Legno

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Nella cultura occidentale la presenza del legno, un tempo espressione povera del fare architettura, è oggi testimonianza di un’élite di committenza attenta a se stessa e all’ambiente di vita.
Non solo materia prima, neppure solo materiale, ma già un semilavorato della natura in virtù dell’asse di crescita che lo rende ideale per sistemi lineari e per il fatto di essere mediamente poco energivoro nella sua trasformazione in prodotto edile.
Non si tratta in realtà di un solo materiale, ma di innumerevoli specie legnose che, in maniera profondamente differente l’una dall’altra, si autoproteggono, resistono tenacemente, mostrano venature da sfiorare, colorano gli ambienti, comunicano odori, cambiano forma, invecchiano nobilmente.
Se la pietra e la terra sono diventati cemento armato e mattone, la strada del legno è ancora piuttosto lunga se si pensa alle potenzialità (ancora in gran parte inesplorate) della demolizione in parti minute del tronco e della successiva ricomposizione per dare vita a materiali e prodotti ricostruiti che morfologicamente e prestazionalmente possono conservare memoria o dimenticare quasi completamente la matrice primigenia.
Il legno è sì l’estensione della natura che si erge a formare ripari, ma è soprattutto l’unico fra i materiali da costruzione primari che l’uomo può “creare” e quindi, in questo novero, la sola risorsa edile rinnovabile, in un’ottica di piena sostenibilità se tale “produzione” è guidata da opportune politiche di riforestazione programmata. Questo atto generativo può avvenire inoltre con un ciclo di sviluppo e dismissione che tende ad un bilancio di CO2 neutro: quella immagazzinata durante la crescita verrà eventualmente restituita con il suo incenerimento, si auspica all’interno di cicli controllati di produzione energetica con biomasse.
Il legno va letto, interpretato e posto in opera tenendo conto della sua profonda disomogeneità ed anisotropia: le fibre orientate secondo l’asse di crescita del tronco, in particolare, favoriscono infatti deformazioni geometriche e comportamenti meccanici altamente influenzati dalla diversa direzione di sollecitazione. Ciò è inoltre profondamente collegato al suo essere sostanza “viva”, nel bene e nel male, che si muove vivacemente e cambia il suo aspetto e le sue caratteristiche al variare delle condizioni ambientali. La bellezza intrinseca di favorire perciò un’architettura mutevole, dove il legno può essere sia pelle comunicativa in evoluzione, sia anima strutturale più stabile, deve dunque essere governata attingendo ai saperi della tradizione costruttiva per capire quando lasciare la materia libera di muoversi ed esprimersi o, al contrario, quando occorra bloccarla all’interno di un sistema di vincoli compatibile con la sua natura e spesso di logiche di mix tecnologico.

(P. D.)