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L’antropometria tra Arte e Scienza. Nuovi Scenari nel mondo della ricerca scientifica in Ergonomia e implicazioni progettuali nel Design di Prodotto.

19 Settembre 2014

 

Dal 19 al 23 Luglio, presso la Jagellonian University di Cracovia, si è tenuta la “5th International Conference on Applied Human Factors and Ergonomics” (AHFE).
Si tratta di una grande “Conferenza di Conferenze” che racchiude 15 differenti sessioni tematiche (spesso indicate a loro volta con il termine Symposium o Conference) focalizzate su specifiche sotto-discipline dell’Ergonomia. L’AHFE è un appuntamento piuttosto interessante; certamente per i suoi contenuti scientifici, ma anche e soprattutto perché rappresenta un’immagine significativa sulla direzione che la ricerca nel campo dell’Ergonomia sta prendendo e sulle sue prospettive future.


 

In particolare, nel campo dell’Ergonomia Fisica, spicca in maniera rilevante il tema dell’Antropometria. Le sessioni dedicate in maniera specifica a tale argomento sono soltanto due, ma le riflessioni e l’interesse su questo argomento si diffondono capillarmente in tutte le altre: Digital Human Model (DHM), Interior Design, Automotive, progettazione di ambienti di lavoro, Design ed educazione; in tutti questi campi di applicazione l’Antropometria merita sempre una particolare attenzione e lo sforzo per ottenere progressi significativi è davvero notevole ed impressionante.
Da un certo punto di vista questa considerazione potrebbe sembrare tutt’altro che rilevante, quasi un’ovvietà. L’antropometria è storicamente uno dei pilastri su cui si è costruita la disciplina dell’ergonomia. Ancora oggi, quando si parla di Ergonomia l’Antropometria è un concetto noto, o facilmente comprensibile. Spesso, forse troppo spesso, il dimensionamento antropometrico rappresenta il solo contributo dell’ergonomia nel processo di progettazione, ed Antropometria ed Ergonomia risultano coincidere nel significato. E’ altresì vero, però, che il consolidamento della prassi nell’utilizzo dell’Antropometria nel processo produttivo ha reso questa disciplina immobile, ferma. Ancora oggi la regola del Boundary Case Method (se un design soddisfa il caso limite, le persone con combinazioni di misure corporee minori saranno a loro volta soddisfatte dal design), è diventata quasi un “golden standard” e la sua applicazione scegliendo il 90° o il 95° percentile maschile ed il 5° o 10° percentile femminile (si noti bene, scelte progettuali la cui correttezza è dimostrata da studi e pubblicazioni) ha ridotto l’intervento ergonomico del progettista ad una rapida consultazione delle tabelle antropometriche riportanti le variabili di interesse.
La domanda nasce piuttosto spontanea: è davvero questo il solo contributo che l’antropometria può fornire al design, e questo immobilismo conseguenza del fatto che le informazioni rilevanti sono già state tutte raccolte e al massimo vanno aggiornate seguendo il trend secolare di crescita della popolazione?
Ovviamente la risposta a questa domanda è no, e il mondo della ricerca scientifica sembra avere compreso questo punto di vista, a differenza, purtroppo, del mondo della progettazione. Questo è, sostanzialmente, il motivo per cui mi è sembrato rilevante constatare quanta attenzione sia stata riposta su questo tema durante questa conferenza.
Che cos’è l’Antropometria?
Prima di procedere alla descrizione dei temi più interessanti, dal punto di vista di chi scrive, emersi durante l’AHFE 2014, può essere utile richiamare alcuni concetti propri della disciplina dell’antropometria.
Antropometria significa letteralmente “Misura dell’Uomo”; essa si occupa della misura delle dimensioni e delle proporzioni del corpo umano, nonché di parametri quali forza, massime aree di visibilità e raggiungibilità.
È possibile far risalire la nascita dell’Antropometria addirittura a più di 2000 anni fa (a tal proposito si legga Andreoni, Il Fattore Uomo nel Design, 2012), e nel corso del tempo le misure dell’uomo hanno spesso destato l’attenzione di illustri uomini d’arte e di Scienza (da Leonardo al Botticelli, a Le Corbusier)

 



A sinistra: definizione delle variabili antropometriche secondo la standard ISO 3411. A destra: il Modulor di Le Corbusier.

