Ergonomia è una parola nota, familiare e sovente riconosciuta come attributo migliorativo della progettazione. Quando si parla di Ergonomia, vengono subito in mente concetti quali il comfort, il lavoro, la sicurezza, il benessere e la facilità d’uso dell’oggetto cui essa si riferisce.
Tuttavia, fornire una definizione altrettanto accettata dell’Ergonomia è meno familiare. Spesso, un interlocutore, dinnanzi alla domanda: “Che cos’è L’Ergonomia?”, è sicuramente in grado di esplicitare il proprio pensiero con esempi pertinenti significativi, ma difficilmente sarà in grado di fornire una definizione ben precisa. L’Ergonomia, di fatto, è una disciplina concernente l’interazione tra l’uomo e gli elementi facenti parte del sistema ad esso correlati. L’Ergonomia viene presentata come scienza solo a partire dal ventesimo secolo, con l’introduzione di un metodo scientifico di analisi e teorizzazione. L’Ergonomia è un concetto controverso, dibattuto e spesso frainteso. Essa nasce e si sviluppa come disciplina che si pone in zona di confine tra la fisiologia, la tecnologia e la psicologia e, nelle sue definizioni oramai più diffuse e standardizzate, questo concetto di multidisciplinarietà dell’Ergonomia fa di essa argomento di dibattito. L’Ergonomia difatti può essere intesa soltanto come una metodologia di approccio ai margini di discipline quali l’Ingegneria, la Psicologia o il Design, oppure essa possiede una sua identità che ingloba alcuni aspetti di suddette discipline e le fa proprie mettendole al servizio di un ben preciso processo di sviluppo teorico.
L’Ergonomia, sia essa intesa come disciplina a sé stante, sia essa considerata come l’applicazione di discipline differenti, promuove un approccio alla progettazione olistico, sistemico e centrato sull’uomo. Essa considera come rilevanti l’insieme dei fattori fisici, cognitivi, sociali, organizzativi ed ambientali che influenzano l’interazione dell’uomo con il sistema che è specificatamente oggetto di studio, e l’ergonomo contribuisce al disegno e alla valutazione di movimenti, prodotti, ambienti e sistemi con l’obiettivo ultimo di renderli compatibili con i bisogni, le abilità e le limitazioni delle persone.
Approccio Olistico dell’Ergonomia
Tradizionalmente vi sono tre domini che vengono maggiormente citati quando si propone una classificazione più dettagliata dei campi di applicazione dell’ergonomia ed essi sono l’Ergonomia cognitiva, l’Ergonomia fisica e quella organizzativa.
L’Ergonomia organizzativa concerne l’ottimizzazione del sistema socio-tecnologico, la sua struttura organizzativa, politica e i processi che coinvolgono la gestione delle risorse umane, il design partecipativo, le strutture cooperative e il management della qualità.
L’Ergonomia cognitiva focalizza la propria attenzione sui processi mentali, quali la percezione, la memoria, il ragionamento e come questi agiscano e influenzino l’interazione dell’uomo con gli altri elementi del sistema.
Donald Norman, La Caffettiera del Masochista
Infine l’Ergonomia fisica concentra la sua attenzione sulla fisiologia dell’uomo, l’antropometria, le caratteristiche biomeccaniche della sua interazione con il sistema in cui si muove.
Puntando l’obiettivo, in particolare, sull’Ergonomia Fisica, è bene delineare il rapporto che un approccio fisico alla progettazione ha con la tecnologia e con un Design che possa essere definito ergonomicamente valido e fisicamente ottimizzato. L’evoluzione dell’ergonomia, tradizionalmente, è stata in un certo senso guidata dallo sviluppo tecnologico in un approccio che può essere definito reattivo per la progettazione. L’utilizzo delle tecnologie disponibili ha modificato l’interazione dell’uomo con il sistema e l’Ergonomia ha tentato di descrivere e valutare i rischi di questa interazione e i conseguenti accorgimenti necessari al conseguimento del benessere dell’uomo che usufruisce dello sviluppo tecnologico in ambito industriale e lavorativo.
La visione moderna che viene proposta per l’interpretazione del rapporto ergonomia/tecnologia prevede un nuovo approccio che possiamo definire di design proattivo. La tecnologia applicata all’analisi e alla definizione dei criteri per l’interazione ergonomica tra uomo e sistema, deve intervenire preventivamente per conseguire l’ottimizzazione della performance sin da subito.
Per meglio comprendere questo concetto, Don B. Chaffin ha proposto nel 2009 uno schema che ben descrive il processo di progettazione ergonomica.
