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CCCloud Casalgrande Ceramic Cloud

29 Ottobre 2010

CCCloud di Kengo Kuma. (ph. marco introini)

L’apertura di una nuova arteria stradale a valle del distretto ceramico di Sassuolo-Casalgrande ha indotto Casalgrande Padana a realizzare una nuova ‘porta’ di accesso all’azienda, ridefinendo nello stesso tempo un nuovo sistema di relazioni tra l’area industriale, il sito ed il nascente museo aziendale della ceramica. Kuma propone un ‘muro’ di ceramica di grandi dimensioni, un monumento che marca la topografia territoriale. Prendendo a prestito una metafora linguistica potremmo dire che l’opera di Kuma svolge un’azione pragmatica in rapporto all'uso: semantica in rapporto al valore simbolico; sintattica in rapporto al sistema di relazioni che stabilisce con l’ambiente1. Kuma rifugge dalla retorica celebrativa del monumento, CCCloud è opera aperta al mondo, lo è simbolicamente e fisicamente con la sequenza di finestre aperte sul paesaggio; non è un monumento tradizionale da contemplare passivamente ma uno ‘spazio topologico’ che consente di vedere, di inquadrare porzioni di paesaggio, un medium tra la natura e il soggetto, una ‘macchina’ pensata per «rendere manifesta quella totalità chiamata luogo»2.
L’opera si sviluppa entro una rotonda stradale di 60 m di diametro, un’area di 2826 mq che si slarga nel paesaggio ‘dissolvendosi’ in esso. Kuma agisce sui concetti di vicinanza e lontananza, ricorre ad una metrica fondata sull’assonanza e sulla dissonanza. Com’è nelle sue corde opera per coppie oppositive di concetti. La ceramica nelle sue diverse declinazioni è la materia primordiale esclusiva con la quale delimita, unisce, apre. Tra CCCloud e il nascente museo oltre ad una relazione visiva diretta ne esiste anche una di tipo empatico generata dal ricorso a soluzioni assonanti, ad elementi materici e modalità costruttive che riverberano l’una nell’altra generando intersezioni, polarità, analogie.
Analogie e riferimenti estesi anche ad altre discipline. Il meccanismo ‘narrativo’ al quale Kuma ricorre con CCCloud è analogo a quello utilizzato da Paul Klee in Ad Margine, opera del 1930. Kuma come Klee condensa al margine significati e avvenimenti, ci ricorda che l’arte non mostra il visibile ma lo rende visibile3.
E ancora, come Lucio Fontana che «fende la tela e ristabilisce la continuità tra lo spazio al di qua e lo spazio al di là»4, Kuma esalta la relazione tra il “segno” (CCCloud) e l’ambiente. Il monumento apre squarci sul paesaggio,  interrompe la continuità, introduce elementi di ‘rottura spaziale’, si sottrae alle regole convenzionali della prospettiva. Gli elementi ceramici sono collocati con precisione millimetrica, un equilibrio perfetto al quale nulla può essere aggiunto o eliminato. Le caratteristiche, la posizione, le dimensioni, la geometria degli elementi componenti il muro ceramico non sono l’esito di una azione arbitraria, autoreferenziale, quanto il frutto di necessità connesse a sicurezza stradale, norme, regolamenti, produzione, budget, organizzazione del cantiere. Questioni ‘operative’ affrontate e risolte in forma integrata, attraverso il contributo sinergico di un team multidisciplinare5.

