Il contenuto delle produzioni editoriali indipendenti impegnate nell’ambito dei temi di grafica, fotografia, illustrazione e architettura, non è mai libero dalla forma con la quale è presentato. Il grafico-illustratore, assegnando un forte contributo configurativo ai contenuti, assurge alla dignità di autore e imprime significativamente e visibilmente il segno identitario al prodotto.
I ruoli nell’équipe produttiva sono meno marcati e caratteri tipografici, illustrazioni, editing, vanno a integrarsi univocamente.
Ciò nonostante, benché puntino al fattore “rarità” per tramettere appetibilità e desiderio ai prodotti, l’editoria indipendente si contraddistingue dalla produzione di libri d’arte o d’artista in quanto esemplari unici, di grande valore anche economico, rivolti a un pubblico elitario. La micro-editoria è espressione piuttosto di cultura “giovanile”9 che invita al contagio, alla collaborazione, all’emancipazione creativa, allo scambio d’idee e contaminazioni stilistiche.
Sono ormai un paio di decenni che, grazie alla pubblicistica specializzata nelle arti visive e grazie alla rete internet, una certa cultura visuale di qualità si è sviluppata anche tra non specializzati ed è divenuta realtà a livello internazionale.
Così come giovani designer contemporanei, nel porsi quali autori-editori in self publishing, assorbono le culture visive precedenti e si rifanno – più o meno consciamente – alle forme “underground” che hanno mosso prima di loro la cultura editoriale, allo stesso modo la cultura “egemone” spesso assorbe l’innovazione proprio osservando i fenomeni spontanei.
Manifesto della collezione Above press, Italy survives, below Italy, press dies (2010), di Officina Tipografica Novepunti, OT9PT.
Relativamente al settore dell’editoria per l’architettura, Robin Kinross e Linda Eerme nel saggio “L’architettura e i libri”10, ricostruiscono criticamente e con rigorosa documentazione il fenomeno di particolare attenzione e cura grafico-progettuale assegnate a volumi di tema architettonico, avviato in particolare negli anni Novanta attraverso il lavoro di alcuni tra i maggiori gruppi editoriali internazionali (o editori indipendenti, non minori). In quegli anni la cultura grafica, la rivoluzione degli schemi impaginativi, l’innovazione di caratteri, colori, fotografia, è stata colta e acquisita dalle grandi case editrici proprio osservando il lavoro di autori minori, proveniente “dal basso”, interpreti delle correnti architettoniche successive al postmodernismo.11
L’editoria contemporanea di ricerca, specializzata in grafica, illustrazione e fotografia, può dirsi far implicito riferimento a due forme di cultura espressiva ove l’aspetto visivo è il carattere dominante.
Da un lato il libro illustrato, detto “picture-book”, non rivolto solo all’infanzia; dall’altro il mondo delle avanguardie e di ciò che può dirsi “controcorrente”.
Nel primo caso gli esempi di riferimento sono molteplici. Emblematici i piccoli opuscoli stampati in poche copie di minime pagine, spesso illustrati con xilografie manuali e di argomento narrativo “effimero”, venduti in Inghilterra nel XIX secolo dagli ambulanti. È frequente che attuali classici della letteratura d’autore non siano che riedizioni al pubblico di tali opere, dette chapbook (“libri strani, informali”) dai bibliofili dell’epoca, redatte in formati particolari e al tempo illustrate manualmente. Come il noto caso di alcune opere di Lewis Carroll.
D’altro canto l’“esoeditoria”12 contemporanea, pur non essendo mossa da profonde e coercitive necessità di ordine “politico-economico”, occhieggia a espressioni culturali-artistiche nate in contesti oppressi da culture egemoni, spesso “clandestine”, portatrici di soluzioni configurative d’eccezione, come nel caso emblematico dei sovietici Samiszdat13.
Metabolizzando gli universi di queste culture visive – tra le quali non può mancare il multiforme e prolifico mondo latino-americano – i designer-autori indipendenti contemporanei creano artefatti che possono dirsi “picture book” allo stadio evolutivo antecedente la divulgazione ufficiale.
Per capire cosa succede tra testo e illustrazione in un “picture book” – propriamente definito tale in ambito anglosassone dove ne è più diffusa la cultura – si tratta di libri ove la narrazione perde senso se è esclusa dall’illustrazione.
Nel “picture book” immagini e testo sono in reciproca correlazione e, spesso, sono le stesse illustrazioni a nascere prima dei testi. Sono opere di respiro poliedrico ove segno grafico, scrittura e rappresentazione tendono all’identificazione. Le origini di queste forme narrative le illustra con chiarezza Giovanna Zoboli di Topipittori nella “dichiarazione poetica” alle finalità e attività della propria casa editrice indipendente.14
L’editrice di Topipittori prende come esempio emblematico Le Petit Prince di Antoine de Saint-Exupéry (prima edizione 1943) e al contempo cita opere quali La famosa invasione degli orsi in Sicilia (prima edizione 1945) di Dino Buzzati, Nella notte buia (prima edizione 1956) e Nella nebbia di Milano (prima edizione 1968) di Bruno Munari. Attraverso di esse attesta come la tradizione dei libri illustrati abbia origini anche italiane e come sia sufficiente riportare alla memoria la strutturazione interna di queste note opere e riviverne con la mente l’esperienza di lettura, per capire cosa si intende per “picture book”.