 

Nel campo del Design e della Progettazione, essa rappresenta la componente dell’Ergonomia Fisica che studia il rapporto tra le dimensioni del corpo umano e le caratteristiche dimensionali di ambienti e prodotti. I suoi campi di applicazione sono i più svariati: il dimensionamento di abiti ed equipaggiamenti (le taglie, i numeri di scarpa, la dimensione di un caschetto da bicicletta con le opportune regolazioni), la raggiungibilità dei controlli nell’abitacolo di un’autovettura o di alcuni oggetti specifici in una postazione di lavoro, l’altezza e la larghezza di una sedia, di un tavolo, di una porta etc. In pratica, la dimensione di un prodotto utilizzato dall’uomo deve essere progettata in modo da farla coincidere il più possibile con la misura della porzione del corpo umano che con essa interagisce.
Il processo che conduce al corretto dimensionamento antropometrico di un prodotto, di un oggetto in generale, può essere facilmente descritto attraverso alcuni passaggi chiave.

 


 

I requisiti base che garantiscono la conformità alla Normativa ISO 26800 (Ergonomia - Approccio Generale, principi e concetti) prevedono difatti l’applicazione di alcuni Principi dell’ergonomia, tra cui lo Human Centered Design (HCD). Tale principio richiede la scelta e la caratterizzazione di una specifica popolazione di riferimento per la progettazione, definendo per ogni classe di utente il somatotipo, l’età, il genere, gli elementi culturali e la professione. A questo punto, prima di passare al dimensionamento antropometrico vero e proprio, ossia alla scelta delle variabili antropometriche e alle misure, è necessario scegliere i criteri di design sui quali si basa la progettazione (Andreoni – Il fattore Uomo nel Design, 2012): Il single size for all, ossia la scelta di un’unica taglia che possa accomodare tutti i soggetti di una popolazione; l’adjustment, ossia l’inserimento di alcune regolazioni al fine di aumentare la percentuale di persone soddisfatte dal dimensionamento; il several sizes, ossia la scelta e la determinazione di differenti taglie.
Il dimensionamento antropometrico avviene dunque attraverso l’applicazione di semplici principi che provengono dal mondo della Statistica, in particolare dallo studio di una famiglia di curve matematiche che prendono il nome di Gaussiane o distribuzioni Normali.

 


 

Queste curve (che sono infinite, simmetriche rispetto alla media e completamente definite da due parametri, ossia la media e la deviazione standard) hanno la caratteristica di rappresentare fedelmente la distribuzione dei valori antropometrici di praticamente qualsiasi variabile. Quando si misura una dimensione del corpo umano su una popolazione ampia e scelta secondo gli opportuni criteri, il valore di questa misura sarà riscontrato con poca frequenza per valori molto alti e molto bassi, mentre sarà molto più frequente a mano a mano che ci si avvicina al valore medio misurato sulla popolazione stessa.
Per esempio, supponendo che la lunghezza del piede misurata per la popolazione maschile Americana sia 267.6 mm (PeopleSize 1998), il numero di persone che avranno una misura del piede vicina a questo valore sarà massima e diminuirà a mano a mano che ci si avvicina ai valori limite misurati (minimo e massimo).
L’utilizzo delle curve Normali di Gauss consente la rappresentazione delle variabili antropometriche in forma tabellare, come conseguenza della caratteristica suddetta di questa famiglia di curve di essere completamente caratterizzata da due soli parametri: media e deviazione standard. Riportando dunque questi due valori per ciascuna variabile antropometrica, e verificato che la distribuzione di tale variabile sia Normale, è quindi possibile ricavare il valore di qualunque percentile della popolazione stessa attraverso semplici formule matematiche (per percentile si intenda, nella fattispecie, la percentuale di popolazione accomodata dalla scelta del valore dimensionale della variabile antropometrica ad esso corrispondente anche se, per definizione, ogni percentile rappresenta la centesima parte dell’aerea sottesa dalla curva di Gauss). Questo è sostanzialmente il motivo per cui le tabelle antropometriche sono e rimangono uno strumento fondamentale in antropometria. Considerando poi la regola del Boundary Case Method, si è deciso di fornire anche i valori corrispondenti al 5° ed al 95° percentile di ogni variabile, coprendo così con pochissimi valori un numero davvero elevato di possibilità progettuali.
Questo strumento progettuale è risultato così efficace e potente da soddisfare praticamente le esigenze dei progettisti nella considerazione del fattore Antropometrico, nel sovrapporre il concetto di progettazione ergonomica con quello di utilizzo di tabelle antropometriche per il dimensionamento, e, conseguentemente, l’immobilità della disciplina cui si è fatto riferimento.
Tuttavia, un’attenta lettura e comprensione del processo metodologico che conduce al dimensionamento antropometrico ci consente di individuare alcuni passaggi chiave che possono rappresentare dei tranelli per il progettista, inducendolo a commettere errori nella progettazione che certamente potrebbero essere evitati.
L’informazione offerta dall’utilizzo delle tabelle antropometriche è unidimensionale e statica. Inoltre, il dimensionamento non corrisponde necessariamente ad una soluzione progettuale, ad una visione armonica del prodotto o del progetto in cui le caratteristiche del prodotto non soddisfano una misura ma rispecchiano un’esigenza fisica, in cui vengono pensate per l’uomo e non adattate ad esso.
Questi tre concetti, ossia la staticità, la mono-dimensionalità e l’armonicità sono esattamente i tre concetti che emergono analizzando i contributi presentati durante le varie sessione all’AHFE 2014.
L’antropometria nel campo del Digital Human Modeling
Un Digital Human Model (DHM) è un umanoide virtuale basato su modelli biomeccanici avanzati che viene utilizzato per la verifica in ambiente CAD dell’interazione fisica tra uomo e prodotto. Tale definizione implica una necessaria attenzione al fattore antropometrico presente in questi strumenti di supporto alla progettazione. Se l’obiettivo è quello di analizzare le dimensioni di una specifica popolazione in ambiente virtuale, servendosi manichini software, questi devono garantire che i dati antropometrici riportati siano fedeli alla realtà specifica della popolazione target. Generalmente l’approccio offerto da i vari software di simulazione è basato su due fattori:
1. La scelta del somatotipo più appropriato per la popolazione di riferimento ed il genere.