La disposizione ‘fuori asse’ di CCCloud rispetto alla strada, ad esempio, oltre che dalla necessità di garantire un’adeguata distanza di sicurezza dal margine della carreggiata, è funzionale ad una allusività prospettica. Un artificio figurativo rende CCCloud impercettibile a chi percorre la provinciale. La sua presenza è colta solo a distanza ravvicinata. CCCloud è figurativamente inafferrabile. La sua immagine è cangiante, dinamica, muta costantemente sia per effetto del movimento del fruitore che percorre la provinciale sia per effetto delle sua reazione alle variazioni di luce. La sensazione di vertigine emotiva è tanto più forte e profonda quanto inattesa e dirompente la istantanea ‘materializzazione’ dell’opera. Percorrendo la rotonda, ad una iniziale sensazione di vuoto, di assenza fisica della materia, subentra, progressivamente, una sua dinamica materializzazione. Col movimento non cambia solo il punto di vista, cambiano i ‘dati’ oggettivi dell’opera. Questa sensazione è amplificata, è resa vibrante dall’azione della luce – quella naturale di giorno e quella d’artificio la notte. L’alternanza di pieni e vuoti è esaltata dal movimento intorno alla rotonda: la materia si condensa col progressivo incedere. Dinanzi a noi e dietro di noi tutto sembra dissolversi. La sostanza materiale vive all’unisono con il nostro movimento. Si tratta di un artificio ottico-percettivo che esalta la sensazione di eterea leggerezza, di levità determinata dalla ritmica alternanza di pieni e di vuoti.


  • CCCloud di Kengo Kuma a Casalgrande. (ph. marco introini)
  • CCCloud di Kengo Kuma a Casalgrande. (ph. marco introini)
  • CCCloud di Kengo Kuma a Casalgrande. (ph. marco introini)
  • CCCloud di Kengo Kuma a Casalgrande. (ph. marco introini)
  • CCCloud di Kengo Kuma a Casalgrande. (ph. marco introini)
  • CCCloud di Kengo Kuma a Casalgrande. (ph. marco introini)
  • CCCloud di Kengo Kuma a Casalgrande. (ph. marco introini)
  • CCCloud di Kengo Kuma a Casalgrande. (ph. marco introini)


        
In pianta, la snellezza e la ridotta ‘impronta’ di appoggio al suolo di CCCloud sono in parte compensate da una geometria che contribuisce ad aumentarne la stabilità. Strutturalmente il sistema di lastre ceramiche si comporta come una trave reticolare spaziale, la cui performance è incrementata dalla distribuzione spaziale degli elementi. Questa articolata geometria, chiara, semplice nei suoi principi generativi, evidenzia il ‘segno’ di una dualità oppositiva che Kuma ricompone entro un sistema retorico. Un esempio di tale meccanismo è rappresentato dalle ‘testate’ del monumento, là dove la materia si ‘azzera’. Kuma esalta questa condizione di ‘debolezza’ apparente, condensa la materia ai margini. La vista del monumento per chi percorre la statale è ridotta ad una “lama” che fende il paesaggio. Kuma dà forma ad una ingannevole contraddizione strutturale: nel punto di massima densità azzera la sezione resistente del reticolo strutturale. Una ‘debolezza’ risolta con sei costole di acciaio inox spesse 2 cm. Le costole di acciaio, dello stesso colore delle lastre ceramiche, non sono delle ‘protesi’, quanto piuttosto un’evoluzione del sistema: tra le lastre di ceramica e le lastre di inox vige una relazione di reciprocità non solo strutturale ma anche semantica, sono omologhe.
La lastra è l’elemento generatore di una ‘macchina dalle infinite pieghe’. Kuma avvolge e riavvolge, segue due direzioni: i ripiegamenti della materia - che forniscono al sistema rigidezza ‘per forma’ – e le pieghe dell’anima6. Si tratta di un ‘meccanismo compositivo’ che Kuma recupera dall’architettura barocca, dalla mirabile lettura proposta da Gille Deleuze7. In CCCloud le pieghe si susseguono e noi, con lo sguardo, le s-pieghiamo, distendiamo, allarghiamo, le dilatiamo progressivamente fino a comprenderne il significato, non solo quello oggettivo che regola il funzionamento del sistema. Le pieghe della materia ceramica ci rivelano anche una geografica arcaica: la ceramica è materiale primordiale, impasto archetipico di aria, terra, acqua e fuoco. Ripiegando la materia Kuma configura finestre, finestre aperte sul paesaggio, finestre che inquadrano porzioni di cielo, finestre che mettono in comunicazione quello che è di qua con quello che è oltre. La bianca materia ceramica travalica lo spazio fisico, sfonda in quello del sogno, “assorbe i colori dell’intorno”8. CCCloud come uno specchio ci mostra una realtà dai confini indefiniti, fluttuanti. Non a caso lo specchio d’acqua alla base di CCCloud  è a + 0.80 m rispetto alla quota stradale, la stessa altezza degli occhi di chi viaggia seduto dentro un veicolo mentre percorre la statale. A quella quota CCCloud offre un’immagine doppia, l’unità fisica del monumento e la sua immagine riflessa formano una diade. Liscio, luminoso, cangiante, quello che è in alto, vibrante, ombroso quello che è in basso. L’unità fisica del muro offre una molteplicità di manifestazioni sensibili, ciascuna delle quali rivela un ordine nascosto, l’armonia di un mondo magico non dominato dal caos primordiale ma da rapporti armonici, da leggi della fisica. L’effetto è spiazzante. La visione di parti, elementi, giunti si sovrappone ad una alterità di ombre e riflessi in una dimensione onirica. Natura e artificio, sostanza e assenza coesistono. La connessione tra la dimensione razionale, intellettiva e quella del sogno rivela un senso trascendente, apre una finestra sul mondo dell’immaginale: l’atto tecnico ci rivela ‘l’intimo segreto della materia’  perché la materia possiede un pensiero, una sua rêverie9.