Topipittori, pur partecipando ancor oggi ai meeting di micro-editori indipendenti, può dirsi una “piccola” casa editrice “cresciuta”, evoluta. La collaborazione con grafici e illustratori l’ha condotta a qualcosa di più del “micro”, pur senza perdere lo slancio e la freschezza iniziali. Questo il destino talora di autori-editori indipendenti che riescono a evolversi conservando autonomia di produzione e di pensiero.
Viceversa può succedere che i designer-autori, stimolando le corde sensibili dell’editoria maggiore, siano da essa in qualche modo “assorbiti”. Quando uno stile, nato dalla ristrettezza dei mezzi, dall’hic et nunc delle esperienze condivise, comincia a piacere alle “correnti ufficiali” (quelle in prima linea sugli scaffali delle librerie), può divenire oggetto di fusione e assorbimento da parte dell’editoria che intende rinnovarsi e aprirsi a nuove platee. Accettare il rischio di pubblicare acquisendo il modus di giovani grafici emergenti, talora assorbendone gli elementi stilistici di rottura, può presentarsi per gli editori come la strada per rinnovare l’identità e agganciare nuovi ambiti di mercato, nonché nuovi spazi di vendita. L’artefatto di carta può essere venduto anche fuori dalle librerie, in punti vendita di altri beni di consumo, come arredamento, abbigliamento, alimentazione.
Una costante tensione si dispiega dialetticamente tra “esclusione” e “integrazione”, tra disciplina e slancio d’evasione; autori-editori entrano ed escono dal giro dell’autoproduzione, sospinti dalle personali storie, scelte, fortune, mentre l’autoproduzione, in qualsivoglia modo e con continuità nel tempo, persiste.
Studio Fludd – Matteo Baratto, Caterina Gabelli, Clara Giaquinto, Sara Maragotto, Valeria Sanguin – rielabora e interpreta materiali e tecniche di produzione inconsueti con un linguaggio unico nel genere, richiamando volutamente il tema dell’invenzione alchemica riferendosi al medico inglese Robert Fludd. Still life della fase progettuale della collezione di accessori Opuscula Miscellanea - Cultivated Variety, ispirata all’estetica del Settecento veneziano (2013).
Note
9 Marco Parente (animatore delle Edizioni Casalinghe Lieve Malore), ha redatto un documento ironico e “spensierato” che sintetizza metodi e idee per l’autoproduzione: “Decalogo dell’editoria casalinga ovvero Perché diventar editore casalingo migliora la qualità della vita”.
Il documento è stato condiviso da Paolo Cabrini (ed. Pratiche dello Yajè e Federico Zanoni (Casa ed. Libera e Senza Impegni).
http://praticheyaje.altervista.org/
10 Robin Kinross, Linda Eerme, “L’architettura e i libri”, in Domus, n. 847, 2002, pp. 50-79.
11 Diverse riviste di architettura, design e arti autoprodotte nascono oggi dall’urgenza avvertita di trasmettere tematiche e metodologie critiche differenti rispetto a quelle consolidate dall’editoria tradizionale. Trovano una corrispondenza forte con formati al digitale e tra esse possono annoverarsi: Cityvision Mag, progetto di Francesco Lipari con Vanessa Todaro, nata nel 2010; San Rocco Magazine progetto di Matteo Ghidoni del 2010; Studio©, fondata nel 2011 da Romolo Calabrese.
12 Il termine esoeditoria indica tutto ciò che sta al di fuori dell’industria editoriale, per scelta o per necessità. Patrizio Peterlini chiarisce il senso dell’espressione nel saggio introduttivo al volume Riviste d'arte d'avanguardia. Esoeditoria negli anni sessanta e settanta di Giorgio Maffei e Patrizio Peterlini (op. cit.).
«Le riviste d’arte d’avanguardia riconducibili al fenomeno dell’esoeditoria si presentano come fogli malamente stampati in un bianco e nero sbiadito e ciclostilati su carta povera, con un raro uso del colore, di imbarazzante inconsistenza fisica, di dubbia o inesistente distribuzione. Quasi tutte hanno avuto una vita effimera che in molti casi non superava il primo numero. Eppure queste caratteristiche, che ne potrebbero decretare l’assoluta marginalità, ne determinano al contrario l’importanza (…). Il termine esoeditoria compare nel catalogo della storica esposizione internazionale di Trento del 1971, e se serve a indicare tutto ciò che sta fuori l’industria editoriale, per scelta o per necessità. “Eso” è infatti una particella utilizzata nelle parole composte, derivate dal greco o formate modernamente come in questo caso, che significa “esterno, fuori”.
