Le forme umane di produzione può dirsi spesso evolvano secondo uno schema rappresentabile in forma di albero1. Alcuni rami, nello svolgersi del tempo, si rafforzano diventando fondamento di altri che su di essi si innestano germogliando sviluppi autonomi e coesistenti ai primi. Entro questa “architettura” arborescente e ramificata possiamo leggere le fasi di evoluzione delle forme di scrittura e di lettura, come anche la storia della stampa e dei suoi supporti. I tradizionali media cartacei, con il libro indubbiamente protagonista, sono in fase di trasformazione e, per certi aspetti, di consolidamento2, andando a rappresentare i rami più consistenti; gli eterogenei supporti emergenti, resi possibili dalle recenti tecnologie e strumentazioni digitali, come gemme o nuovi rami, mostrano le loro potenzialità di sviluppo e le inedite modalità di fruizione, insieme alla ricerca delle ulteriori e ottimali direzioni evolutive. Tra i due contesti, quello della carta e quello del digitale, permane quale radice comune il rapporto d’interazione tra l’individuo – autore e/o fruitore – e il supporto di veicolazione di informazioni che consente la lettura.
Raymond Queneau, Cent mille milliards de poèmes, 1961.
Interazione e interattività sono sostantivi di uso corrente che invitano a investigare sul loro significato rispetto ai diversi contesti entro i quali sono adottati. Entrambi richiamano la reciprocità d'azione tra due soggetti.
Ogniqualvolta un individuo compie un'azione che coinvolge un altro individuo, tale rapporto bidirezionale s’inscrive in un processo d’interazione (distinto dalla univoca relazione di causa-effetto).
L'attributo di “interattivo”, più specificatamente, è adottato per rappresentare un rapporto indiretto di ricezione, mediato da strumenti – oggetti o macchine –, presupponendo un processo ove l’individuo riceve informazioni da una sorgente, le acquisisce, le rielabora ed – eventualmente – attivando un rapporto di interazione con lo stesso dispositivo, le condivide con altri individui. L'aggettivo è frequentemente adottato per qualificare i media e la comunicazione digitale, enfatizzando le nuove condizioni acquisite rispetto ai media tradizionali (stampa, televisione, radio); il richiamo è ad un orizzonte di innovazione ove, grazie alle potenzialità offerte dall'informatica (internet 2.0 con simulazioni, ambientazioni, visualizzazioni dinamiche aggiuntive, connessione ai network, realtà aumentata...), la ricezione delle informazioni da parte dell'utente e la reciprocità dell’interazione tra più utilizzatori sono rese possibili, facilitate, promosse3.
Nel processo di trasmissione del sapere che si svolge tra autore e lettore – indipendentemente dal supporto prescelto nel ruolo di medium – l'interazione ricerca il raggiungimento del grado ottimale di rendimento, di riverbero, del messaggio; stimola la partecipazione, spinge alla conoscenza e all’approfondimento, all’assorbimento e interiorizzazione dei significati oltre il confine della sola ricezione e memorizzazione. Questo processo migliorativo avviene poiché gli strumenti interattivi sono in grado di mettere in campo contemporaneamente più elementi, offrendo modalità percettive multi-canale: stimolano, persuadono, innestano suggestioni che facilitano la comprensione, la memorizzazione di aspetti emozionali e interpretativi.
L'interattività, generando una più impressa bidirezionalità connettiva, espande, amplifica, potenzia, il messaggio veicolato, lo rende vivo sino al punto in cui il destinatario-fruitore diviene “terminale” necessario, indispensabile, per l'efficacia del mezzo di trasmissione stesso.
Mentre la scrittura ordina e direziona con coerenza il pensiero rendendolo visibile nello spazio fisico del supporto che l’accoglie, l’interazione con il testo è “altrove” e diviene il supplemento di senso al testo stesso. Il lettore si svela essere figura necessaria, indispensabile, invitata a spendersi nelle infinite direzioni interpretative e possibilità del linguaggio, filtrando con il proprio contenuto interiore quanto proposto dall’autore. Se l’autore è capace di mettere in moto processi d’interazione e coinvolgimento del lettore, il successo del processo comunicativo è allora garantito.