L’illuminazione, nella sua declinazione di luce naturale ed artificiale esalta i ‘virtuosismi’ costruttivi del materiale ceramico. La materia ceramica si mostra non ‘definitiva’, cangiante, mutevole nell’arco della giornata. Le ombre, di giorno, dinamizzano il rigore geometrico degli elementi di CCCloud, che di notte come un faro si espande nell’intorno. Il sistema di illuminazione a led è  stato posizionato appena sotto la superficie10. La luce proveniente dalla base, come in un complesso sistema di specchi, si riflette sulla superficie delle lastre, che agiscono come moltiplicatori d’intensità. Una intensità morbida, omogenea, avvolge il monumento rendendolo meno spigoloso. Il riverbero dalla luce si estende verso il giardino di ghiaia, dove un secondo sistema di illuminazione, a scomparsa,  proietta una ‘lama’ di luce.

 

Fasi costruttive della CCCloud di Kengo Kuma. (ph. marco introini)

 

CCCloud adotta un sistema reticolare spaziale caratterizzata da un solo asse di simmetria. Il muro è lungo 45,510 m; alto 5,90 m, con una sezione di larghezza variabile che in corrispondenza dell’asse di simmetria misura 1,699 m. In pianta ha uno sviluppo a gradoni sul lato sud-est, mentre quello nord-ovest offre un andamento lineare. Questa duplicità determina anche una diversa ‘reazione’ alla luce, con un sistema di ombre diversificato.  Il piano d’imposta del muro è a quota + 0,80 m rispetto alla strada, per questa ragione l’altezza totale è 6,70 m, dimensione che accentua la snellezza della sagoma. Il sistema è costituito da pannelli monomaterici di gres porcellanato spessi 28 mm, ottenuti accoppiando lastre di 14 mm di spessore. Le lastre, del tipo tasso-polished, sono prodotte da Casalgrande Padana, misurano 1200x600x14 mm e sono state incollate sottovuoto con colla poliuretanica bicomponente del tipo UPX ad alta resistenza, impermeabile all’acqua,  ad elevata plasticità.  Il ricorso ad una colla con elevato grado di plasticità discende anche da necessità precauzionali contro la caduta di frammenti di lastra conseguenti a infrangimento accidentale delle stesse. Gli elementi ceramici dopo l’incollaggio sono stati sottoposti a rettifica dei bordi per ri-configurarli secondo le nove famiglie dimensionali utilizzate. Questa procedura oltre a garantire la perfetta corrispondenza sul piano dimensionale delle singole lastre consentiva anche una finitura a ‘taglio vivo’ dei bordi delle stesse, soluzione funzionale alla ‘linea’ d’ombra che ciascuna lastra proietta. La calibrazione dimensionale delle lastre risponde anche ad una necessità strettamente costruttiva. Errori, pur di qualche millimetro, estesi e distribuiti su un numero cospicuo di elementi avrebbe potuto determinare errori significativi nello sviluppo generale dell’opera con la conseguente ripercussione negativa sul comportamento strutturale. Un sistema – quello strutturale - che nella sua concezione si presenta come un ‘sistema chiuso’, un meccano le cui parti possono dar luogo ad una sola possibile configurazione. Gli allineamenti, le corrispondenze, la perfetta verticalità tra gli elementi ceramici costituiva quindi una priorità assoluta. Tutta l’organizzazione del cantiere e le modalità con le quali sono state prefigurate le diverse fasi costruttive sono discese da tale necessità. Disassamenti degli elementi oltre che avere una incidenza negativa sul piano figurativo avrebbero potuto infatti comportare delle pericolose eccentricità. Data la snellezza del sistema (elevata altezza in rapporto all’impronta in pianta) le instabilità locali costituivano elementi da non sottovalutare.


