Caratteri mobili da stampa.
Incarnazioni bidimensionali. Libri di carta
Come abbiamo appena evidenziato, per assumere un valore tangibile ed esercitare un’azione causale nel mondo delle cose, i prodotti astratti della mente umana devono esprimersi linguisticamente, incontrando la materia e “incarnandosi” in essa.
Per molti degli oggetti fisici l’assetto finale costituisce il risultato più importante; in questo caso è l’oggetto in sé a rappresentare in estrema sintesi un contenuto e una funzione, attraverso una configurazione materica e formale; per altri oggetti, invece, la materia rappresenta un supporto complementare per la visualizzazione di contenuti astratti che conservano maggiore complessità, importanza e autonomia. È il caso – ad esempio – dei libri in cui teorie, riflessioni, componimenti e narrazioni di ogni genere trovano visibilità grazie a lettere, numeri, simboli, segni grafici appartenenti ad innumerevoli linguaggi, “depositati” e resi sensibili sulla superficie della carta.
Eccoci giunti, cosi al primo incontro con l’universo di carta che costituisce il tema d’approfondimento di questo volume e della stessa esperienza didattica dell’A.A. 2011-2012 legata al Laboratorio di Metodologie per la definizione di progetto di cui si riportano gli esiti nelle pagine che seguono.
Libri, dunque, come incarnazione di prodotti astratti della mente, depositati sugli strati fisici delle fibre a base cellulosica; libri come prodotti emblematici del regno bidimensionale della carta stampata, che ha caratterizzato e segnato culturalmente tutta l’epoca moderna e contemporanea; libri come oggetti in cui il rapporto fra immaterialità (astrattezza dei contenuti) e materialità (fisicità del prodotto) è fra i più intriganti e ambivalenti.
Più volte nel tempo ci siamo chiesti del significato autentico – dell’essere – di questi oggetti fisici, spesso sovrastati e per certi versi “spiazzati” dal loro contenuto intellettuale immateriale. Così scrive al riguardo George Berkeley:
«Leggendo un libro quello che io percepisco immediatamente sono le lettere, ma mediatamente, ossia per mezzo di queste, vengono suggerite al mio pensiero le nozioni di Dio, della virtù, della verità ecc. Ora, è certo che le lettere sono davvero cose sensibili, ma vale lo stesso delle “cose suggerite dalle lettere”»1.
Il libro ha bisogno della carta per materializzarsi. Il prodotto astratto della mente necessita delle pagine, delle lettere e dei costrutti linguistici per conseguire evidenza e trasmissibilità; ma il contenuto intellettuale che precede la composizione linguistica e la stampa del volume è immateriale, si colloca altrove, esso permane in uno stato di fluidità, di volatilità inafferrabile.
Questi artefatti di carta – su cui si “depositano” prodotti immateriali, ma assolutamente reali in quanto capaci di produrre effetti causali sui processi mentali, sulle esperienze, sugli stessi oggetti fisici del mondo – sono contrassegnati da una caratteristica particolare: la bidimensionalità del supporto materico capace di assicurare fruibilità, leggibilità ai contenuti. Solo attraverso la piegatura e la stratificazione dei fogli, la carta acquisisce lo statuto del prodotto-libro con il suo carattere tridimensionale.
Città Sottili 2005. muro-diaframma di Aldo Aymonino + studio dAM.
Gli strati sottili di carta si sono docilmente prestati da almeno cinquecento anni ad essere tagliati, stampati, rilegati secondo i saperi e le maestrie dell’arte libraria. Oggi – in un’epoca in cui il design è diventato pervasivo e onnipresente – parliamo di design del libro che, per dirla con le parole di Bruno Munari, investe «non solo la progettazione grafica della copertina di un libro o di una serie di libri, ma anche la progettazione del libro stesso come oggetto. E quindi: il formato, il tipo di carta, il colore dell’inchiostro in rapporto al colore della carta, la rilegatura, la scelta del carattere tipografico secondo l’argomento del libro, la definizione della giustezza del testo in rapporto alla pagina, la posizione della numerazione delle pagine, i risguardi, il carattere visivo delle illustrazioni o fotografie che accompagnano il testo, e via dicendo»2.
