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Il design litico.
I progetti e i prodotti in due mostre degli anni ’80

11 Febbraio 2013


Gae Aulenti, dettaglio di  Jumbo, tavolo in marmo prodotto da Knoll, 1964

La storia del design litico italiano è problematica e sfaccettata; mai fino ad ora ricostruita in modo sistematico, essa attraversa la modernità e arriva all’epoca contemporanea caratterizzandosi per la ricchezza di opere e autori, nonché per i molteplici aspetti peculiari e per certi versi contraddittori. La sedimentazione delle fervide sperimentazioni industriali applicate alla pietra sviluppate tra gli anni ’60 e gli anni ’80 del secolo scorso, nelle esperienze del design minimalista dei ’90, consegna ai materiali lapidei in avvio del terzo millennio una molteplicità di declinazioni progettuali e produttive, rispetto alle quali un bilancio complessivo deve ancora essere scritto.
Il contributo si concentra su due eventi espositivi, connessi ad altrettanti momenti di dibattito e ricerca, determinanti per comprendere lo scenario attuale del design in pietra.

Marmo Tecniche e Cultura, Milano, 1983.
Dibattito e ricerca tra arte, architettura e design
La mostra “Marmo Tecniche e Cultura” è ordinata da Giuliana Gramigna, Sergio Mazza e Pier Carlo Santini e si tiene all’Arengario di Milano nel dicembre del 1983.
L’evento, centrale per lo sviluppo del design litico italiano degli ultimi decenni del Novecento, ha l’obiettivo di richiamare l’attenzione del grande pubblico sulle qualità delle pietre e dei marmi e sui loro significati culturali; i curatori presentano una serie di opere declinate nei settori della scultura, dell’architettura e - soprattutto - del design di prodotto, proponendo molteplici tipologie di sperimentazioni tecniche e di temi formali e funzionali. L’auspicio ultimo della rassegna è quello di stimolare ulteriormente il dibattito e la ricerca inerente le evoluzioni produttive dei materiali lapidei.


Franco Albini e Franca Helg, progetto per il pavimento in marmo del Ritrovo Sportivi Shell alla Valletta Cambiaso, Genova, 1954-61

Il percorso espositivo, e conseguentemente la trattazione del catalogo, si dipanano a partire dall’analisi dell’opera di artisti come Guerrini, Noguchi e Adam che vivono un rapporto stretto e diretto con la materia litica; vengono poi presentate sculture di Pietro Cascella, Gigi Guadagnucci, Francesco Somaini e Giò Pomodoro, realizzate tra gli anni ’70 e gli anni ’80 e rappresentative di diversi approcci espressivi ed operativi nei confronti della pietra e del marmo.
La sezione dedicata all’architettura presenta le realizzazioni litiche degli anni ’30 di Giovanni Muzio e Giuseppe Terragni, per approdare alle opere dei BBPR, di Gardella, Albini, Zanuso e Carlo Scarpa costruite tra l’immediato dopoguerra e i primi anni ’80.
Sculture e architetture vengono documentate sottolineando le peculiarità del rapporto tra artefice e macchina, tra materiali e lavorazioni più o meno seriali; individuando gradazioni di incidenza e dinamiche di interazione variabili tra artigianato e industria, ancora oggi valide per analizzare la fenomenologia del design litico1.