 

 

2. Il dimensionamento antropometrico del manichino basato sul boundary case method riferito alla variabile antropometrica di maggiore interesse (si sceglie esattamente una misura e si affida al software il compito di scalare tutte le altre dimensioni corporee in proporzione).


Video 1

 

Questo è un esempio di procedimento univariato, ossia sull’utilizzo di una sola variabile antropometrica. Un’interessante ricerca svolta presso l’Università di  In Svezia sottolinea, però, i limiti di tale approccio. In particolare, se il criterio di accomodamento vuole soddisfare il 90 % della popolazione, non è affatto detto che l’utilizzo della misura del 90° percentile di una misura antropometrica sia sufficiente a garantire l’accomodamento del 90% della popolazione.
La teoria proposta è che sia possibile considerare tre dimensioni relative al corpo umano simultaneamente, passando dunque da un’ analisi trivariata (in cui si scelgono tre variabili significative indipendenti tra di loro) eseguendo semplici trattamenti matematici dei dati della popolazione di riferimento selezionata. Questo approccio può essere utilizzato con qualunque DHM in quanto il metodo è in grado di calcolare realisticamente gli estremi, delle tre dimensioni selezionate che costituiscono gli input per le equazioni di regressione nei DHM con cui il software calcolerà le altre misure.

 

 

Resta comunque compito del progettista decidere l’antropometria più appropriata alla soluzione progettuale in questione. Utilizzando l’approccio trivariato (tridimensionale) è quindi possibile definire una “famiglia” di manichini che mette in relazione le tre variabili indipendenti che soddisfano il criterio e che possono essere utilizzate per la valutazione del design, fornendo le indicazioni sui singoli percentili e sull’accomodamento della popolazione (confidence ellipse method).

 


I 14 differenti manichini ottenuti con l’analisi trivariata, rappresentanti la famiglia per i test antropometrici

 


Rappresentazione 3D dell’ellissoide di confidenza. I punti al di fuori dell’ellissoide rappresentano gli utenti non soddisfatti dalla soluzione adottata

 

Il fattore armonico nell’Antropometria. La sezione Aurea nel Design di prodotto.
Scrive la Prof.ssa Gielo-Perczak, dell’Università del Connecticut:
“Gli ergonomi tuttora ricercano un’armonizzazione delle dimensioni umane rispetto allo spazio di lavoro ideale. C’è un’opinione condivisa che le posture assunte durante l’attività lavorativa sono differenti dalle posizioni statiche, quindi occorre ridefinire le dimensioni antropometriche. Il concetto di armonia delle dimensioni umane espresso nella sezione aurea ed applicato al workspace design unisce la richiesta strutturale a quella funzionale”
Il rapporto tra armonia e antropometria rappresenta senza dubbio un nuovo ed interessante punto di vista nel mondo della progettazione dell’Ergonomia Fisica. La base di questa riflessione è sita nell’idea che le dimensioni antropometriche sono divisibili in funzionali e strutturali. Le dimensioni strutturali sono quelle ottenute con il soggetto fermo in una posizione standard di riferimento e sono quelle più misurate, pubblicate e normate dalla comunità scientifica di riferimento. Lo standard ISO 7250-1, ad esempio, descrive le caratteristiche delle misure antropometriche e le corrette condizioni di misurazione, condizioni che prevedono sempre l’assunzione di posture statiche di riferimento al fine di garantire la correttezza del dato antropometrico. Le dimensioni funzionali, invece, sono quelle ottenute con il soggetto in varie posizioni mentre esegue un certo lavoro. Per ciascun compito c’è un diverso segmento corporeo che può essere considerato un elemento di transizione nell’armonizzazione del corpo umano con lo spazio di lavoro.
L’interessante tesi sostenuta dalla Prof.ssa Gielo-Perczak, è che la sezione aurea possa condurre all’armonizzazione delle caratteristiche di uno specifico design con la dimensione degli uomini.
La relazione tra armonicità e sezione aurea nelle proporzioni del corpo umano (quindi, di fatto, nel campo dell’antropometria) è stata, come detto in precedenza, ampiamente trattata in passato e ha ispirato alcuni capolavori della storia dell’arte.
Che cos’è la sezione aurea?
È una proporzione molto semplice: considerato un segmento generico, la sezione aurea si ottiene suddividendo tale segmento in due porzioni, in modo che il loro rapporto sia equivalente a quello tra il segmento più lungo e la lunghezza dell’intero.