Il design del libro – possiamo affermare – continua a parlare attraverso la materia del prodotto (anzi le materie al plurale: carta, inchiostri, colle...) soggiacendo alla legge di gravità che lo riporta, in quanto oggetto fisico, sempre a terra: sui tavoli, negli scaffali delle biblioteche, nelle mani dei lettori. La disseminazione e la ricezione dei prodotti astratti (ovvero i contenuti) proseguono – ineffabili – il loro lievitare: liberi, eterei, fluidi, leggeri, immateriali.
Nell’attuale nuova temperie della Net Economy, con l’insidia portata al mondo della carta stampata dall’universo digitale, i prodotti astratti non sembrano preoccuparsi più di tanto. La loro autonomia e indifferenza al supporto materico li mette al sicuro, anche se al mondo di carta rimarranno, sicuramente, ancora a lungo affezionati e legati.
Foliazione del volume architettura di Pietra di Alfonso Acocella.
Incarnazioni tridimensionali. Oggetti di cartone
Da sempre gli utensili, gli oggetti domestici, gli arredi, gli stessi artefatti di grande dimensione come l’architettura o le opere di ingegneria sono testimoni (e “termometri” sensibili) della società che cambia in funzione dei mutevoli cicli economici, delle capacità tecnologiche di trasformazione delle materie, delle visioni culturali e degli stili di vita che evolvono nel tempo.
In ogni epoca gli oggetti raccontano chi siamo e come cambiamo nel tempo insieme a loro attraverso la scelta delle materie e delle forme che le nostre mani – o gli utensili automatici delle macchine – possono modellare. Gli oggetti, quindi, figli delle diverse epoche, di ciò che evolve nelle società, in noi e intorno a noi.
Considerando i cambiamenti della società in avvio del terzo millennio, vorremmo soffermarci su alcune significative mutazioni epocali che ci hanno spinti progressivamente verso nuovi valori: dalla lunga durata alla temporaneità; dalla solidità (leggibile spesso come pesantezza) alla leggerezza; dal consumo di risorse non riproducibili nel tempo alla valorizzazione di materie naturali e rinnovabili.
Non è più il tempo della lunga durata (della tradizione, della memoria, della storia) che legava saldamente fra loro – attraverso ponti e collegamenti oggettuali – varie generazioni d’individui; è facile verificare come l’essere attuale degli stili di vita, degli oggetti e addirittura delle architetture sia sempre più basata su una nozione di tempo breve e istantaneo, su di una visione esistenziale legata unicamente alla dimensione dell’oggi.
Nella società attuale l’ideologia del presente ha acquistato forza e pervasività, modificando l’esperienza individuale e collettiva del tempo che si fa viepiù accelerata, intermittente e frammentata, esplicandosi progressivamente attraverso eventi ed atti esperienziali parziali, istantanee e spesso superficiali.
Insieme all’accelerazione del tempo, all’egemonia del presente e alle abitudini di vita scandite con crescente frequenza da attese e da eventi temporanei, un ulteriore aspetto caratterizzante della società attuale è legato all’idea di leggerezza.
Due concezioni si sono evolute parallelamente nei secoli: l’una – maggioritaria sotto il profilo quantitativo – ha dato valore al peso, rimarcando ed apprezzando la solidità che comunemente ad esso si associa; l’altra ha teso a configurare gli oggetti come artefatti leggeri grazie ad un’operazione di sottrazione della materia, di riduzione di quest’ultima alla minima quantità, distribuita lungo le superfici-forma dei corpi.
In chiusura del Novecento, nelle Lezioni americane, Italo Calvino – sia pur dalla particolarissima prospettiva linguistico-narrativa – addita la leggerezza fra i valori da preservare e, soprattutto, da valorizzare nel nuovo millennio: «Dedicherò la prima conferenza all’opposizione leggerezza-peso, e sosterrò le ragioni della leggerezza»3.
Della non più apprezzata solidità e pesantezza degli oggetti – metafore della società industriale moderna – ci ha parlato invece, più recentemente, Zygmunt Baumann indicando il loro essere, oramai, categorie “perdenti” a fronte dell’emergente ricerca di leggerezza, di fluidità, di mobilità dei corpi nel mondo globalizzato4.
Ecco allora la leggerezza prevalere, come valore cardine (anziché apparire difetto o carenza) di una società ormai immateriale; leggerezza degli oggetti, dei corpi, degli stessi stili di vita, con uomini liberati da pesi, vincoli e legami.
