Elisa Poli ha incontrato a Londra il critico Gian Luca Amadei per parlare del suo ultimo libro sul design. Un'opera anticonvenzionale che illumina trasversalmente la storia di un paese e delle sue protagoniste.
Gian Luca Amadei è noto nel mondo dell'architettura per essere il Product Editor della storica rivista londinese Blueprint. Italiano ormai naturalizzato inglese, questo eclettico scrittore, ha dato alle stampe, poco più di un anno fa, un interessante volume, di taglia contenuta, grafica ineccepibile e tematica allettante. Il libro, presentato durante la London Design Week 2009, ha avuto larga eco nel mondo anglosassone anche grazie a due aspetti di forte novità: l'oggetto della narrazione riguarda il mondo del design di un paese in rapida evoluzione, la Polonia, ed il soggetto presentato sono le fortissime e bravissime designer polacche. Discovering Women in Polish Design: Interviews and Conversations è un progetto relazionale, mille miglia distante dal classico volume compendiario sugli oggetti presentati da un gruppo di progettisti di un dato paese, ad una data epoca. Questo è un libro diverso.
Colpisce immediatamente l'apparente ossimoro tra la collocazione del libro nell'ambito disciplinare del design e l'esplicita dichiarazione del titolo che prefigura una trattazione alquanto anticonvenzionale della materia. L'autore ha infatti deciso di presentare al pubblico un percorso, un arcipelago di storie che suggeriscono, anzi indicano, modalità di
interazione con il tema del design che travalichino la semplice esistenza dell'oggetto prodotto. Non cose ma storie, percorsi complessi e poliedrici in cui il design funge da elemento focale ma non univoco nella costruzione di progetti autoriali altamente sofisticati e poco conosciuti.
Resterà deluso il lettore in cerca di un catalogo di oggetti: qui le splendide fotografie opera di Dario Lombardi hanno come soggetto principale le designer nel loro ambiente di elezione (o di produzione) e sono un mezzo fondamentale per entrare in quella domesticità a cui Amadei, con le sue interviste, fa spesso riferimento. Il libro è un luogo intimo, vitale, in bilico tra lo spazio pubblico e quello privato delle molte realtà raccontate. Vicende diverse e un unico comun denominatore: la ricca presenza di figure femminili nel panorama creativo della Polonia.
E.P Gian Luca, un incontro altamente anticonvenzionale, un po' come il tuo libro. Ci troviamo alla British Library dove conduci parte delle tue ricerche per la tesi di dottorato che svolgi su di un tema, a mio avviso, davvero intrigante "Dead Spaces: Contemporary Urban Burials and the Politics of London’s Victorian Necropolises". Sembra che tu ti muova con disinvoltura in un ambito di totale crossover, dal design contemporaneo alle tipologie funerarie di fine Ottocento. Questa specifica attitudine è l'ingrediente segreto del tuo libro che parla di percorsi e seleziona modalità più che semplici oggetti. Ti riconosci in questa definizione?
G.L.A. Sono interessato alla natura e comportamenti umani, in particolare attraverso il design e l’architettura. Mi incuriosisce capire le ragioni, passioni ed ossessioni che spingono le persone a fare quello che fanno. Piu’ che i risultati finali, quali gli oggetti di design o gli edifici, sono interessato ai percorsi, ai processi, alle coincidenze ed agli errori che, conseguentemente, conducono a delle mete inaspettate.
E.P Da dove nasce la tua curiosità per la realtà creativa polacca? Come sei venuto a contatto con questo ambiente tanto fertile quanto ancora poco conosciuto in ambito italiano?
G.L.A. Subito dal mio primo viaggio a Varsavia nel 2008 ho registrato un fermento di energia creativa in Polonia e da allora quella sensazione e’ andata crescendo a livello esponenziale ad ogni mia visita. Tutto è iniziato nel settembre del 2007, a Londra, quando incontrai allo showroom Moroso, Magda Lubinska, fondatrice di Moho Design, una donna con una carica impressionante ed una sensibilità nei confronti del design - in termini di funzionalità ed estetica - che coniuga tradizione e contemporaneità. Fù lei ad invitarmi a visitare la Polonia ed a scoprire la nascente scena del design.
E.P L'anno del design polacco ha portato la mostra londinese “Young Creative Poland” anche a Milano, presso la Triennale, dove il pubblico si è finalmente confrontato con un nuovo universo creativo. Ma qual è la specificità del design polacco?
G.L.A. “Young Creative Poland” ha portato alla ribalta internazionale un gruppo di creativi che appartengono ad una certa corrente di designers polacchi interessati ad innovare ed esplorare nuovi linguaggi estetici e formali. Tuttavia esiste un’altra corrente interessata a rielaborare e rivitalizzare alcuni elementi estetici e materiali radicati in tradizioni e processi produttivi locali.
Al di la di questa distinzione, che comunque non vuole intenzionalmente categorizzare la scena creative contemporanea in Polonia, c’e’ un ambiente di fondo che sembra distinguere a mio avviso i creativi polacchi: la loro passione, entusiasmo e forza nel voler ricercare, sperimentare e produrre, e soprattutto attraverso il design, voler cambiare il proprio paese.
E.P Donne, tante e molto competitive: perché la Polonia ha investito su di loro e perché loro hanno investito nel design?
G.L.A. Solo recentemente il governo polacco si è reso conto dell’importanza dell’industria del design e non solo da un punto di vista commerciale, ma culturale, sociale ed educativo.
Le donne in Polonia storicamente sono sempre state coinvolte nel design, basti solo pensare che quando l’istituto del design industriale fu fondato a Varsavia nel 1950 su iniziativa del regime comunista, fù una donna ad esserne a capo: Wanda Telakowska.
E.P Dalle interviste emerge una molteplicità di esperienze, posizioni, ambizioni: puoi descriverei un incontro che ti ha colpito rispetto a questa premessa. Una storia tra le storie del tuo libro?
G.L.A. Ognuna delle interviste e testimonianze raccolte ha un suo posto speciale nella mia memoria. Forse, però, tra tutte ricordo in modo particolare la prima intervista ad Eva Golebiowsca. È stato dopo la sua intervista che mi sono trovato a pensare che dovevo assolutamente far materializzare il progetto, per condividere con altri queste preziose storie di esperienze umane.
E.P Un libro, una pagina Facebook molto frequentata, una mostra sul design che potrebbe concentrarsi maggiormente sul tema delle donne: quali progetti stai prefigurando per portare avanti la tua inchiesta?
G.L.A. Al momento devo concentrare le mie energie sulla mia ricerca e tesi di dottorato, comunque spero di poter presto ulteriormente sviluppare il dialogo aperto con i creativi polacchi. Mi piacerebbe ritornare e visitare alcuni degli studi per capire come la situazione sta evolvendo.
di Elisa Poli