  • Fasi costruttive della CCCloud di Kengo Kuma. (ph. marco introini)
  • Fasi costruttive della CCCloud di Kengo Kuma. (ph. marco introini)
  • Fasi costruttive della CCCloud di Kengo Kuma. (ph. marco introini)
  • Fasi costruttive della CCCloud di Kengo Kuma. (ph. marco introini)
  • Fasi costruttive della CCCloud di Kengo Kuma. (ph. marco introini)
  • Fasi costruttive della CCCloud di Kengo Kuma. (ph. marco introini)
  • Il montaggio delle lastre. (ph. marco introini)
  • Il montaggio delle lastre. (ph. marco introini)



I pannelli ceramici prodotti da Casalgrande Padana sono 626, hanno un peso unitario di circa 41 kg e sono distribuiti su 9 tipologie: 6 del tipo A (pannello a lastra singola), 3 del tipo B (pannello a lastra doppia). Analiticamente l’abaco delle lastre e composto da:

n°60 pannelli a lastra singola di dim. 750x600x28 tipologia A1;
n°12 pannelli a lastra singola di dim. 959,70x600x28 tipologia A2;
n°12 pannelli a lastra singola di dim. 988,60x600x28 tipologia A3;
n°12 pannelli a lastra singola di dim. 1041,4x600x28 tipologia A4;
n°4 pannelli a lastra singola di dim. 1110,1x600x28 tipologia A5;
n°150 pannelli a lastra singola di dim. 1200x600x28 tipologia A6;
n°100 pannelli a lastra doppia di dim. 750x600x28 tipologia B1;
n°8 pannelli a lastra doppia di dim. 1200x600x28 tipologia B2;
n°30 pannelli a lastra doppia di dim. 750x600x28 tipologia B3.