Si spiegano e si affermano, così, oggetti (di piccola, media e grande scala), leggeri e portatori di un messaggio fortemente temporalizzato; prodotti del “qui ed ora”, con attese minime, predisposti per un’esistenza breve, spesso low cost.
Posti in evidenza alcuni dei “nuovi” valori della società in avvio del terzo millennio non è difficile intravedere in essi il contesto più generale in cui si inscrivono le motivazioni della “fortuna” di materiali leggeri tra cui il cartone assurto, negli ultimi decenni, a nuova vita e inediti usi in campi applicativi impensabili fino a qualche decennio fa. Tale materiale a base di fibre di cellulosa, multiforme, flessibile e disponibile ad un uso facile e amichevole, suggerisce istintivamente un’idea di leggerezza, in un mondo in cui la vita dell’uomo – al di là di ogni attesa o pretesa levità – è condizionata dalla pesantezza delle cose.
Il cartone si presenta oggi sul mercato attraverso una vasta scelta di tipologie e declinazioni di prodotti disponibili all’azione creativa di architetti, designer, artisti e creativi in generale. Quest’ampia gamma di tipologie di semilavorati e prodotti tradizionali o innovativi, unita ai costi molto competitivi, consente a cartoni e cartoncini di essere presenti e apprezzati in molti settori applicativi; non solo quelli già consolidati da tempo – come l’editoria, l’imballaggio seriale, il packaging specializzato – ma anche in settori inimmaginabili fino a qualche decennio fa, come il fashion design, l’interior e l’exhibition design, l’arredamento, l’architettura stessa.
Nei materiali cellulosici leggerezza, naturalità e sostenibilità ambientale sono intimamente associate, veicolando anche altri valori emergenti nella società attuale. La materia d’origine per la realizzazione di fogli, pannelli, tubi di cartone proviene infatti da fibre ricavate da alberi di foreste a taglio programmato (e quindi, rinnovabile) o da carta e cartone riciclati a seguito della forte crescita della raccolta differenziata nei paesi industrializzati; in tale contesto l’Italia occupa una posizione di rilievo, con la sua filiera di recupero promossa e coordinata dal COMIECO.
Nel recente processo di valorizzazione di carta e cartone verso impieghi e non convenzionali, un ruolo di forte sostegno alla ricerca e all’innovazione è stato svolto da due realtà associative di diversa natura costitutiva e vocazione territoriale: COMIECO (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base cellulosica) che ha promosso ricerche e sperimentazioni in collaborazione con molte realtà universitarie e con la cultura artistica e progettuale; LUCENSE (Società Consortile per Azioni no profit) attiva nel comprensorio industriale cartario di Lucca e impegnata da circa vent’anni nei processi di certificazione di qualità e di innovazione dei materiale cellulosici.
La LUCENSE ha varato nel 2001 il progetto Città sottili. Luoghi e progetti di cartone, manifestazione culturale biennale, il cui titolo è un esplicito omaggio a Italo Calvino e la cui cura è affidata a Pietro Carlo Pellegrini.
L’esperienza, ancora in corso, confluita oggi nella creazione della start-up 55100, si è costituita progressivamente come un vero e proprio laboratorio d'idee progettuali e di sperimentazione applicativa del cartone per istallazioni architettoniche temporanee, allestimenti, elementi di arredo di spazi pubblici e privati (muri e pareti divisorie d’interni, sedute, tavoli, lampade, contenitori...). Nell’arco di un decennio Città sottili ha dimostrato che l’uso del cartone può essere profondamente innovato attraverso una sperimentazione progettuale e una prototipazione in scala reale, radicata in una rete di competenze e di collegamenti tra il settore produttivo-trasformativo del materiale e i mondi del design di prodotto, dell’interior e dell’exhibition design.
Prototipi di espositori in cartone per la mostra Paper Design. Università di Ferrara, Corso di Laurea in Design del Prodotto Industriale, Laboratorio di Metodologie per Definizione di Progetto, a.a. 2010-11, studentessa Veronica Piazza.
