Massività strutturale e rusticità; tessitura cromatica, geometrica e grafica; assottigliamento, leggerezza e traslucenza; sinuosità e “morbidezza” di superficie; declinazione nel design di ambienti e oggetti d’uso sono le categorie applicative su cui si basa la riabilitazione della pietra in avvio del terzo millennio. In tutto ciò la materia litica si spoglia di un antico abito sacrale e, al pari di tutti gli altri materiali dell’architettura contemporanea, diviene più che mai adattabile e versatile, disposta a parlare molteplici linguaggi, ad interpretare variegate proiezioni culturali e progettuali grazie alle quali è viepiù sinonimo di invenzione e di nuove possibilità espressive ed emozionali. Affinché tutto ciò possa accadere l’esistenza della pietra è di frequente sospesa tra valori della tradizione e nuove sorprendenti icone della modernità ed è collocata sotto il segno della mutazione e dell’ibrido, dello smontaggio e del riassemblaggio dei suoi tratti somatici; ma si badi bene che ad interessare il mercato è una pietra sì meticciata ma non transgenica, rielaborata nella sua facies, coadiuvata nell’innalzamento del suo assetto prestazionale da inedite contaminazioni, ma non manipolata nella sua struttura genetica più intima, naturale e imprescindibile. “Creatività nel segno della naturalità” sembra quindi essere l’assioma che sta alla base di ogni impiego contemporaneo della pietra, in un fertile scenario di innovazione che vede sì il ridisegno dei processi produttivi e applicativi ma presuppone anche un costante aggiornamento della parte più imperscrutabile del prodotto litico, del suo background culturale, di quei significati più o meno reconditi di natura percettiva, immaginativa, sociale, che ne caratterizzano l’anima.
(D.T.)
LitoTàlos
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