Coerentemente con le riflessioni enunciate sinora, è possibile fare un passo indietro rispetto ai modi della comunicazione contemporanea che si avvale degli strumenti digitali e interrogarsi ancora sull’essere del libro nella sua forma stabilizzata nel tempo, quella dell’artefatto cartaceo in forma di codex, fascio stratigrafico di pagine legate insieme fra loro (Manguel, 1997, p. 136).
Considerando il libro come un oggetto di progettazione – di design nel senso ampio del termine – e partendo dall'assunto che il modello di riferimento, il suo archetipo, sia il codice, ci si chiede se la lettura possa intendersi, in un certo qual modo, come una forma d’interazione (Illich, 1991, p. 117) e se tale processo si svolga solamente in maniera unidirezionale, attraverso un rapporto "passivo" di ricezione e assorbimento (Bertoni, 1996; Roncaglia, 2010) attraverso il semplice gesto di sfogliare la pagina sequenzialmente, o se, forse, sia lecita oggi la tensione a ricercare altre vie che diversificano e articolano la fruizione lineare del libro, infrangendo il modello testo-centrico (e lineare), aprendo ad altri schemi percettivi4.
La fruizione del testo cartaceo può dirsi "interattiva" quanto quella del media digitale?
È forse il libro, per sua forma e natura, adatto ad un approccio “multicanale” quanto a quanto quello lineare?
Se tali quesiti ammettono risposte positive, il lettore-fruitore, diventa parte attiva, sino a potersi in taluni casi affermare quale co-creatore dell'opera.
Bruno Munari, Libri Illeggibili, 1949. Settima edizione: Corraini, 2009.
Scrittura e lettura, le esperienze di autore e lettore a confronto
L'interattività (Rafaeli, 1988; Heeter, 2010; Neves, 2013) è un aspetto caratteristico nella definizione della più ampia struttura della comunicazione.
Il processo comunicativo si basa essenzialmente su una triade processuale: trasmissione-ricezione-interpretazione. Il modello più semplice che sintetizza lo schema della comunicazione enuncia che l'interazione avviene tra un emittente e un destinatario, per via di un canale di intermediazione che veicola un messaggio5.
Proiettando tale assunto nel nostro contesto, il libro è il medium la cui lettura apre le porte alla comunicazione tra la figura dell’autore, (produttore dei contenuti ed emittente del messaggio6), e il lettore, destinatario e interprete.
Scrittura e lettura – le funzioni reciprocamente svolte da autore e lettore – risultano quindi strettamente connesse.
Per scrittura si vuole qui specificatamente indicare una redazione programmatica più ampia rispetto alla narrazione testuale in senso stretto, estendendo il concetto di “scrittura del libro” dai contenuti espressi attraverso parole alla più ampia forma visuale e materiale dell'oggetto libro, in un rapporto dialettico e organico tra il volume-contenitore, gli elementi linguistici distribuiti nello spazio della pagina, i significati da essi rivestiti.
Scrittura, suggerisce Perondi (Perondi, 2010), non è solo insieme di lettere, parole, numeri e segni di interpunzione, ma anche elementi contrassegnati da colore, dimensione e peso visivo dei caratteri tipografici nel loro complesso. Proporre un concetto, una narrazione, attraverso la scrittura – per raggiungere una ottimale interazione – significa, conseguentemente, anche scegliere la disposizione spaziale degli elementi, per veicolare informazioni che con le sole parole non sarebbero evidenti.
Simmetricamente, l'approccio che comunemente applichiamo al concetto di lettura del libro cartaceo è di tipo lineare e sequenziale, presupponendo che il lettore fruisca del contenuto testuale e/o iconografico, riga per riga, pagina per pagina. Cosa succede quando l’autore – progettista dell’oggetto libro – offre un’opzione differente al modello di fruizione consequenziale? È possibile, anche attraverso i supporti cartacei, creare meccanismi di interazione che vadano oltre la fruizione lineare dei contenuti?
