Giovanni Tesconi, portacandela in marmo bianco per Officina, 1968
Dal 13 giugno al 1° Novembre 2015, presso la Fondazione Ragghianti di Lucca, è possibile visitare la mostra Creativa Produzione. La Toscana e il design italiano 1950 – 1990.
Curata da Gianni Pettena, Davide Turrini e Mauro Lovi, l’esposizione ripercorre quarant’anni di design in Toscana in maniera innovativa, mediante l’analisi della produzione delle numerose imprese che, sparse per la regione, hanno dato un contributo fondamentale allo sviluppo del design industriale italiano.
Vengono analizzate le vicende produttive di diciassette aziende, specializzate nei più svariati campi, dalla ceramica, al cristallo, al vetro, all’arredo in legno e agli imbottiti. Accanto a vicende produttive molto note, come quelle di Poltronova, Martinelli Luce o della storica Manifattura Richard Ginori, oggi rinata a nuova vita grazie all’intervento del gruppo Gucci, vengono indagate anche realtà meno conosciute ma non per questo meno significative. È il caso, per esempio, di Officina, Fucina, Casigliani, Up&Up e Ultima Edizione, tutte aziende specializzate nella produzione di arredi in marmo. Questo materiale che, a una prima e disattenta impressione, può sembrare uno dei meno adatti per l’impiego nel campo dell’arredamento, venne invece utilizzato dalle aziende citate per produrre alcuni oggetti che sono entrati di diritto nella storia del design italiano della seconda metà del Novecento.
Lella e Massimo Vignelli, Metafora #2, gioco componibile in travertino per Casigliani, 1979
L’impiego del marmo per la produzione di elementi d’arredo ebbe in Italia, già a partire dagli anni Trenta del Novecento, uno sviluppo deciso, certamente superiore a quanto avvenne negli altri paesi europei. Ciò accadde fondamentalmente a causa delle politiche autarchiche del Fascismo, tese a valorizzare i materiali di produzione nazionale, sia per l’amplissima disponibilità sul territorio italiano, dove spiccava il bacino di estrazione apuo-versiliese.
Tuttavia, fu con gli anni Sessanta che avvenne il decollo di diverse realtà toscane, tutte localizzate tra le province di Massa-Carrara e di Lucca, che progettavano e producevano arredi e oggetti in marmo.
Se all’inizio si trattava di un fenomeno essenzialmente sperimentale, come testimoniato dall’intensa ma breve vita di Officina, con la fine del decennio iniziarono a nascere aziende più solidamente strutturate anche da un punto di vista economico e finanziario, come Up&Up, nel 1969, e Fucina, nel 1972.
Renato Polidori, ciotola Morgana e vaso Vagli per Fucina, 1975-76
Fondamentale, fin dall’inizio, fu la collaborazione con progettisti di talento. Molte volte erano nomi già affermati nel campo del design, come ad esempio Angelo Mangiarotti, che lavoravano con Officina fin dal 1966, altre volte si trattava di giovani come Pier Alessandro Di Rosa ed Egidio Giusti, attivi nella Up&Up subito dopo la laurea conseguita presso l’Università di Firenze. Nel corso degli anni Settanta, le esperienze di queste aziende erano le più innovative del settore e intessevano fruttuosi rapporti con progettisti del calibro appunto di Mangiarotti, Sergio Asti e Tobia Scarpa. Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta iniziarono ad operare ulteriori nuove realtà come Casigliani e Ultima Edizione.
Giulio Lazzotti, tavolo Grata per Up & Up, 1978
Col finire del secolo, si è assistito alla scomparsa di alcune delle aziende che hanno fatto la storia della produzione di arredi in marmo. Tuttavia, altre, come la UpGroup, erede diretta della Up&Up, continuano ancora oggi ad operare con successo nel solco di quanto iniziato nella seconda metà degli anni Sessanta del Novecento.
Nel ricchissimo catalogo della mostra, curato da Davide Turrini con Elisabetta Trincherini, accanto a saggi introduttivi e alle schede delle opere in mostra, sono presenti dettagliate presentazioni sulle varie realità aziendali che permettono di ricostruirne la vita e lo sviluppo del processo produttivo, analizzando storie fino ad oggi pressoché ignote al grande pubblico e alla quasi totalità degli addetti ai lavori. Prima tra tutte, come detto, Officina che nasce intorno alla metà degli anni Sessanta in Versilia per volontà di Erminio Cidonio, già amministratore unico della Henraux, grande azienda marmifera con sede a Pietrasanta. Officina realizzava arredi lapidei connotati da una forte spinta sperimentale, disegnati da alcuni dei maggiori artisti e designer del periodo, come Lorenzo Guerrini, Giò Pomodoro e Angelo Mangiarotti, autore della celeberrima serie Variazioni, del 1966, con la quale realizzò, basandosi sul concetto della sagoma a contorno libero, un copioso gruppo di vasi.
Adolfo Natalini, centrotavola Intreccio per Up & Up, 1987-88
Il testimone di Officina viene raccolto nei primi anni Settanta da Fucina. Quest’ultima nacque presso Seravezza, per volontà dell’imprenditore Nilo Pasini come divisione per la lavorazione del marmo del già affermato marchio Skipper. Rispetto ad Officina, in Fucina era presente anche una forte organizzazione imprenditoriale: in questo modo si passava da una dimensione puramente sperimentale ad una propriamente industriale.
Nel 1969 viene fondata la Up&Up di Massa che, già nel nome, invitante all’ottimismo e in lingua inglese, esplicita la volontà di aprirsi alle novità e alle sperimentazioni. In questa realtà i giovani architetti Pier Alessandro Giusti ed Egidio Di Rosa disegnavano in prima persona e curavano la direzione artistica. Negli anni la Up&Up diventa un vero e proprio epicentro internazionale delle sperimentazioni litiche collaborando con designer e architetti del calibro di Andrea Branzi, Achille Castiglioni, Michele De Lucchi e Adolfo Natalini.
Pier Alessandro Giusti e Egidio Di Rosa, vasi Esagono per Ultima Edizione, 1984
Nel 1984 Giusti e Di Rosa aprono Ultima Edizione, ulteriore realtà massese dedicata al design del marmo che collabora tra gli altri con Ettore Sottsass. Nella produzione aziendale coesistevano tendenze più ancorate alla tradizione con altre più aperte alla sperimentazione. Questa tendenza era testimoniata anche dal disegno avveniristico della sede societaria, localizzata nella zona industriale apuana e pensata come una sorta di manifesto programmatico per l’attività aziendale.
Paolo Tilche, piccoli vasi Omaggio a Morandi per Casigliani, 1978
Ancora all’interno della zona marmifera apuo-versiliese, una delle più estese ed importanti del mondo, precisamente a Pietrasanta, operava Casigliani, nata per iniziativa dell’imprenditore Maurizio Casigliani. Fondamentale fu l’incontro tra quest’ultimo e i designer di origine italiana Lella e Massimo Vignelli avvenuto a New York, città sede dello Studio Vignelli. L’azienda cominciò a svolgere la sua attività produttiva nel 1979 quando vide la nascita il tavolo Metafora #1, disegnato dai Vignelli. Maurizio Casigliani partecipava sempre direttamente al processo creativo, fungendo da prezioso tramite tra i progettisti e gli artigiani. L’attività dell’impresa, della durata di circa venti anni, vide l’apporto, oltre che dei Vignelli, anche di altri designer di fama, come Gianfranco Frattini, Giulio Lazzotti, Richard Meier, Giotto Stoppino e il gruppo Site.
di Costantino Ceccanti