Il pannello ottenuto dall’incollaggio delle lastre dopo il taglio di rettifica dei bordi è sottoposto a fresature con macchine a controllo numerico, allo scopo di ricavare sui bordi dei lati corti quattro ‘tasche’, due per lato. La continuità tra gli elementi ceramici è garantita orizzontalmente da quattro “alette” di acciaio inox di dimensioni 100x100x3 mm, inghisate nei pannelli di ceramica11. In verticale la continuità tra le lastre è garantita da barre di acciaio inox ? 16, che attraversano un profilo di acciaio a sezione quadra cava (di dimensioni 30x30x580 mm) ottenuto da un elemento monolitico di acciaio mediante fresatura meccanica e successiva saldatura delle quattro alette di acciaio inox che si innestano nelle lastre ceramiche12. I profili sono poi completati da zincatura a caldo e verniciatura a polvere di poliestere di colore analogo a quello delle lastre di gres. I connettori prodotti sono 526, 9 le tipologie (3 per le connessioni delle prime 8 file di lastre) 6 per la nona fila, quella di coronamento. I profili dell’ultima fila sono, infatti, più corti di 5 cm rispetto agli altri, al fine di poter inserire il doppio bullone di serraggio delle barre filettate che attraversano per tutta la lunghezza la struttura.
I pannelli ceramici della tipologia B sono caratterizzati,  invece, dall’impiego di un diverso connettore di acciaio (una variante di quello utilizzato per gli altri pannelli) ottenuto con due elementi accoppiati di dimensioni 30x30x285 mm, al fine di agevolare l’assemblaggio delle lastre in opera. Senza questo piccolo accorgimento sarebbe stato impossibile operare il progressivo montaggio dei pannelli ceramici “ad infilo”.
Le operazioni di assemblaggio degli elementi ceramici si sono sviluppate dal basso verso l’alto stabilizzando progressivamente l’opera secondo una sequenza ritmica tripartita (A,B,C) che si ripete 3 volte. Complessivamente abbiamo nove file di lastre disposte su tre ordini: la prima è a quota + 0,50 m rispetto al livello della strada. Le lastre, corredate dei profili di acciaio inox sui due lati corti, precedentemente pre-assemblate, sono state sollevate con l’ausilio di una piccola gru e di un supporto rigido e fatte scorrere poi lungo le barre di acciaio inox che attraversano i profili di acciaio posti ai lati delle singole lastre. Ogni lastra è stata poi stabilizzata mediante bullone di serraggio.  Questa sequenza ha consentito di stabilizzare il muro nel suo progressivo sviluppo verticale mediante post- compressione delle lastre ceramiche.
Strutturalmente il muro si comporta come una trave reticolare spaziale formata da elementi ceramici post-compressi. In verticale la continuità tra le barre di acciaio è ottenuta mediante ‘manicotti’ filettati ad innesto, maschio-femmina, che si compenetrano per 100 mm. La parcellizzazione delle barre longitudinali in quattro tronconi, due barre longitudinali da 1,70 e due barre longitudinali da 1,30 m di lunghezza che si alternano fino al coronamento del muro, è stata necessaria per agevolare le operazioni di montaggio in cantiere.
In considerazione del cospicuo flusso veicolare che attraversa  la strada provinciale, traffico caratterizzato da automezzi di grandi dimensioni che producono uno ‘sciame’ di vibrazioni, le fondazioni di cemento armato sono state isolate mediante smorzatori (isolatori sismici) che limitando le accelerazioni trasmesse alla struttura riducono le forze inerziali trasferite alla struttura grazie al comportamento “isteretico” del materiale elastomerico. Per assolvere a tale funzione sono stati interposti tra la fondazione e la sovrastruttura pannelli di materiale sintetico (isolatori elastomerici armati), realizzando quello che comunemente viene definito “isolamento della base”.
La trave di c.c.a. di fondazione (alta 1,00 m, larga 3,00 m, lunga 46,0 m) è stata realizzata con una sequenza di strati: 100 mm di magrone in c.c.a. del tipo Rbk 250; un materassino di 20 mm del tipo MEGMNAT ME 20/500; 100 mm di magrone in c.c.a. del tipo Rbk 250; 800 mm di c.c.a. realizzato in due fasi con getti di 400 mm.