L’esperienza del Paper Design fra ricerca e didattica
Nell’Università di Ferrara, da qualche anno, il Paper Design è stato inscritto sia all’interno delle ricerche del Laboratorio Material Design, sia nelle attività formative di Metodologie per definizione di progetto rivolte agli studenti del primo anno del Corso di laurea in Design del prodotto industriale. Paper Design, quindi, come ambito tematico di studio, confronto e trasferimento di conoscenze fra docenti, ricercatori, visiting teachers, produttori, studenti.
Per l’A.A. 2011-2012 il lavoro è stato indirizzato verso la prefigurazione di un metaprogetto di mostra sul Paper Design da allestire negli spazi di Palazzo Tassoni Estense, sede di rappresentanza del Dipartimento di Architettura ferrarese.
Dopo una fase iniziale in cui i docenti sono stati impegnati nella trasmissione di conoscenze, metodi e strumenti di studio, una fase intermedia di ricerca è stata svolta in comune con gli studenti e ha portato alla ricomposizione di una vasta documentazione sul tema; da ultimo docenti e ricercatori si sono assunti il compito di prefigurare un concept di ordinamento e di allestimento della mostra stessa, mentre agli studenti è stato assegnato il compito di sviluppare il design della comunicazione delle sezioni tematiche espositive da loro stessi proposte. Tale fase finale è stata incentrata sulla prefigurazione di un kit comunicativo costituito da diversi format in carta e cartone, da progettare e da realizzare attraverso un’attività di autoproduzione, trasformando cosi gli studenti in veri e propri makers.
Ancora una volta, come ha efficacemente annunciato Popper, l’immaterialità dei prodotti astratti (i linguaggi, le narrazioni testuali e iconografiche, il progetto di graphic design posto a dare visibilità all’idea di mostra) e la matericità dei format di carta e cartone si sono ripresentate in tutta la loro ambivalenza, dialettica interna e reciproco autosostegno.
Paper Design. Metodologia di definizione di un progetto di mostra in Palazzo Tassoni Estense.
L’incipit dell’esercitazione progettuale consegnata agli studenti segnala l’avvio del processo indirizzato alla contestuale elaborazione di prodotti astratti e di prodotti fisici: «La mostra è lì pronta a parlare di se stessa nello spazio di Palazzo Tassoni Estense. Ci piace immaginare di aver attraversato e superato tutti gli ostacoli legati alle varie tappe e fasi connesse al reperimento delle risorse economiche, alla ricerca documentale inerente il tema del Paper Design, all’acquisizione dei pezzi da esporre fisicamente nel “Salone passante”, alla predisposizione del progetto di allestimento.
Immaginiamo per un momento la mostra con gli occhi socchiusi dei visionari, come fosse materializzata nello spazio oblungo e sfondato di Palazzo Tassoni Estense, attraverso una materioteca che esibisce i mille tipi di carta e cartone, una serie di oggetti tridimensionali emblematici del buon design (sedie, tavoli, borse, librerie...), pannelli a stampa posti a documentare quanto non è esposto fisicamente, proiezioni video che raccontano i processi produttivi.
In ingresso, un lungo nastro di carta rossa è lì, pronto per essere tagliato nel momento dell’inaugurazione, lasciando affluire – incuriosito e copioso (ci si augura sempre) – il pubblico dei fruitori.
Ma attraverso quali dispositivi i visitatori verranno a conoscenza dell’esistenza della mostra stessa? Attraverso quali meccanismi saranno coinvolti e attratti a portarsi “verso” l’evento?
Poi ancora una domanda: come potrà il pubblico, dopo la visita, mantenere la memoria dell’esperienza fruitiva e degli oggetti fisici contenuti nell’esposizione?
Ecco allora riapparire, in tutta la sua importanza, il mondo dei segni e dei linguaggi “incarnati nella carta”, capace di anticipare, o mantenere in vita al futuro, (a distanza di spazio e di tempo) cose non più presenti».
Alfonso Acocella
Note
1 In Karl R. Popper, op. cit., p. 9.
2 Bruno Munari, Da cosa nasce cosa, Bari, Laterza, 2009 (tit. or. 1981), p. 31.
3 Italo Calvino, Lezioni americane, Milano, Mondadori, 1993, p. 7.
4 Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Bari, Laterza, 2002 (tit. or. Liquid Modernity, 2000), pp. 270.
Il presente saggio è tratto dal volume di Lab MD MaterialDesign Comunicare idee con carta e cartone, (a cura di Alfonso Acocella), Lulu edizioni, 2012, pp. 88.