrado una concessione poco ortodossa alla disomogeneità tra l’acronimo e la dicitura sottostante n.d.r.).
Il logotipo disegnato da Amy Su è una interessante sintesi, non forzata, delle lettere che compongono il suo nome, di un germoglio e di una punta di matita (con evidente allusione alla freschezza delle proprie idee n.d.r.).
Il logotipo di Andrea Zambonini
La reiterazione della forma circolare nel logo della studentessa Sara Cocco
Il disegno degli oggetti invisibili
Questa esercitazione fu descritta dallo stesso Giovanni Anceschi, padre del Basic Design, che durante il semestre passato ha anche tenuto un workshop per il corso di LBD (descritto in questo recente articolo del professor Jacopo Piccione), alcuni mesi fa in conferenza presso il nostro Dipartimento. Si tratta di un esercizio in cui una serie di piccoli oggetti dalle geometrie complesse e difficili da identificare per funzione d’uso, sono posti all’interno di scatole opache piene di segatura o ritagli di giornale. Agli studenti sono concessi alcuni minuti per sondare la morfologia degli oggetti con le sole mani e senza la possibilità di vederli. Nella seconda parte della prova ciascuno studente restituisce graficamente l’immagine dell’oggetto di cui ha appreso la morfologia tramite il tatto. Si richiede particolare concentrazione nel riconoscimento/restituzione di texture e materiali.
Il professor Piccione fornisce a un gruppo di studenti il briefing per l’esercitazione.
Per due minuti si ha la possibilità di percepire tramite il solo uso del tatto forma, dimensione e materiale dell’oggetto assegnato.
La restituzione grafica deve avvenire a mano entro un tempo di 45 minuti.
Altri elaborati relativi a questa esercitazione.
Uno dei sei oggetti utilizzati per l’esercitazione
Uno dei sei oggetti utilizzati per l’esercitazione
La narrazione per immagini
L’esercizio della narrazione per immagini, che fu ideato da Bruno Munari, insegna a scomporre e ricostruire l’oggetto (ovvero il messaggio) della comunicazione visiva tramite un lavoro di gerarchizzazione dei particolari di un quadro di un autore famoso. L’esperimento riesce bene con quei quadri che rappresentano scene complesse con molti personaggi. La loro estrapolazione dal contesto e riproposizione su una tavola in sequenza (come le vignette di un fumetto) permette di costruire nuove narrazioni anche di una certa complessità, completamente diverse da quelle immaginate dagli autori. Alla sequenza di immagini, prive di qualsiasi altro testo, viene fatto attribuire un nuovo titolo che guidi nella comprensione del racconto. La tavola è stata consegnata in forma di post sullo stesso blog privato utilizzato per la consegna degli articoli sugli autori illustri del ‘900.
Gianluca Gimini
L’esercizio di Dario Sapienza sul dipinto “Scuola di Atene” di Raffaello Sanzio
“Il Giardino delle delizie” di Hieronymus Bosch, nell’esercitazione di Francesco Zanardo
Moreno Lai. Immagini tratte da “Carnevale e Quaresima” di Pieter Bruegel
Nicola Guidoboni. Immagini dal dipinto “I proverbi fiamminghi” di Pieter Bruegel