Il primo livello attribuisce al progettista il ruolo primario di definire i requisiti ergonomici, di performance e di sicurezza che si vogliono garantire, ed assicurarsi che questi coincidano con i requisiti dell’utente finale.
Il terzo livello descrive il passaggio finale, ossia quello di riportare come la soluzione progettuale proposta incontri (o meno) i criteri di user performance stabiliti.
Il secondo livello è riferito, più nello specifico, all’attività progettuale vera e propria dell’Ergonomo, o Designer Ergonomo; una volta che i requisiti inerenti l’attività umana sono stati definiti e concordati, l’ergonomo può scegliere tre diversi modi con cui procedere nel processo che determinerà se e come la target population è stata soddisfatta dal design proposto.
La consultazione di risorse di tipo più “tradizionale” è probabilmente la metodologia più conosciuta e utilizzata e spesso fa riferimento alle principali normative e standard, ai database Antropometrici e ai principali testi di riferimento nel campo della valutazione e progettazione ergonomica. L’esempio certamente più familiare e utilizzato dai Progettisti che affrontano il tema dell’ergonomia è quello delle tabelle Antropometriche, che raccolgono informazioni sulle dimensioni di specifiche popolazioni di riferimento e che offrono uno strumento prezioso per la progettazione.
La seconda modalità di intervento prevede la realizzazione fisica di prototipi ai fini di testare le soluzioni progettuali con un estratto della popolazione di riferimento. Le metodologie di valutazione dell’Ergonomia di un prodotto, da sole, potrebbero essere argomento di una discussione approfondita, e non è questa la sede in cui si vuole approfondire tale argomento. Esattamente come la disciplina dell’Ergonomia può essere approcciata, studiata ed applicata ispirandosi ad una varietà di discipline qualitative e quantitative, allo stesso modo è possibile testare un prodotto o un prototipo con gli utenti utilizzando metodologie sia qualitative che quantitative per la raccolta dati. A titolo di esempio, le immagini riportate si riferiscono ad un progetto di ricerca svolto presso il Dipartimento di Design del Politecnico di Milano in collaborazione con un nota azienda italiana produttrice di elettrodomestici, e rappresenta un esempio di analisi quantitativa del dato fisico dell’interazione uomo-prodotto. In particolare, tale interazione è stata studiata attraverso tecniche di Motion Capture e poi tradotte in un indice di valutazione quantitativo che descrivesse il livello di “comfort” fisico percepito e sostenuto dall’utente.
Un approccio alla progettazione Ergonomica che coinvolga direttamente l’utente finale nella valutazione (e nello sviluppo) di un prodotto non è soltanto un valore aggiunto, è oggi un prerequisito necessario per poter parlare di Ergonomia, e deve essere contemplato, studiato ed applicato sempre.
Analizzando un po’ più nel dettaglio tale approccio, esso presenta altresì alcune limitazioni che potrebbero penalizzare lo sviluppo e la riuscita di un progetto. Il coinvolgimento di un campione sufficientemente numeroso di utenza finale è senza dubbio oneroso in termini di tempo. I criteri di reclutamento per la selezione devono essere stabiliti con attenzione, la popolazione deve essere rappresentativa della popolazione target e spesso è necessario ricorrere a forme di incentivazione per la partecipazione. Spesso inoltre, per alcune tipologie di test è utile, se non necessario, addestrare i soggetti partecipanti. Questi sono solo alcuni dei fattori che è necessario considerare e che possono rappresentare un ostacolo in un processo di progettazione che, spesso, non ha tempo a sufficienza per affrontare questo tipo di impegno.
Anche la realizzazione fisica di un prototipo è un processo che richiede tempo e costi. Si pensi ad esempio il caso dell’industria automobilistica, su tutti. Se lo sviluppo di metodologie e tecnologie per il rapid prototyping, l’esplosione di Arduino e la diffusione della stampa 3D su tutte, tentano di fornire una soluzione economica ed efficace per alcune tipologie di progetto, queste da sole non bastano a risolvere il problema della realizzazione fisica di prototipi.
Una scheda Arduino Uno.
Stampante 3D M3D
Rimane dunque la necessità di confrontarsi con le problematiche di tempi e di costi sopra citate, e di pianificare con cura la scelta del prototipo da testare e le metodologie di raccolta di informazioni, poiché un errore in questa fase di pianificazione potrebbe avere un impatto molto negativo sul progetto. Rimane sempre e comunque necessario un momento in cui il progettista è chiamato a prendere delle decisioni progettuali, dimensionali e funzionali sul prodotto, basandosi su quello che è il modello concettuale e funzionale del prodotto che vuole sviluppare.