Il neologismo utilizzato è quindi estremamente specifico ed identifica chiaramente un fenomeno legato alla controcultura o, come si usava dire in quegli anni, alla “alternativa culturale”. In pratica, con il termine esoeditoria si indicano tutte quelle esperienze editoriali autogestite, autofinanziate, autonome che hanno prodotto essenzialmente libri, riviste, plaquettes, piccoli cataloghi, manifesti, volantini, … »
Patrizio Peterlini, Esoeditoria negli anni Sesssanta e Settanta in Italia, p. 7-8, in Giorgio Maffei, Patrizio Peterlini, Riviste d'arte d'avanguardia. Esoeditoria negli anni sessanta e settanta, Milano, Sylvestre Bonnard, 2005, pp. 173.
13 Espressioni analoghe all’esoeditoria degli anni Sessanta possono ritrovarsi nella stampa clandestina di periodo bellico nel panorama italiano, spagnolo, francese e tedesco. Di notevole importanza per gli usi non convenzionali della tecnica tipografica, la sperimentazione visiva e contenutistica, il fenomeno dei “samiszdat” sovietici e dei paesi d’influenza russa. Il termine che letteralmente significa “auto-edizione”, è stato coniato nel post-stalinismo per indicare testi autoprodotti che la cultura statale non avrebbe mai approvato. In tali documenti confluivano opere di ogni genere quali racconti letterati, versi poetici, proteste e appelli, saggi filosofici, poesia visiva; circoleranno infatti attraverso i canali dell’editoria autoprodotta le maggiori opere della letteratura russa dell’epoca. Alle opere divulgate in forma di Samiszdat è stata dedicata una importante sezione della rivista Progetto Grafico n. 11, 2007, a cura di Emanuela Bonacorsi, Daniela Di Sora e Alberto Lecaldano.
14 Creata a Milano nel 2004 da Paolo Canton e Giovanna Zoboli, Topipittori è una casa editrice specializzata in libri illustrati non solo per ragazzi.
In “La vera storia di Topipittori”, saggio di Giovanna Zoboli scaricabile dal sito web della casa editrice, l’autrice narra con maestria come testo e immagini nella narrativa illustrata, si compenetrino e valorizzino reciprocamente.
www.topipittori.it/it/chi-siamo
Bibliografia
Angiolo Bandinelli, Giovanni Lussu, Roberto Iacobelli, Farsi un libro. Propedeutica dell'auto produzione, Roma, Stampa alternativa, 1990, pp. 146.
Giovanni Ragone, Un secolo di libri: storia dell'editoria in Italia dall'unità al post-moderno, Torino, Einaudi, 1999, pp. 277.
Claudia Salaris (a cura di), La rivoluzione tipografica, Milano, Sylvestre Bonnard, 2001, pp. 133.
Robin Kinross, Linda Eerme, “L’architettura e i libri”, in Domus, n. 847, 2002, pp. 50-79.
Giorgio Maffei, Il libro d’artista, Milano, Sylvestre Bonnard, 2003, pp. 212.
Giorgio Maffei, Patrizio Peterlini, Riviste d'arte d'avanguardia. Esoeditoria negli anni sesssanta e settanta, Milano, Sylvestre Bonnard, 2005, pp. 173.
Giorgio Maffei, Maura Picciau (a cura di), Il libro come opera d'arte: avanguardie italiane del Novecento nel panorama internazionale, Roma, Corraini, 2006, pp. 157.
Francesco Ciaponi, Underground. Ascesa e declino di un’altra editoria, Milano, Costa & Nolan, 2007, pp. 237.
Gian Carlo Ferretti, Storia dell'editoria letteraria in Italia, 1945-2003, Torino, Einaudi, 2007, pp. 517.
Nicole Marzotto, Prototipi. Farsi una stamperia, Roma, Stampa Alternativa & Graffiti, 2007, pp. 128.
Ellen Lupton, Indie publishing. How to design and produce your own book, New York, Princeton Architectural Press, 2008, pp. 176.
Stefano Salis, “Alberto Casiraghy”, pp. 140-149, in Inventario, n. 6, 2012
Pagine tratte da Bolo Magazine, N. 1, di Bolo Paper, casa editrice indipendente milanese di Marco Nicotra e Giuliana Tammaro.
De Fluctibus, Compendium, di Studio Fludd 2013. Booklet realizzato con tecnica risograph.
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Il presente saggio è parte del volume Artefatti comunicativi. Tra ricerca e didattica, (a cura di Alfonso Acocella), Media MD, 2013, pp. 144.
Sempre sulla rivista digitale MD Material Design Post-it, verrà ri-editato l'intero volume in forma progressiva nel corso delle prossime settimane.
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