 





La magia di questo numero si ritrova, per esempio, analizzando la serie di Fibonacci, in cui ogni numero viene ottenuto dalla serie dei due precedenti, e il valore del rapporto tra un numero e quello successivo si avvicina progressivamente al valore della sezione aurea.

 

 

In geometria, la sezione aurea si ritrova in molte figure geometriche. Una su tutte il pentagono stellato, simbolo della scuola pitagorica (e in seguito simbolo esoterico), il cui lato è la sezione aurea di una sua diagonale e il punto di intersezione tra due diagonali le divide ciascuna in due segmenti in rapporto aureo.
Nella Storia dell’Arte, la Venere di Botticelli viene rappresentata mantenendo il rapporto aureo tra l’altezza ed i due segmenti che la dividono all’altezza dell’ombelico. Leonardo da Vinci ripropone la sezione aurea, ad esempio, nel Cenacolo, dove Gesù è il solo personaggio dipinto con le proporzioni divine, e nell’Uomo Vitruviano.

 

 

Al di là dell’interesse culturale, l’interesse nello studio delle dimensioni (e proporzioni) del corpo umano e la sua relazione con l’idea di armonia e armonicità è precursore dell’Antropometria. Applicare questo concetto al Design potrebbe rappresentare un elemento realmente innovativo, poiché fornirebbe un nuovo criterio di progettazione ergonomica, ossia quello di inserire tale rapporto nel prodotto e relazionarlo opportunatamente alla variabile antropometrica d’interesse. L’ipotesi interessante è che il concetto di armonia estetica si trasforma in armonia funzionale, modificando e plasmando la percezione di utilizzo di un prodotto. Gli esempi riportati da Gielo-Perczak riguardano il dimensionamento corretto dei gradini di una scala e la progettazione di coltelli e bisturi chirurgici. Riguardo al design delle scale, lei afferma che quando il rapporto tra altezza e profondità di uno scalino si avvicina al rapporto aureo, la percezione delle persone che utilizzavano la scala migliora notevolmente. L’esempio dei coltelli industriali e dei bisturi, invece, riporta come l’utilizzo di un coltello in cui la dimensione della circonferenza dell’impugnatura di un coltello è dimensionata in relazione alla mano si trova in rapporto aureo con la lunghezza della lama (principale componente del design del coltello), si riveli la soluzione con percezione d’uso migliore. In aggiunta, per i bisturi, i valori più bassi delle forze applicate delle impugnature erano quelli dove il rapporto tra la lunghezza della lama e la circonferenza dell’impugnatura erano i più vicini al rapporto aureo.
In conclusione, nonostante l’Antropometria sia una sotto-disciplina dell’ergonomia ampiamente studiata e utilizzata nella prassi progettuale questo non significa che essa non necessiti (e non meriti) nuove riflessioni e nuovi spunti. In particolare, l’utilizzo del fattore dimensionale come elemento di design del prodotto rappresenta il prosieguo di un processo di rinnovamento dell’ergonomia che, pur partendo dal contesto ingegneristico-industriale in cui è nata e in cui si è a lungo sviluppata, sta crescendo come disciplina autonoma in grado di mettere insieme la cultura scientifica con la cultura umanistica e di contribuire alla definizione e al consolidamento di un’identità progettuale e professionale nel design di Prodotto.



Marco Mazzola


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MD Material Design
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ISSN 2239-6063

edited by
Alfonso Acocella
redazione materialdesign@unife.it

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