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Quali cose siamo

25 Ottobre 2010

 

Quali cose siamo
AA.VV.
a cura di Alessandro Mendini
Electa, Milano 2010
480 pagine
illustrazioni a colori
prezzo 60,00 €
testi in italiano e inglese

Dopo aver risposto alla domanda Che cos’è il design italiano? con l’omonimo catalogo e il successivo Serie fuori Serie, il Triennale Design Museum di Milano presenta il nuovo volume dal titolo Quali cose siamo, che provocatoriamente ripropone, e tenta di risolvere, il quesito che muove il progetto della stessa mostra, quest’anno ospite alla Triennale milanese e in seguito itinerante in tutto il mondo.
Siamo di fronte a un’inedita interpretazione dell’idea e delle forme del design italiano, suggerita e guidata dall’estro geniale di Alessandro Mendini affiancato, nell’allestimento museale, dal prezioso contributo del francese Pierre Charpin.
“L’obiettivo è, ancora una volta, quello di sorprendere e di rivelare”, scrive la direttrice del Museo Silvana Annicchiarico presentando il volume, e suggellando così la mission dell’ambizioso progetto. L’ipotesi curatoriale che ne compone la base è la convinzione che in Italia esista un grande e infinito mondo parallelo a quello del design istituzionale. Un design invisibile, non catalogato né canonizzato, i cui autori, produttori e prodotti assumono comunque notevole importanza sociale e antropologica, perché più vicini al quotidiano, in costante dialogo con l’esterno, protesi verso la scoperta del “cosa c’è fuori, e intorno”.
È sufficiente un piccolo scarto rispetto al consueto punto di osservazione per scoprire che tanti oggetti o processi, pur non riconducibili all’ortodossia disciplinare, hanno tuttavia una valenza collettiva innegabile. Certo questa affermazione, e il conseguente filone tematico che si delinea nella mostra come nel catalogo, destabilizzano sulle prime il visitatore – e quindi il lettore –, disorientando e provocando squilibri; ma solo per far sì che ci si accorga, poi, che la nuova chiave interpretativa è fertile e ricca di emozioni, spettacolare proprio nella sua semplicità.

 


Idea della mostra, uno schizzo di Alessandro Mendini

 

Sfogliando il libro per la prima volta si ha l’impressione di passare in rassegna immagini di oggetti alla rinfusa, di trovarsi di fronte a un magma indistinto di materiali diversi, apparentemente non collegati tra loro. Più che oggetti di design (alcuni classici, tra cui la storica macchina da scrivere Lettera 22 della Olivetti, sono comunque presenti, ma in chiave "rivisitata") sono antologizzate “cose comuni”, cose che utilizziamo, che quasi ci appartengono in un modo o nell’altro, nella nostra individualità o nel nostro essere collettivo.

Sfilano in serie gli “illustri sconosciuti” del design, oggetti che si connotano per i tratti distintivi che hanno, per il valore estetico, simbolico, funzionale e rappresentativo degli orientamenti del costume italiano, del nostro gusto e della nostra tecnologia, oggi come ieri.
Da un elmetto dell’Esercito Italiano della Seconda guerra mondiale si passa al mitico tre ruote della Piaggio, l’Ape Calessino, protagonista della “dolce vita” nostrana e rilanciato da due anni sul mercato in edizione limitata; da un anonimo campionario di colori di rocche di filato, evocatore di un ambito industriale che è vanto della nostra italianità all’estero, ma anche richiamo a una sfera privata, a un’usanza e a un costume tradizionali, si giunge fino al programmatico saggio di Umberto Eco Opera aperta, presente in mostra nella sua edizione economica tascabile.
La selezione proposta da Mendini accosta materiali che arrivano da diversi luoghi e situazioni, oggetti antichi e moderni, lussuosi e poveri, miniaturizzati e fuori scala. Ma la raccolta è ragionata. Semplicemente non ricorre a griglie codificate, non racconta la Storia del Design sancita dagli esperti, ma è una visione più vasta e popolare, geniale perché spiazzante, inconsueta.

 


Rendering dell’allestimento, progetto di Pierre Charpin

 

È lo stesso Mendini che lo afferma, nel suo contributo al volume: “Sono situazioni disposte in ordine casuale, oggetti che fra loro sono dei vicini, sono messi assieme ma non sono in vera correlazione … È l’insieme dei palcoscenici delle nostre menti e dei nostri corpi: sono il nostro ‘antico design’, il design individuale, come si configura capillarmente davanti agli occhi di ognuno di noi”.
Gli oggetti scelti, nel libro come nell'allestimento, sono ordinati secondo parametri esogeni, non sempre appartenenti agli oggetti stessi, ma piuttosto a ciò che trasmettono e ai valori che le persone attribuiscono loro. Talvolta esposti in coppia o in gruppo, poiché un oggetto singolo, "normale", può diventare una forte presenza quando viene accostato ad altri, di campi semantici diversi e apparentemente lontani, creando tensione e sconcerto creativo (basti l’esempio di una statuina di ceramica Richard Ginori, affiancata a un modello di scarpa Geox).
Il volume induce quindi a una nuova lettura del design, che supera la catalogazione storica, materica, tecnologica, o legata all’attività del singolo professionista, per portare verso una lettura più umana e più partecipe del mondo oggettuale – perché a noi più consona, più immediata e vicina –, permettendo così anche al grande pubblico di avvicinarsi al design, leggendone e comprendendone le diverse sfumature e qualità.

Nicoletta Gemignani

 

 

Si ringrazia la casa editrice Electa per la gentile concessione delle immagini


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MD Material Design
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ISSN 2239-6063

edited by
Alfonso Acocella
redazione materialdesign@unife.it

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