Leggere7, del resto, contestualmente all’azione visiva-intellettiva, significa testare la superficie tattile del supporto, apprezzarne la sua qualità materica nonché l’effetto acustico (quando si sfogliano le pagine), focalizzarsi sulla struttura fisica dell’artefatto ammirandone e memorizzandone la copertina, il dorso, la rilegatura, l’impaginazione e l’uso della tipografia, soppesare del libro la struttura complessiva.
L’aspetto materico evidente alla vista, la forma, la composizione dell'oggetto stesso libro, possono innestare una percezione sinestetica e quindi un processo di interazione a più canali?
La disposizione degli elementi nello spazio della pagina – parole o immagini – non svolge soltanto una funzione stilistico-decorativa quanto piuttosto propone, indiscutibilmente, una forma “orientata” dei messaggi nei riguardi del lettore.
Leggere è una acquisizione specializzata fra i processi cognitivi dell’uomo, un saper guardare e interpretare insieme (Falcinelli, 2013, p. 181); da un lato riconoscendo convenzioni e vincoli culturali, dall'altro aggiungendo l'originale, ed esclusivamente personale, punto di vista del lettore.
Bruno Munari, Libro illeggibile N.Y. 1, New York, The Museum of Modern Art, 1967.
Senza addentrarci in questioni di teoria della lettura8 vogliamo interrogarci sulla natura composita ed eterogenea del medium libro in senso allargato, e su come alcune delle “deviazioni”, rintracciabili rispetto al modello convenzionale, abbiano dato forma ad artefatti differenti dal modello a fruizione lineare e siano essi, forse, precursori delle contemporanee esperienze digitali interattive.
Attraverso una ricognizione di possibili casi studio si intende offrire uno scorcio di esperienze significative, evidenziando diversi filoni di ricerca e risultati conseguiti ritenuti rappresentativi: narrazioni testuali che sono confluite nel concetto di ipertesto e, quindi, trasferite e trasmesse al digitale; modalità di scrittura ove prevale l’aspetto ludico ed è richiesta la rielaborazione di informazioni e segni da parte del lettore; manipolazione e uso dell’artefatto cartaceo per la trasformazione “plastica”, tridimensionale, dell’oggetto libro stesso; ibridazioni dei sistemi linguistici ove prevale una forte componente della grafica e, attraverso forme di percezione diverse dalla lettura, ci si spinge oltre le soglie della leggibilità.
Il testo, tra sequenze narrative e immagini
Le teorie contemporanee della lettura presuppongono – quasi sempre – l’esistenza del testo letterario (che cosa siano il racconto e la narrazione, non sarà qui affrontato) e una pratica della lettura svolta in modo individuale e silenzioso. Il testo – veicolato attraverso l’oggetto libro – è stato nell’epoca moderna, e può dirsi essere ancora, il medium linguistico necessario alla formalizzazione e all’incarnazione delle idee, nonché alla loro trasmissione, consentendo l’accesso alla conoscenza.
La componente segnica del testo è sequenza di parole che al contempo sono anche “oggetti visivi”. Esse vengono colte così velocemente dalle nostre abilità percettive da comprenderne il senso, ancora prima di tradurle in suoni pronunciandole.
Il fluire continuo del testo con la sua consequenzialità lineare – interrotta dove necessario da accapo e paragrafi, nonché da pause e scansioni interne conferite dalla punteggiatura, esplicata da capitoli enumerati nell’indice – è purtuttavia un’idea moderna, frutto di passaggi evolutivi svolti nel tempo9.
Prima dell’avvento della scuola di pensiero conosciuta con il nome di Scolastica, la scrittura alfabetica non rappresentava un sistema di significazione autonomo ma soltanto un supporto mnemonico della voce, funzionale alla recitazione e alla fruizione orale collettiva. Il testo, quindi, era dotato di un ruolo simile a quello di un rigo musicale piuttosto che come una diretta redazione scrittoria.
Ulteriore considerazione e interrogazione a supporto della nostra tesi – ovvero se sia possibile (o sia sempre esistita), anche una lettura non lineare – è relativa al ruolo dell’immagine.