Renato Polidori, libreria Biblos, marmo, produzione Fucina per Skipper, 1976

La parte preponderante dell’allestimento è dedicata al design e muove concettualmente dalla valorizzazione delle sperimentazioni degli anni ’60, lette come momento di avvio di un importante dibattito teorico-critico sulle possibilità di rinnovamento dell’oggetto o del mobile lapideo; tali esperienze portano a rilevanti ricadute in termini produttivi per tutti gli anni ’70, fino agli anni ’80 con i pezzi litici realizzati dai più importanti produttori dell’arredamento italiano come Knoll, Cassina, B&B e Danese e con le collezioni contrassegnate da veri e propri marchi dedicati del design in pietra come Skipper, Up & Up, Casigliani, Ultima Edizione e Primapietra.
Descrivendo questo fenomeno, nel saggio del catalogo dedicato al design, Pier Carlo Santini sottolinea la centralità dell’esperienza culturale e operativa di Officina, che nasce a Pietrasanta, ma si sviluppa in una prospettiva di contatti internazionali in cui si intrecciano diverse storie personali: quella di Erminio Cidonio - a capo della sede apuo-versiliese della multinazionale dei lapidei Henraux per tutti gli anni ’60 - e quelle di artisti, designer, galleristi e critici d’arte militanti come lo stesso Santini.
Cidonio, promotore di una breve ma intensa stagione di sintesi tra sperimentazione progettuale e spirito imprenditoriale, invita al cantiere d’arte di Officina rappresentanti di ogni tendenza creativa, che operano nella più ampia libertà, utilizzando forme complesse e processi tecnologici inusuali, con l’obiettivo di rinnovare e riqualificare l’oggetto litico. La mostra collettiva Forme 67, che si tiene nel 1967 a Pietrasanta, è il risultato di tale attività.


Giulio Lazzotti, stoviglie Peanuts, marmo Bardiglio Imperiale e ardesia levigata, produzione Casigliani, 1981
Vedi le stoviglie Peanuts nelle collezioni del MoMa di New York


Nel contesto che si delinea a partire dalle sperimentazioni di Officina prendono avvio singoli percorsi progettuali, più o meno fertili ma in ogni caso di importante valore, primi fra tutti quelli di Enzo Mari e Angelo Mangiarotti, ma anche di Mario Bellini, dei Castiglioni, di Gae Aulenti e Tobia Scarpa, che portano a consistenti risultati in termini di innovazione formale e tecnologica del prodotto in pietra e che rappresentano un riferimento metodologico e operativo ancora vivo per le ricerche presenti e future sul design dell’oggetto litico2.
Così la mostra “Marmo Tecniche e Cultura” del 1983 dà conto in maniera esaustiva di un’articolazione complessa di percorsi progettuali e produzioni, presentando i vasi Paros di Enzo Mari per Danese; i vasi e le scatole in marmo di Angelo Mangiarotti per Horus (Skipper), come pure - dello stesso autore - le consistenti collezioni di oggetti in alabastro per Horus, Conexport e Società Cooperativa Artieri Alabastro.
Di Sergio Asti sono esposti i vasi e i contenitori in marmo per Up & Up e Knoll; inoltre i posacenere in marmo di Gianfranco Frattini per Henraux; le stoviglie in ardesia e bardiglio di Giulio Lazzotti per Casigliani; gli oggetti in alabastro della serie Batu di Enzo Mari per Danese.


Angelo Mangiarotti, vaso in alabastro di Volterra, produzione Conexport, 1983

Accanto agli oggetti d’uso è consistente la presenza di arredi e complementi: la lampada Biagio di Tobia Scarpa per Flos; i tavoli Eros e Incas di Mangiarotti per Fucina (Skipper); i tavoli Samo e Delfi di Carlo Scarpa e Marcel Breuer per Simon International; il tavolo Jumbo di Gae Aulenti per Knoll.
Di Mario Bellini il tavolo Colonnato per Cassina e il divano Grande Muraglia per B&B Italia; lo scaffale Biblos di Renato Polidori per Fucina; i tavoli Mega di Enrico Baleri per Knoll; il tavolo Metafora di Lella e Massimo Vignelli per Casigliani.
Per Mageia il tavolo Rotor 4 di Carlo Venosta e il tavolino Unipede di Giulio Lazzotti; la toilette Buñuel di Carlo Forcolini per De Padova; i tavolini I Menhir di Lodovico Acerbis e Giotto Stoppino per Acerbis International; il sistema di sedute Waiting System di Tecno.