  • Il montaggio delle lastre. (ph. marco introini)
  • Il montaggio delle lastre. (ph. marco introini)
  • Il montaggio delle lastre. (ph. marco introini)
  • Il montaggio delle lastre. (ph. marco introini)
  • Il montaggio delle lastre. (ph. marco introini)
  • Il montaggio delle lastre. (ph. marco introini)



Messo in opera lo strato di magrone con interposto materassino isolante sono state posizionate le armature della trave di fondazione e un sistema di “puntelli”, a sezione circolare cava e di altezza regolabile, al di sopra dei quali e stata ancorata una struttura di acciaio formata da travi longitudinali del tipo HEA100, rese solidali ai puntoni mediante piastra di acciaio 200x200x6. Sopra le travi longitudinali è stato fissato un reticolo formato da profili di acciaio UPN 140, ai quali vanno ad ancorarsi le barre longitudinali di acciaio filettato della struttura di elevazione.
Data la complessa geometria  degli elementi ceramici, al fine di un loro corretto posizionamento in corrispondenza dell’ancoraggio alle fondazioni in c.c.a. è stata utilizzata una struttura prefabbricata a piè d’opera, in acciaio, con gli elementi di ancoraggio della ‘prima’ fila di lastre di gres. Una soluzione determinata dalla necessità di evitare qualsiasi possibile errore di posizionamento del ‘primo ordine di lastre’, inglobato per metà nella trave di fondazione.
Posizionate le piastre prefabbricate di ancoraggio si è proceduto alla realizzazione del primo getto della trave di fondazione per una altezza di 400 mm. E, dopo aver montato la prima fila di piastrelle, ancorate ai profili di acciaio UPN, gli stessi cui si ancorano anche le barre longitudinali, è stato effettuato il secondo getto di calcestruzzo (del tipo RbK 250) a completamento della fondazione, per altri 400 mm di altezza. Con questa soluzione la prima barra di acciaio di ancoraggio delle lastre di gres è stata inghisata nella struttura di calcestruzzo della fondazione contribuendo così ad aumentarne il grado di vincolo alla stessa 13.
La vasca di acqua posta alla base di CCCloud ha una superficie di circa 820 mq. La profondità massima dell’acqua, in corrispondenza della base del monumento, è di 30 cm e l’impianto di riciclo dell’acqua è “a sfioro”. Il giardino di pietre, circa 100 mc di ghiaia, con un altezza variabile tra i + 0.30 m e + 0.80 m è stato posizionato su un telo antivegetale. Lo strato di ghiaia utilizzato per configurare il landscape costituisce una ottimo sistema di drenaggio delle acque meteoriche, che vengono disperse per percolamento. Il giardino costituisce una evidente citazione degli antichi e tradizionali giardini Zen.
Kuma ama infatti ripetere: «Per i monaci zen l’armonia del mondo che non lo si può raccontare  con parole la si può cogliere osservando la perfezione di un giardino, il perfetto equilibrio tra gli elementi che lo compongono».14 Un equilibrio testimoniato in questo caso anche da una geometria rigorosa, essenziale, una complessità risolta anche nelle modalità di gestione del cantiere: un ‘sistema chiuso’ in cui le parti consentono un avanzamento progressivo delle operazioni di assemblaggio secondo una sequenza rigidamente preordinata e soggetta a verifica continua. Anche questa forma di autocontrollo endogeno oltre ad essere un meccanismo per escludere possibili errori in cantiere rientra in quella forma di astrazione del materiale con la quale Kuma percorre incessantemente la via dell’immaterialità. Una visione fenomenologica della materia, una poetica dello spazio che nasce da principi generativi: materia, luce, geometria. Ancora una volta, come i “tagli” di Lucio Fontana, la maternità di quest’opera evidenzia l’essenzialità del procedimento, la sua origine concettuale, consegnando alla luce rivelatrice il compito di mostrarcene la vera natura.

