Già da qualche anno seguiamo l’attività di Raffaello Galiotto nel settore del design industriale, ne studiamo le evoluzioni, ci divertiamo nel lasciarci ammaliare dalle sue rinnovate idee per un design di qualità e insieme capace di rispondere alle esigenze del mercato contemporaneo e alla quotidianità dell’utente finale.Incontriamo nuovamente Raffaello in occasione della presentazione della nuova collezione LE PIETRE INCISE CURVE per LITHOS DESIGN per rivolgergli con piacere alcuni quesiti.
V.D.B.: Una produzione molto varia, per forme e per materiali di realizzazione, caratterizza i progetti da te firmati. Qual è il metodo che ti consente di affrontare tipologie così diverse?
R.G.: Personalmente cerco di affrontare ogni richiesta con curiosità e interesse sempre rinnovato e ciò mi porta a studiare, approfondire e capire di volta in volta i diversi problemi. Per me l’eterogeneità non è un disagio bensì un aspetto affascinante. A volte mi trovo a progettare articoli in plastica dove gli utenti finali che sono gli animali domestici e nello stesso periodo vasche in marmo per il mercato del lusso. Non mi sento di appartenere ad una categoria, forse la cosa che mi contraddistingue è la capacità di immedesimazione, in ciò mi sento un po’ attore. Perché no. L’importante è che ciò che si fa catturi l’interesse, l’emozione delle persone.
V.D.B.: Come descriveresti sinteticamente il tuo lavoro e la tua personale attitudine al mestiere di designer?
R.G.: Mi ha sempre affascinato il mondo creativo, soprattutto quello “artistico”, dove si producono le cose con le mani. Mi piace la matericità, il colore, la luce. Ho scoperto che proprio questi elementi hanno anche a che fare con l’industria che ne trae profitto e così cerco di trarne anch’io. Mi piace il mio lavoro e, come si dice, “mantengo la famiglia”. Fatico molto ma sono felice.
V.D.B.: Tra le tue qualificazioni aggiungi la qualità di “industrial” alla definizione di “designer”, ciò sottende un atteggiamento particolare, quale?
R.G.: La parola design ha molti significati diversi, io intendo connotare il mio lavoro di designer a quell’aspetto che ha a che fare con l’industria, alla produzione seriale di prodotti che vanno venduti nel mercato.
V.D.B.: Oltre alla vicinanza logistica, che cosa, quali interessi, ti hanno avvicinato alle industrie del comparto lapideo?
R.G.: Mi ha sempre affascinato il marmo perché ha a che fare con la scultura e l’architettura. È una materia straordinaria, irrepetibile, matrice di capolavori assoluti. Per progettarla e lavorarla bisogna avere un atteggiamento diverso, rispettoso, direi propriamente “di ossequio”. Rispetto ai materiali sintetici ha una nobiltà incomparabile. Non avrei potuto non tentare ripetutamente di propormi alle aziende di questo settore.
V.D.B.: Come descriveresti tale settore; quali le principali differenze rispetto agli altri campi produttivi nei quali ti muovi?
R.G.: Rispetto ad altri è un settore che trae profitto più dal commercio della materia che dalla lavorazione. Questo ha sempre spostato l’attenzione delle aziende alla quantità, ai metri quadrati. Oggi il mercato in Italia e in Europa è cambiato, non ci sono più le quantità di materia prima e i margini di profitto di qualche tempo fa. Ecco che comincia a diventare interessante anche un approccio trasformativo, dove la tecnologia e la creatività possono fare la differenza.
V.D.B.: Negli ultimi anni, dal tuo primo approccio al design litico a oggi, che cosa ritieni possa dirsi cambiato – se cambiato – in tale specifico settore di produzione?
R.G.: Come in tutte le cose sono i fatti che contano. Se prima era una mia convinzione che le cose potessero funzionare ora sono i fatti che lo dimostrano. Il ritorno economico dei progetti passati rende possibili investimenti che prima non lo erano. In sostanza c’è un atteggiamento di maggior fiducia nel design.
V.D.B.: L’esperienza di collaborazione condotta con continuità con l’azienda Lithos Design ti ha visto approdare alla realizzazione di molteplici, originali e suggestive collezioni. In che modo tale relazione ha segnato e incide tuttora sul tuo percorso?
R.G.: Il design non è fatto solo da chi lo pensa ma anche da chi lo fa. La Lithos Design è una realtà che ha creduto subito nel design e che investe in continui nuovi progetti. Questa avventura che prosegue ormai da diversi anni, ovviamente fa crescere anche me quale progettista: di volta in volta posso trarre esperienza dalle realizzazioni e dalle risposte del mercato.
V.D.B.: Come si è costituito e come si articola nello specifico il dialogo tra Lithos Design committente-imprenditore e la figura di Raffaello Galiotto progettista-designer?