Lodovico Acerbis e Giotto Stoppino, tavoli I Menhir con basi componibili in marmo e piani in cristallo, produzione Acerbis International, 1983

Gli elementi di design sono ottenuti con tecniche avanzate di taglio, fresatura, tornitura, incastro ed intarsio e valorizzano le qualità strutturali ed espressive di molteplici litotipi. Le categorie oggettuali e le morfologie sono numerose. L’orizzonte vasto e diversificato delineato dal percorso espositivo ricostruisce così, con efficacia, quella che i curatori definiscono come una “nuova cultura del marmo”, proiettata oltre il Moderno alla ricerca di un “umanesimo produttivo” alternativo rispetto ad una concezione livellante della standardizzazione, condizionata dall’inflessibile meccanismo costi-produzione-tecnologia. In questo modo la pietra diviene l’essenza materica attorno a cui si costruisce e si rinsalda un inedito connubio tra artigianato e industria, fatto di efficienza dei processi, di qualità dei prodotti e di risposte appropriate al «problema della corrispondenza di questa materia alle esigenze dei linguaggi contemporanei»3.

Disegnare il Marmo, Carrara, 1986.
Progetti e prototipi di design per l’abitare
Tra il 28 maggio e il 2 giugno 1986 si tiene a Carrara la mostra “Disegnare il Marmo. L’abitare”, realizzata dall’Internazionale Marmi e Macchine di Carrara in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti locale e con l’ADI. L’iniziativa intende promuovere attività progettuali e produttive focalizzate su elementi di arredamento e componenti edilizi in pietra, così da sollecitare una domanda che trovi riscontro in una produzione di tipo industriale caratterizzata da connotazioni di elevata qualità formale.
L’evento espositivo crea infatti l’occasione per realizzare o perfezionare progetti e prototipi di oggetti litici legati a nuove funzioni e a nuove tecnologie di lavorazione: sezioni specifiche della mostra sono dedicate all’arredo domestico, al bagno, alla cucina, a terrazze e giardini, ai componenti edilizi. A partecipare, in un legame diretto con realtà produttive del comprensorio lapideo apuo-versiliese, sono designer come Angelo Mangiarotti, Aldo Pisani, Egidio Di Rosa e Pier Alessandro Giusti, De Pas-D’Urbino-Lomazzi, Pier Luigi Spadolini.


Egidio Di Rosa, Pier Alessandro Giusti, studi grafici per fontane in pietra. Carrara, Mostra Disegnare il marmo, 1986

Mangiarotti presenta il tavolo Asolo in cui prosegue le ricerche sui giunti ad incastro per gravità già avviate negli anni ’70 con i tavoli delle serie Eros e Incas per Skipper: nella relazione del progetto scrive: «credo che il significato di un’iniziativa come quella dell’Internazionale Marmi e Macchine di Carrara vada ritrovato nella progettazione di un oggetto inconsueto, al di fuori della produzione di tanti altri operatori nel settore, sfruttando al massimo le possibilità del materiale e la tecnologia a disposizione per la sua lavorazione. Il progetto che viene proposto è infatti il risultato di studi sul materiale - in questo caso il granito - e sulle possibilità offerte dalle sue prestazioni-limite»4.
Il nome derivato dalla definizione “A solo” sottolinea l’eccezionalità di un progetto in cui a sostenere il grande piano litico non sono più robuste gambe troncoconiche o tronco piramidali come accadeva nelle serie di tavoli litici precedenti, ma lastre di forma lievemente trapezoidale, in un delicato assetto di equilibri che scaturisce dalla conoscenza profonda delle qualità fisiche e strutturali del materiale e da una corretta applicazione delle tecnologie5.



Angelo Mangiarotti, tavoli Eros, produzione Brambilla (poi Skipper, Cappellini, Agape), dal 1971
Vedi i tavoli Eros nelle collezioni del Museo della Triennale di Milano



Angelo Mangiarotti, tavolo Asolo, produzione Skipper (poi Agape), dal 1980

Anche Aldo Pisani lavora sul tema della composizione di elementi sottili ed espone un tavolo con base centrale costituita da sette lastre lapidee, una lampada traslucida studiata in origine per Venini ed alcuni arredi in legno per il bagno con impiallacciature in marmo.
Egidio Di Rosa e Pier Alessandro Giusti, direttori artistici fino al 1984 del marchio di design litico Up & Up e attivi nella produzione di Memphis, approfondiscono la loro ricerca sulla progettazione di elementi scultorei quali fontane, vasche e sedute, tutte ottenute da masselli scavati con una macchina appositamente messa a punto dalle Officine Meccaniche Domenico Tongiani: si tratta di un filo sagomatore con supporto mobile che consente tagli in curva spaziale secondo generatrici coniche. Di Rosa e Giusti rielaborano così oggetti ed arredi in pietra tradizionali, fino a questo momento realizzati per la quasi totalità grazie al lavoro manuale di artigiani scalpellini.


