Post-it

I paradossi di Claudio Nardulli
a cura di Rodolfo Guzzi

05 Maggio 2014

 

Non c’è nulla di più pesante di un macigno. Nell’immaginario solo Ercole è in grado di scagliarlo a grande distanza. Nella realtà Claudio Nardulli ha trovato il modo di renderlo lieve. Ecco il paradosso, scavare un macigno rendendolo tanto leggero da farlo muovere solo con una lieve brezza, energia naturale che scaturisce dalla differenza di temperatura. Lo sanno bene i marinai: le loro vele s’impennano alla più lieve brezza. Lo sa Nardulli che scava il macigno per renderlo simile a una vela. Un lavoro lungo e costante come quello che solo la mente umana può fare, alla ricerca della migliore forma, quella che hanno ricercato i primi marinai per far viaggiare veloci le loro navi, quella che i futuri astronauti dovranno forgiare per raggiungere, nel minor tempo possibile, i mondi possibili alla vita extra-terrestre. Eppure tutto questo non basta al Nardulli, le sue concavità devono riflettere la luce, quasi che questa possa muovere la pietra come fa la brezza. Allora ecco gli intarsi che sfruttano le nervature insite nella materia, lo spezzarsi armonico di una luce radente o piena che ombreggia il manufatto. Il dinamismo viene accompagnato dalla forma cangiante della luce. Se fosse nello spazio vuoto, laddove la brezza ormai è nulla, ebbene là la pietra, senza peso, sarebbe mossa solo dalla pressione luminosa. Ecco un altro paradosso.

 

Dove stanno tutte queste forme? Certo nell’archetipo della mente di un artista, non in quella di uno scienziato, né in quella di un ingegnere. Chi mai penserebbe di rendere lieve ciò che lieve non è se non l’artista capace di anticipare lo scienziato? L’uno, l’artista dà retta solo alla sua emozione, provocando lo scienziato che deve rendere conto delle regole cui è sottoposto. Certo lo scienziato riscopre nell’opera dell’artista le sue regole, già proprio le sue, ma si dimentica che l’artista ha fatto ciò che ha fatto seguendo le sue emozioni, la sua personale intuizione che è tutt’altra di quella dello scienziato. L’artista è Ulisse alla ricerca disperata della sua via, la trova e la perde nello stesso tempo, lo scienziato è Prometeo che ruba il fuoco per donarlo agli uomini. Entrambi perseguono un obiettivo ma mentre l’artista esplora e ricerca quello che sta dentro di se’, lo scienziato prende ciò che già esiste al di fuori di noi, come Platone dice. Nardulli esplora le sue pietre rendendole emozionalmente lievi e ci fornisce una lettura attraente e dinamica, dimostrandoci che nulla è come appare.

 

testo a cura di Rodolfo Guzzi


torna su stampa
MD Material Design
Post-it
ISSN 2239-6063

edited by
Alfonso Acocella
redazione materialdesign@unife.it

-