L’azione (lo scanning) della lettura, oltre a passare gli occhi e con essi i processi celebrali della mente, su sequenze di lettere, spaziature, numeri, segni – ricomponendo sequenze di parole e attribuendo loro un senso – è anche incontro con altri segni e immagini (il mondo iconografico) che integrano il contenuto del testo10.
Il procedimento della stampa a caratteri mobili (che ha consolidato l’idea di libro così come lo conosciamo oggi) ha certamente contribuito alla separazione di questi due elementi: componente testuale tipografica e rappresentazione iconografica, in quanto realizzabili attraverso tecniche differenti11.
Scrittura e lettura dei testi sono state per lungo tempo praticate da poche élites; è da evidenziare, invece, come rispetto alla facoltà scrittoria e interpretativa dei testi, più difficile da acquisire, la percezione e visione delle immagini può dirsi essere stata sempre di più immediata ricezione. La “civiltà della scrittura”, infatti, ne ha fatto sapiente uso, di volta in volta saldando l’immagine al testo (come corredo allegorico dei testi, per esempio nei codici miniati), oppure rendendola portatrice di maggiore valore rispetto alla stessa scrittura alfabetica (come in bestiari, atlanti, rappresentazioni di zoologia…), declassando il testo a chiarimento di quanto essa esprime.
Nella dialettica relazione tra immagini e testi si svolge il primo esperimento d’origine all’interazione multicanale con il lettore. Nel presente proprio questa ibridazione di linguaggi è utilizzata sempre più insistentemente, facendo sì che testi e immagini formino una unica trama narrativa (newsmagazine, riviste di moda e tecniche, manuali illustrati…); noi tutti si è divenuti abili lettori e interpreti delle gerarchie compositive e dei rimandi semantici di tali elementi. Nella progettazione dei contenuti ci stiamo avviando (Larizza, 2010) verso una scrittura visiva di tipo grafico che, integrando alla parola scritta rappresentazioni, sistemi visivi e immagini, accompagna la redazione alfabetica con maggiore precisione, dettaglio e immediatezza percettiva. La contemporanea forma di “composizione infografica” attrae, desta interesse, avvicina all’esplorazione dei contenuti e consente – se ben risolta – una più facile e corretta interpretazione delle informazioni.
Eppure la rappresentazione grafica delle informazioni (anticipatrice ante litteram della moderna infografica), è nata in realtà con la comunicazione visiva stessa, benché applicata nel tempo in condizioni di fruizione diverse12.
Quando l’illustrazione è presente nel testo non solo a scopo informativo ma anche per apprendimento e al contempo i contenuti sono composti in modo tale da richiedere la compartecipazione del lettore-fruitore, il testo, da semplice oggetto di lettura, diviene uno strumento di studio.
La memoria corre agli eserciziari – siano essi di matematica, grammatica, lingua straniera… – che hanno accompagnato per anni gli studenti nelle esperienze di apprendimento. Benché sia inevitabile attribuire a tali format editoriali un senso di obbligatorietà e non di divertimento (Bartezzaghi, 2014, pag. VIII), tali tipologie di libro appartengono in qualche modo all’universo del gioco. Basta attribuire loro un aspetto ludico e spostarne l’utilizzo nel tempo libero, ricreativo, per capire che, al di fuori dell’ordinamento scolastico, l’atto della scrittura e della lettura non sono poi così distinguibili dal gioco.
Gioco-lettura, progetto-apprendimento
Stefano Bartezzaghi sostiene che l'autore sia un giocatore che con la propria opera intrattiene il lettore invitandolo al gioco.
Scrittura, lettura e aspetto ludico13 sono ineluttabilmente legati fra loro. Tale condizione è particolarmente evidente nell’infanzia, quando, attraverso il gioco, si innestano i sottili e virtuosi processi di trasmissione di informazioni, di processi cognitivi e di auto-apprendimento.
Rinviando a chi meglio ha illustrato i linguaggi letterari e le propensioni di certi autori per il gioco nelle diverse accezioni possibili14, qui ci è solo concessa l’occasione per focalizzarsi sugli strumenti che hanno consentito ad alcuni autori di creare opere che si proiettano oltre la visione “normale” del libro15.