Aldo Pisani, progetto per un tavolo in lastre di marmo. Carrara, Mostra Disegnare il marmo, 1986

Per Jonathan De Pas, Donato D’Urbino e Paolo Lomazzi l’occasione della mostra di Carrara è utile per approfondire la loro ricerca sul tema del camino che da pura cornice decorativa diventa elemento funzionale ed estetico articolato, capace di instaurare un rapporto con lo spazio circostante e con l’utente. Già negli anni ’70 i tre designer elaborano camini in ceramica dove il volume del focolare è trattato come forma plastica complessa e fortemente tridimensionale, in cui il disegno delle piastrelle enfatizza la geometria della composizione6.
Per “Disegnare il Marmo” i progettisti realizzano un sistema modulare di solidi elementari in pietre di vari colori che ogni cliente può comporre a suo piacimento. La base, l’architrave e la cappa diventano cubi, parallelepipedi e cilindri ispirati alle forme dei giochi di Friedrich Fröbel, e il fronte del caminetto - pur essendo personalizzabile - si trasforma in oggetto industriale al pari del corpo del focolare in genere prefabbricato.


Jonathan De Pas, Donato D’Urbino, Paolo Lomazzi, progetto per una collezione di caminetti componibili in pietra. Carrara, Mostra Disegnare il marmo, 1986

Il tema dell’industrializzazione dell’oggetto in pietra, che domina la mostra di Carrara, è ribadito anche nel progetto di Pierluigi Spadolini. L’architetto applica al marmo la logica progettuale sistemica e la ricerca sulla modularità aggregativa che caratterizzano la sua opera, ideando una seduta per esterni esposta nella sezione dedicata a terrazze e giardini. Gli elementi standardizzati della panca dai bordi smussati si arricchiscono di alcuni pezzi speciali “significativi”, di snodo o di testata, a formare un sistema complesso e flessibile con il quale è possibile ricavare ambiti e percorsi di svariate morfologie.


Pierluigi Spadolini, schizzi di una seduta componibile in marmo per esterni. Carrara, Mostra Disegnare il marmo, 1986

Da Mangiarotti a Pisani, da Di Rosa e Giusti a Spadolini, aldilà dei linguaggi le proposte della mostra di Carrara prefigurano nell’insieme le linee di sviluppo attuali del design litico, segnate da una concezione tecnologica certamente industriale dell’oggetto in pietra eppure pienamente calate negli scenari di personalizzazione del prodotto, propri di una riproduzione in piccola o piccolissima serie.
I caratteri di tale fenomeno, significativo anche dal punto di vista economico non tanto per le dimensioni quantitative quanto piuttosto per i valori qualitativi, sono già delineati nelle parole scritte da Licisco Magagnato in occasione della terza Mostra Nazionale del Marmo del 1968 e citate da Pier Carlo Santini nelle introduzioni ai cataloghi delle mostre di Milano e di Carrara: «Dall’eventuale produzione dell’industrial design non sarà assorbito forse in nessun caso più del 5-10 per cento del marmo. Ma non è in questo campo, ripetiamo, la quantità che conta; l’importante è che sia creata un’immagine nuova del marmo, che lo riproponga all’attenzione di coloro che quasi più non lo conoscono, e perciò lo espungono dall’elenco dei materiali nel loro operare. Forme nuove, ottenute coi processi produttivi del mondo industriale; impieghi giusti nell’uso adatto. Le risposte dei designers […] ci sembrano particolarmente importanti perché indicano una via, un metodo di lavoro valido anche nel campo della scuola e dell’artigianato…; […] gli artigiani del settore sono oltre quindicimila […] e solo nelle loro botteghe per ora si possono eseguire i prodotti del nuovo industrial design, mentre nei loro laboratori soltanto sono stati progettati nuove macchine e nuovi sistemi di lavoro»7.