R.G.: Le aziende sono fatte dalle persone e sono il rispetto e la fiducia reciproca a far funzionare i rapporti nonché a determinare il successo stesso dell’azienda. Con i fratelli Bevilacqua, Alberto e Claudio, ci si confronta abitualmente e passo a passo si individuano le strategie per il futuro. Non dimentichiamo che quasi sempre ogni prodotto comporta un investimento in macchinari specifici, possibilmente progettati ad hoc, condividendo i progetti fin dall’origine.
V.D.B.: Com’é nato il progetto “Le Pietre Incise” e in particolare come si è evoluto, quali i passaggi fondamentali e gli obiettivi futuri?
R.G.: Già da qualche anno stavo sviluppando elaborazioni sul tema delle superfici, immaginando di realizzarle su pietra, quando Claudio Bevilacqua mi chiese di sviluppare una ricerca proprio in quella direzione. Non mi sembrava vero, è stata una coincidenza eccezionale. Poi, dai primi prototipi si è passati ad un progetto vero e proprio, con investimenti in macchinari ed a una ricerca approfondita che è ancora in evoluzione.
V.D.B.: Quanta ricerca, dedizione e attenzione, richiede lo studio di una nuova linea di prodotti?
R.G.: È un impegno notevole che coinvolge tutti gli aspetti del processo creativo, produttivo commerciale... ogni nuova linea è frutto di un attento esame sugli investimenti e sulle sue reali potenzialità commerciali. Alla fine comunque a decidere è la convinzione dell’imprenditore, è una questione di fiuto. Non credo nei calcoli e nelle strategie estremamente pianificate. Ogni vera novità rompe gli schemi e fortunatamente sfugge alle previsioni del marketing.
V.D.B.: Come sei giunto a “Le Pietre Incise Curve”? Ritieni che tale importante passaggio dalla superficie alla forma tridimensionale e quindi alla relazione con l’elemento luce, possa essere oggetto di ulteriori evoluzioni?
R.G.: È sicuramente un aspetto nuovo, una sorta di quarta dimensione che può essere sviluppata ulteriormente.
V.D.B.: Tensione verso configurazioni formali che guardano alla “natura” oppure “classiche” e al contempo uso di tecnologia d’avanguardia: come si coniugano questi aspetti progettuali nella tua attività?
R.G.: Ben sappiamo quanto la bellezza classica sia ispirata alla natura, ciò che mi affascina maggiormente è il legame geometrico-matematico sottinteso a tali relazioni. È una sorta di ordine nascosto ma fondamentale. Forse è in questo che risiede il maggior margine di indagine possibile.
V.D.B.: Quando e come entrano le tematiche di sostenibilità ambientale nella tua ricerca?
R.G.: Il tema dell’ambiente è certo di grande attualità; purtroppo mi sembra che in alcuni casi sia tradotto solo in un’etichetta di facciata anche se attraverso di esso ma si giocherà comunque il nostro futuro. È un aspetto che va affrontato al di là dei temporanei incentivi o slogan propagandistici.
V.D.B.: All’interno dell’ADI svolgi un ruolo ufficiale. Tale posizione quali riflessioni ti conduce a realizzare rispetto alla situazione attuale del design in Italia e in particolare nel comparto del Nord-Est?
R.G.: Ritengo che la situazione attuale abbia fatto emergere in modo evidente che la nostra competitività si gioca sulla capacità di far emergere il lato positivo del Paese, ciò che in Italia si sa fare con più competenza. Il passato recente, soprattutto nel mio nord est si è investito sulla produzione di quantità, perché era più redditizia e facile. Ora lo scenario è cambiato e la qualità, il design, sono aspetti notevolmente più considerati. Credo che la cosa necessaria oggi sia far dialogare maggiormente l’industria con il mondo del progetto e della ricerca. Da una parte non va considerato il design come un costo ma come un valore, dall’altro i designer devono capire le necessità reali dell’industria o dell’artigianato, producendo progetti a misura e non calati dall’alto seguendo il falso mito del designer-star. Il nostro compito è quello di divulgare una cultura del design come sistema che coinvolge tutti gli aspetti, dal modo di pensare, al produrre al comunicare, al vendere, al riciclare.
V.D.B.: Cosa pensi della promozione della cultura del design attuata nel nostro paese?
R.G.: Penso che ci sia molta confusione, e che spesso si chiami “design” anche ciò che non lo è propriamente. Vedo molte mostre e sperimentazioni patrocinate o sponsorizzate anche da enti pubblici che, diciamo, non conducono a nulla. Vedo molti giovani cadere nella trappola illusoria del design come “arte” o mera espressione del proprio io. Manca invece la seria promozione di un design che risponda alle reali necessità dell’utente. Un design che renda i prodotti più sicuri, più comodi, più economici e rispettosi dell’ambiente.
V.D.B.: Quale consiglio ti senti di lasciare alle aziende e ai produttori industriali italiani in questo particolare momento storico?
R.G.: Abbiate fiducia dei giovani designer, adottateli, facendo loro capire il mondo produttivo e commerciale del quale poco hanno appreso durante il percorso di studio. Saranno loro la vera risorsa in un mondo in continua evoluzione.
a cura di Veronica Dal Buono