Quando si parla di letteratura e gioco, il pensiero corre immediatamente all’Oulipo (acronimo dal francese Ouvroir de Littérature Potentielle, ovvero Officina di Letteratura Potenziale, il laboratorio creativo fondato nel 1960 da Raymond Queneau insieme al matematico Francois Le Lionnais) e alle esperienze dei suoi partecipanti16.
Gli autori-sperimentatori degli anni Sessanta del Novecento sapevano molto bene che una storia può anche disattendere uno svolgimento riga per riga, pagina per pagina, dando vita – pur utilizzando un supporto tradizionale come la carta – a narrazioni “pluridirezionate” che possono ritenersi interattive.
L’attributo “potenziale” (potentielle) coniugato a “letteratura” (littérature), significa permettere che il testo si sviluppi in un numero alto di combinazioni, utilizzando regole di costruzione narrativa di origine matematica, richiamando l’attenzione del lettore attraverso un approccio ludico. Non solo esercizi stilistici, per realizzare sul supporto cartaceo insolite e polisemiche composizioni geometriche di segni, quanto una metafora più ampia della molteplicità dei significa to che parole, costrutti, immagini, numeri portano con sé. I costrutti degli oulipiennes ci parlano dell'impossibilità di una sola chiave interpretativa, dell'infinità combinatoria delle forme della realtà e dell'immaginazione umana. Per tali opere ove ci si avvale di metodologie matematiche per la creazione del testo – quali permutazioni, combinazioni, meccanismi – è interessante come sia proprio l'ermeneutica, la "scienza dell'interpretazione" apparentemente lontana dalle scienze esatte, a divenire il presupposto di comprensione e analisi critica delle strategie narrative.
Questi principi sono alla base di Cent mille milliard de poemes (Queneau, 1961), opera poetica composta da dieci sonetti di quattordici versi ciascuno, con rime alternate e baciate tronche, ove ogni verso è disposto su di una striscia movibile di carta che permette di generare un numero esponenziale di poesie (1014, per l’appunto 100 mila miliardi). Il testo, in questo caso, non è scindibile dalla propria realizzazione cartotecnica in forma di antesignano dei flip-book. L’autore fa riferimento proprio alla tradizione dei libri fustellati per l’infanzia (con pagine divise in strisce componibili fra loro a formare figure semanticamente inusuali) nonché alla casualità dei jeux surrealistes come il Cadavre esquisis.
Per rendere complice e attivo il lettore, l’autore destabilizza l’ordine convenzionale di lettura e invita il fruitore dell’artefatto a ricombinare a piacere gli elementi del testo. Il lettore, rispetto all’opera (e al suo stesso autore) ha la facoltà di scegliere se seguire l’ordine del racconto o infrangerlo secondo un approccio diverso da quanto indicato.
Marionne Bataille, ABC3D, Éditions Albin Michel, 2008.
Molto prima che schermi, media e comunicazione digitale in senso lato, prendessero il posto di “pagina, letteratura e lettura” (Illich, 1991, p. 7), sono documentati esempi di testi strutturati per favorire modalità di lettura diverse da quella logica, classica, unidirezionale, consequenziale. Si tratta di “libri aperti” affinché il lettore li usi con la stessa inventiva di un bambino posto di fronte ad una scatola di costruzioni; opere di autori-letterati più che di autori-grafici, che pur conoscono bene il significato degli elementi compositivi sulla pagina: lettere, parole, numeri, immagini.
The Life and Opinions of Tristram Shandy, Gentleman (brevemente Tristram Shandy) di Laurence Sterne (1760, prima edizione originale), è annoverato tra gli esemplari capostipiti del romanzo “moderno”. Attraverso le tecniche della meta-narrazione (nel testo vi sono frequenti appelli al lettore e riflessioni dell’autore sul processo di scrittura del romanzo stesso), l’uso innovativo della cronologia (frequenti flashback e flashforward) e l’assenza di una vera e propria trama, l’autore parodizza e rompe con le convenzioni della narrazione tradizionale. La struttura del romanzo è risultato di un connubio tra il testo e la pagina. Il testo prende forma, si reifica, attraverso configurazioni tipografiche univoche che presuppongono un progetto specifico anche da parte del tipografo-editore che si troverà a pubblicare il volume in più copie e a riprodurlo a distanza di tempo.