Il terzo e ultimo approccio descritto nel modello di Chaffin rappresenta, di fatto, il concetto di approccio pro-attivo dell’ergonomia. Si tratta sostanzialmente di testare alcune delle caratteristiche del prodotto direttamente sul modello CAD virtuale. Il vantaggio di questo tipo di approccio è racchiuso nella possibilità di riuscire ad anticipare la verifica di alcune soluzioni progettuali prima della realizzazione fisica del prototipo, in modo da scartare a priori quelle ergonomicamente più svantaggiose. È bene precisare che questa metodologia progettuale non ha come obiettivo quello di sostituire le fasi di test con gli utenti reali, soprattutto per quel che riguarda i test qualitativi, bensì quello di giungere a una realizzazione di un prototipo già indirizzato verso una soluzione finale, evitando cicli di re-design e test con utenti che non sono strettamente necessari proprio grazie all’analisi proattiva, consentendo quindi di accorciare sia i costi, sia il time to market del prodotto.
L’ergonomia proattiva viene dunque definita come processo di pre-test delle caratteristiche di interazione uomo-prodotto nelle primissime fasi di sviluppo del progetto modificandolo, ri-testandolo e così via. L’obiettivo è quello di applicare un processo iterativo virtuale per conseguire una soluzione definitiva.
Come è possibile, dunque, riuscire a fornire una valutazione Ergonomica dell’Interazione umana con un prodotto senza coinvolgere l’uomo stesso, limitandosi quindi ad un ambiente virtuale?
Il tentativo di dare una risposta a questa domanda è cominciato verso la fine degli anni sessanta del Novecento in Europa, a Nottingham, con un progetto chiamato SAMMIE, un tentativo di modello umano costituito da curve 3D con l’obiettivo di valutare la geometria ed il Design di sedili.
Immagini di SAMMIE
Oggi ormai la Ricerca e lo Sviluppo nel campo del Digital Human Model (DHM) è una realtà consolidata, che ha visto crescere il numero di progetti legati alla simulazione del movimento umano in ambiente virtuale basata su modelli biomeccanici avanzati che garantissero una credibilità del dato quantitativo riprodotto sufficiente ad essere utilizzata nel mondo della progettazione.
Da sinistra a Destra: Safework, Ramsis, AnyBody, Jack e Santos
L’Ergonomia Fisica, come detto in precedenza, studia l’Interazione Fisica tra uomo e Prodotto. L’Antropometria e la Biomeccanica, dunque, ne rappresentano la struttura portante, fornendo gli elementi quantitativi necessari ad adattare dimensionalmente e funzionalmente il prodotto alle capacità fisiche dell’Uomo, facilitandone l’utilizzo ed ottimizzandone le capacità.
I DHM offrono proprio questo tipo di funzionalità, consentendo la personalizzazione antropometrica e biomeccanica dell’Avatar affinché sia coerente con la popolazione di riferimento selezionata, e fornendo in uscita dati quantitativi su aspetti quali la postura, il movimento, la raggiungibilità fino addirittura alle strategie di movimento.
Antropometria nei DHM
Analisi di reaggiungibilità.
Analisi delle collisioni tra soggetto e prodotto
Una strategia di Movimento simulata con Santos DHM
L’Ergonomia, mediante l’utilizzo delle più moderne tecnologie, deve essere dunque in grado di fornire i presupposti teorici e avere l’abilità di identificare, descrivere e valutare l’Interazione Uomo-Sistema in ogni sua fase di definizione e sviluppo. L’Ergonomia deve essere in grado di astrarre criteri di valutazione al fine di predire situazioni virtuali che possano essere comparate con situazioni reali che devono essere corrette e riprogettate. Il design ergonomico deve essere in grado di tradurre questa conoscenza teorica nel progetto dell’interazione (fisica) dell’uomo con il sistema e di sviluppare il sistema stesso in linea con le necessità dell’utenza finale.
È dunque possibile affermare che l’Ergonomia sia una disciplina naturalmente orientata alla progettazione e il design ergonomico deve poter usufruire di strumenti in grado di mappare le capacità e le limitazioni dell’interazione tra l’uomo e il sistema in cui agisce, e di utilizzare tale informazione per disegnare un nuovo sistema in grado di ottimizzare questa interazione e superare, per quanto possibile, la limitazione funzionale.