Carlo Scarpa, schizzi progettuali per il tavolo Maser, 1970 circa

Così, se sono innovazione e qualità a contare più che mai per il design del marmo, la mostra del 1986 riconferma il suo valore nel presentare anche prototipi di tavoli in pietra di Marcel Breuer e Carlo Scarpa, i due maestri che già nel 1969 hanno firmato congiuntamente il tavolo litico Delfi per Simon. Per l’occasione infatti, grazie ad una collaborazione tra la Simongavina - depositaria dei disegni originali - e le aziende Henraux e Imeg, vengono eseguiti per la prima volta i raffinati progetti del tavolo Fiesole di Breuer e del tavolo Maser di Scarpa.
Collocata temporalmente in posizione baricentrica tra le prime esperienze del design litico contemporaneo di Officina e Forme 67 e le recenti iniziative di rilancio dell’industrial design applicato ai lapidei rappresentate dalle edizioni veronesi di Marmomacc Meets Design, la mostra “Disegnare il Marmo” del 1986 entra a pieno titolo nel novero delle virtuose occasioni in cui è stato possibile creare un laboratorio progettuale e sperimentale di alto livello, capace di unire in maniera proficua la vitalità creativa dei designer e quella operativa delle industrie del marmo.

di Davide Turrini

 

Note
1 Sia nella prospettiva storica recente, sia nello scenario attuale, le categorie della replicazione artigianale, della serialità industriale e dell’artefatto multiplo sono fondamentali per analizzare opere e lavorazioni litiche. Per un approfondimento in merito si rimanda a Guido Ballo, La mano e la macchina. Dalla serialità artigianale ai multipli, Milano, Jabik & Colophon, 1976, pp. 271.
2 Sull’esperienza di Officina, su Erminio Cidonio a capo della Henraux e sulle conseguenti linee di sviluppo del design litico italiano dopo la metà degli anni ’60 del secolo scorso, si vedano: Anna Vittoria Laghi, “Cidonio, 1963-1965: cronaca di un’utopia” pp. 280-285 e Claudio Giumelli, “Pier Carlo Santini e il design del marmo” pp.  377-412, entrambi in Anna Vittoria Laghi (a cura di), Il primato della scultura. Il Novecento a Carrara e dintorni, catalogo della X Biennale Internazionale Città di Carrara, Carrara, Artout, 2000, pp. 423; si rimanda anche a Lara Conte, “L’Henraux: i progetti, i protagonisti (1956-1972)” pp. 36-49, in Costantino Paolicchi, Manuela Della Ducata (a cura di), Henraux dal 1821: progetto e materiali per un museo d’impresa, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi, 2007, vol. II, pp. 87.
3 Pier Carlo Santini, “Il materiale marmo”, p. 23, in Marmo. Tecniche e cultura, catalogo della mostra, Milano, Promorama, 1983, pp. 103.
4 Angelo Mangiarotti, cit. in Disegnare il marmo. L’abitare, catalogo della mostra, Pisa, Pacini, 1986, p. 28.
5 Sul design litico di Mangiarotti si rimanda a: Beppe Finessi, Su Mangiarotti. Architettura, design, scultura, Milano, Abitare Segesta, 2002, pp. 240; Beppe Finessi (a cura di), Angelo Mangiarotti. Scolpire, costruire, catalogo della mostra, Mantova, Corraini, 2009, pp. 118; Francois Burckhardt, Angelo Mangiarotti. Opera completa, Milano, Motta, 2010, pp. 383.
6 Si veda in proposito l’interessante camino in ceramica di De Pas-D’Urbino-Lomazzi pubblicato in Il vostro caminetto. Selezione di caminetti nell’arredamento rustico, moderno, in stile, Milano, Cavallotti, 1976, p. 108.
7 Licisco Magagnato, cit. in Pier Carlo Santini, “Per un design del marmo”, p. 12, in Disegnare il marmo. L’abitare, op. cit. 1986, già in Momenti del marmo. Scritti per i duecento anni dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, Roma, Bulzoni, 1969, p. 262.


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