L’opera è data alle stampe rispettando le particolarità che Sterne ha prescritto: una pagina bianca che irrompe a sorpresa nel testo, un’altra interamente nera, una marmorizzata, un capitolo racchiuso in una sola frase, altri costrutti narrativi riportati calligraficamente per suggerire come il testo – benché la stampa tipografica abbia rafforzato il concetto opposto – non sia poi così distante da una immagine.
Manouck Boisrobert, Louis Rigaud, Océano, Helium, 2009 (Oceano, ed. italiana Corraini, 2013).
Molteplici sono gli esempi rintracciabili nella letteratura del Novecento17.
Julio Cortázar costruirà Il gioco del tempo (Rayuela, 1966), classificabile entro la categoria di “iperromanzo” (espressione che Calvino coniò nel 1985), composto da capitoli intercambiabili ove il lettore può mutare la sequenza, e gli esiti del racconto, entro combinazioni numeriche suggerite dall’autore o a propria scelta. Iperromanzo è anche La vita istruzioni per l’uso (La vie mode d’emploi, 1978) di Georges Perec, strutturato come un puzzle ove l’assemblaggio finale dei capitoli svela lo spaccato di ciò che avviene all’interno di un edificio, in uno specifico momento, come a mimare in una visione filmica la dinamica dei movimenti dei suoi abitanti osservando in sezione il complesso architettonico.
Nel caso di In balia di una sorte avversa (The unfortunates, 1969) il romanzo è un fai-da-te presentano in scatola. L'opera è pensata in modo tale che il lettore costruisca la propria versione scegliendo i fogli in ordine sparso, partendo da un contenitore; i soli punti fermi sono costituiti da un fascicolo come incipit e uno come epilogo.
Il libro rilegato, come sappiamo, impone al materiale cartaceo un ordine narrativo, una sequenza fissa di pagine. Disattendendo alla sequenzialità delle pagine e ponendole libere in una scatola, l’autore Bryan Stanley Johnston – scrittore oggi immeritatamente poco conosciuto – propone un racconto dove emozioni, sensazioni, ricordi, provati dal protagonista, si presentano alla fruizione visiva e mentale del lettore in forma casuale. I pensieri riportati dall’autore prendono forma nell’istante in cui il lettore sceglie e compone a proprio gusto (o sorte) le pagine.
Gli autori sinora citati conducono inevitabilmente il ragionamento verso il concetto di “ipertesto”, termine coniato negli anni Settanta del secolo scorso da Ted Nelson – informatico e filosofo indipendente statunitense – per definire lo spazio narrativo non sequenziale reso possibile dai computer (Manguel, 1997, p. 324).
Veronica Dal Buono
Note
1 Riprendendo il concetto espresso da Warren Cappell e Robert Bringhurst in Breve storia della parola stampata (Chappell, Bringhurst, 2004, p. 11).
2 Non è difficile rintracciare oggi, nell’epoca dell’affermazione digitale, tesi che affermino la superiorità del libro quale strumento di lettura. Come suggerisce Alberto Manguel in Una storia della lettura: “È interessante notare come spesso un’innovazione tecnologica, come quella di Gutenberg, non solo elimini ciò che rende superato, ma ne valorizzi invece le virtù appassite, facendoci apprezzare meglio ciò che sembrava banale” (Manguel, 1997, p. 144).
3 L'articolo "As we may think" di Vanner Bush per la rivista Atlantic Monthly, testo in cui si inizia a parlare di tecnologie ipertestuali elettromeccaniche come estensioni della mente umana.
4 Questo tema di ricerca sviluppato da Luciano Perondi ed espresso attraverso il concetto di sinsèmia indaga “la disposizione deliberata e consapevole di elementi di scrittura nello spazio con lo scopo di comunicare in modo ragionevolmente univoco e secondo regolarità” (Perondi, 2012).