Luigi Alini

 

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Note
1 Mi riferisco non solo alle condizioni materiali del luogo. L’ambiente al quale mi riferisco non è solo quello fisico, quello tangibile che si rivela ai nostri sensi. L’ambiente è «tutto ciò che è intorno, (…) il complesso delle condizioni materiali e culturali del vivere. Nel mondo antico questo ‘intorno’ era ampio e la sua essenza proveniva da un altrove, una regione intermedia, senza un luogo, un dove, senza un confine, e induceva a viaggi, inviava messaggi, presentimenti, determinava iniziazioni e comportamenti» (Carlo Truppi, James Hillman. L’anima dei Luoghi, conversazione con Carlo Truppi, Rizzoli, Milano, 2004, p.107).
2 Dichiarazione resami da Kengo Kuma durante una conversazione a Casalgrande il 24.01.2009. Si tratta di un meccanismo compositivo che costituisce una costante del lavoro di Kuma. L’architettura non come oggetto ma anti-oggetto, strumento col quale agire sulle qualità intrinseche del luogo per rivelarne la sua natura, la sua essenza. Due delle opere più note dello stesso Kuma sono l’esplicitazione più alta di questo principio, mi riferisco in particolare al Kiro-san Observatory di Ehime e alla Water/Glass di Shizuoka. Cfr. Kengo Kuma, La relatività dei materiali, in Luigi Alini, “Kengo Kuma. Opere e progetti”, Electa, Milano, 2005 II Ed. e Kengo Kuma, Anti-object, Architectural Association London, London, 2008.
3 Klee amava ripetere «ciò che vediamo è una proposta, una possibilità, (…). La verità giace (…) nel fondo invisibile» (Dario del 1917).
4 Giulio Carlo Argan, L’arte moderna, 1770/1970, Sansoni, Firenze, 1985, p.724
5 Architettura Kengo Kuma & Associates: Kengo Kuma (principal charge) ; Javier Villar Rujz; Ryuya Umezawa
Project Manager Mauro Filippini, Casalgrande Padana S.p.a.
Controllo Costi Mauro Filippini, Casalgrande Padana S.p.a.
Ingegneria Ejiri Structural Engineers (Tokyo) Norihiro Ejiri and Pieter Ochelen,
Client Consultant
Architettura

Prof. arch. Alfonso Acocella, Università degli Studi di Ferrara;
Prof. arch. Luigi Alini, Università degli Studi di Catania
Urban Planing Arch. Angelo Silingardi (CCdP)
Strutture Ing. Enrico Rombi (CCdP); Ing.Alberto Zen (CCdP);
Impianti Arch. Cesare Brizzi e Ing. Luigi Massa, Casalgrande Padana S.p.a.
Illuminazione Mario Nanni (principal charge), Federica Soprani
Comunicazione Nadia Giullari, Elisa Grisendi, Veronica Dal Buono
6 Sulle connessioni tra anima e luogo si rimanda a James Hillman e Carlo Truppi, Op. Cit., Rizzoli, Milano, 2004.
7 La piega. Laibniz è il barocco, Einaudi, Torino, 2004.
8 Dichiarazione resami da Kuma durante una riunione di lavoro a Casalgrande.
9 Cfr. Gaston Bachelard, Il diritto di sognare, Dedalo, Roma, 1975 e Valeria Chiore, Il poeta, l’alchimista. il demone. La dottrina Tetravalente dei Temperamenti Poetici di Gaston Bachelard, Il Melangolo, Genova, 2004.
10 Il ‘progetto luci’ è stato sviluppato da Mario Nanni di Viabbizzuno, che ha fornito anche i corpi illuminanti.
11 Il taglio delle ‘alette’ è stato realizzato con tecnologia laser. Le alette sono forate allo scopo di aumentare il grado di adesione alle lastre di gres per il tramite della colla epossidica.
12 Le saldatura delle alette al profilo quadro sono state verificate mediante radiografia ed ultrasuoni allo scopo di verificare la bontà delle stesse, in corrispondenza di tali nodi si concentrano infatti le maggiori sollecitazioni che le lastre di gres devono trasferire alla struttura di acciaio.
13 Il grado di vincolo al piede è assimilabile ad un incastro imperfetto
14 Dichiarazione resami a Casalgrande il 2 ottobre 2010.


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MD Material Design
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ISSN 2239-6063

edited by
Alfonso Acocella
redazione materialdesign@unife.it

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