5 Si semplifica qui il processo di comunicazione come espresso da Romàn Jakobson. Per approfondimenti Romàn Jacobson, Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 219.
6 L’autore contemporaneo è inteso, in questo contesto, come figura generale, non come persona singola, ammettendo la possibile compresenza di più persone al processo di scrittura e produzione dell'oggetto libro, tra le quali si inserisce anche il graphic designer.
7 Lèggere: dal greco leg-ein, discorrere, da cui lògos, discorso, e lexis, parola. Propriamente significa raccogliere, rilevare, radunare con l’occhio caratteri scritti, stampati, ma anche - potenzialmente - pronunziarli ad alta voce.
8 Tema già ampliamente affrontato dal punto di vista della comunicazione visiva in Gerard Ungers, Il gioco della lettura, Viterbo, Stampa Alternativa, 2006, pp. 221; in senso specificatamente letterario in Federico Bertoni, Il testo a quattro mani: per una teoria della lettura, Scadicci, La Nuova Italia, 1996, pp. 338; relativamente alla trasformazione della pratica della lettura e dell’oggetto libro imprescindibili: Guglielmo Cavallo, Roger Chartier, Storia della lettura nel mondo occidentale, Roma, Laterza, 2009, pp. 48; Frédéric Barbier, Storia del libro: dall'antichità al 20. Secolo, Bari, Dedalo, 2004, pp. 565.
9 Ivan Illich, Nella vigna del testo, Milano, Cortina editore, 1994, pp. 226.
10 Fondamentali sul ruolo dell’immagine e il significato di testualità, le riflessioni di Vilém Flusser espressi in, Per una filosofia della fotografia, Milano, Bruno Mondadori, 2006, pp. 117 e Immagini. Come la tecnologia ha cambiato la nostra percezione del mondo, Roma, Fazi, 2009, pp. 237.
11 Le immagini sono elementi comunemente ritenuti distinti dal testo, come se tra esse e la componente scritta vi sia sempre una distinzione, se non contrapposizione e dominanza. Attraverso il concetto di sinsèmia Luciano Perondi, partendo dalle riflessioni di Giovanni Lussu, indaga proprio su questi aspetti.
12 Per approfondimenti sul ruolo delle immagini rispetto al testo: “Leggere le figure”, pp. 105-118, in Alberto Manguel, Una storia della lettura, Milano, Mondadori, 1997, pp. 371.
13 È interessante notare come il verbo giocare in inglese, francese, tedesco - to play, jouer, spielen – abbia una polivalenza maggiore rispetto all’italiano giocare e riesca meglio a esprimere il senso di applicazione a molteplici contesti.
14 Stefano Bartezzaghi, in Scrittori giocatori, descrive almeno tre tipi di gioco cui gli autori letterari sono avvezzi: il gioco vero e l’enigmistica, il gioco come espediente narrativo, il gioco linguistico, il gioco come paradigma della stessa letteratura.
15 Le virgolette qui poste sono utilizzate nel senso che attribuisce loro Stefano Bartezzaghi quando le definisce virgolette “del non gioco”. “Il gioco è quella cosa che mette le altre tra virgolette” (Bartezzaghi, 2014, p. VIII).
16 Tra i partecipanti all’Oulipo spiccano Georges Perec e Italo Calvino.
17 Possono dirsi narrazioni caratterizzate dalla complessità anche Se una notte d’inverno un viaggiatore, di Italo Calvino del 1979, e Il giardino dei sentieri che si biforcano, di Jorge Luis Borges del 1941 e anche altri sono rintracciabili nella narrativa del Novecento. Alcuni romanzi antichi possono essere letti in tale ottica, considerando l’iperromanzo come amplificazione di tecniche narrative che già si utilizzavano da secoli. Interessante a riguardo il saggio di Carlo Cinato e Piero Fabbri, Iperromanzi e romanzi ipertestuali, 2011, www.carlocinato.com.
Il presente saggio è parte del volume E_Bookzine (a cura di Veronica Dal Buono), Media MD, 2015, pp. 136.?
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